Il tifo tra i quartieri: San Carlo all’Arena

Il tifo tra i quartieri: San Carlo all'Arena. San Carlo all'Arena è il terzo quartiere più popoloso di Napoli.

Articolo di carloiacono01/03/2023

© “SAN CARLO ALL’ARENA, NAPOLI” – FOTO SPORTDELSUD

Ogni città è differente dall’altra, e vive gli eventi e l’esistenza in maniera del tutto particolare, col suo spirito quasi personale. Milano è snob, veloce, elegante ed economicamente proiettata. Roma è scialla e presuntuosa, lenta e potente. Napoli passionale, plateale e misteriosa, rumorosa. Animi storici e locali animano. Ma questo vale anche per i quartieri, intrinsecamente diversi tra loro, per estrazione e territorialità.

Partenope

Prendi Partenope con la puzza sotto al naso collinare, atarassica e placida che da sul mare, scostumata, fine, rionale, europea, araba. Parti del sistema cittadino che sono proprio come ce le raccontano, altre che non lo sono per niente. Un sentire che si riflette e manifesta intorno a tutte le quotidianità, tra le quali, di certo e forse in maniera maggiore, il calcio di cui Napoli si nutre e viceversa: negli anni riscatto e affermazione, rivoluzione o specchio.

Ed è così che inaugurando la nuova rubrica Sport del Sud “Tifo tra i quartieri” per stilare una classifica dei quartieri che meglio si stanno preparando allo scudetto (vada a farsi benedire la scaramanzia), il mio fedele vice-direttore, compagno di viaggio, nativo di Forcella, esce dal portone di casa e in due minuti contati raccoglie tutto il materiale per mostrarci le sue strade natie addobbate a tricolore, mentre chi scrive in un’ora non trova uno straccio di festa anticipata. Che so, uno striscione “ben tornato” per preparasi al ritorno di un amico che manca da trent’anni e più.

Bella accoglienza! Bando alle ciance (SPOILER) San Carlo all’Arena del Napoli che viaggia primo in classifica con il cofano dell’autobus pieno zeppo di casse di champagne sembra esserne all’oscuro.

Il terzo quartiere più popoloso (70.000 abitanti) di Napoli, dopo Fuorigrotta e Ponticelli, noto per le sue aree di interesse quali l’Orto Botanico – che si estende su una superficie di 12 ettari contando 9000 specie vegetali -,  il Parco di Capodimonte – di epoca borbonica, da 5 milioni di visitatori l’anno – e la Chiesa di Sant’Eframo Vecchio – convento dei cappuccini del XIII secolo sorto a ridosso di catacombe del IV – dell’argomento più battuto in città non ne porta segno, o almeno visibile.

“Ma cosa stai dicendo?”, ribatteranno i residenti che avranno modo di testimoniare la loro fede azzurra, “solo la realtà dei fatti”, risponderei. Rispondo. Ebbene si, tra le strade di San Carlo all’Arena i colori del Napoli ci sono, ma sono scialbi, perché risalenti all’87 o al ’90, ai primi due scudetti, a D10S, ai gruppi ultras che sostenevano la squadra (e lo fanno tutt’oggi con la loro presenza allo stadio).

Un murales dedicato a Maradona in Via Gussone

San Carlo all’Arena attualmente è la Frittole dei preparativi scudetto, millequattro/millecinque. Piazza Carlo III centro nevralgico della città e del quartiere stesso – così come il tratto iniziale di Via Foria – non brilla certo per iniziativa, ma solo di luci fioche di lampioni, centri scommesse, bar e dei riflettori che illuminano sino “A’Figlia ‘Ro Marenaro”, ristorante rinomato e di confine con il quartiere Stella.

Proseguendo a ritroso, invece, ci si imbatte nel Rione Sangiovaniello – e qui che chi cammina si aspetta il calore tipico popolare quello stile Sanità o Quartiere Spagnoli per intenderci. Chi cammina si sbaglia, Via Santi Giovanni e Paolo è completamente spoglia, non colorata (senza offesa).

Rione Sangiovanniello

La strada, che al numero 7 ha dato i natali ad Enrico Caruso, non canta o almeno non ancora. Dall’incrocio con Via Gussone a Piazza Ottocalli (circa 500 metri), le bandiere si contano sulle dita di una mano, sono due al massimo tre, di quelle piccole messe lì probabilmente da qualche bambino. Solo di sera inoltrata, inoltrandosi a propria volta all’interno della quarta municipalità adiacente (Via Arenaccia – quartiere San Lorenzo), un gruppo di ragazzi mette su una bancarella improvvisata, per gridare il proprio tifo e magari racimolare qualche spiccio dalla vendita di bandiere, trombette e gadget di vario genere.

Arenaccia

Ma si è già fuori zona, rientrandoci, percorrendo il perimetro est, all’estremità del Rione Amicizia ci si imbatte in scale tinte di azzurro che riportano il disegno di uno scudetto. Ma non è quello atteso, è quello passato.

Rione Amicizia

Risalendo i Ponti Rossi (strada romana di epoca Claudia) sino a Capodimonte, pochi sussulti, qualche scritta sui muri recita Fedayn, Mastiffs, Vecchi Lions: è sostegno nonostante tutto. Si torna indietro, mancano i dintorni di Piazza Gianbattista Vico. C’è ancora qualche murales, consumato dal tempo che passa, i preparativi stanno a zero, è consuetudine.

Estranei alla massa

San Carlo all’Arena è fermo a Maradona, forse volontariamente. Il tifo e la passione per il Napoli qui è smisurato, ma ce lo si tiene ancora per un po’ ancorato dentro, per timore e scongiuro, per indole, spirito come dicevamo. Quello tra i quartieri più popolosi della città si qualifica, al momento, anche quello tra i più riservati. È per deformazione meno appariscente. Da Carlo III percorrendo un paio di chilometri, nelle varie direzioni, raggiungi facilmente l’aeroporto, la ferrovia, il centro storico o il mare, eppure di San Carlo all’Arena si è sempre parlato poco, e meno si è fatto per esso.

Basti pensare al Real Albergo dei Poveri il maggiore palazzo monumentale della città, una delle più grandi costruzioni settecentesche d’Europa. Costruito negli anni dai vari Ferdinando Fuga, Mario Gioffredi, Carlo Vanvitelli. Stendhal lo definì il primo edificio, “molto più impressionante di quella bomboniera, tanto vantata, che si chiama a Roma Porta del Popolo”. È lusingato da anni dai progetti più disparati che vorrebbero ridargli dignità. Intanto resta abbandonato, inutilizzato, mortificato. Potrebbe ridare lustro ad un quartiere.

Un quartiere abituato a starsene con fierezza al lato di quelli che sgomitano per farsi notare. È questione d’identità. Quando sarà, però, quando lo scudetto arriverà in città, verrà fuori sicuramente per ricordare che c’è anche lui e ha “l’Uocchie Celeste” come scrisse e canto il suo figlio Enrico Caruso. “Dint’ a ‘sti uocchie chin’ e passion’ nù suonn’ d’or’ pittat’ sta’”.