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Napoli-Lecce: a cosa ci serve Ronaldo?

Napoli-Lecce: a cosa ci serve Ronaldo?

©️ “NAPOLI-LECCE” – FOTO MOSCA

Premessa: Ronaldo non arriverà. Il fenomeno di Madeira è stato un sogno di fine estate, per alcuni un incubo, ma è già finito. È bastato un Napoli-Lecce qualunque però a rispondere a quella retorica domanda che tanti tifosi avversi al portoghese ponevano: ma a noi Ronaldo a cosa ci serve?

Col senno di poi, la risposta: a vincere partite come questa scialba pareggiata con una neopromossa. Partite che se si ha l’ambizione di vincere devi portare a casa senza se e senza ma, e dunque, per logica, un Ronaldo per vincere, molto più che una partita, magari un campionato. Uno scudetto che non puoi cucirti sul petto se con estrema fragilità ti scontri sterile contro la prima piccola che ti affronta con umiltà. Uno scudetto che non puoi festeggiare a maggio quando ti chiederai quali sono i tre punti che mancano, dove è il centesimo di cui ho bisogno per fare l’euro.

Un Ronaldo, ecco cosa è mancato al Napoli per superare il Lecce. Un Ronaldo o chi per lui, un giocatore capace di risolvertela da sola, quando nulla funziona. Il campione a cui dare la palla e poi correre direttamente ad abbracciarlo. Un giocatore definitivo, non un potenziale fenomeno, un fenomeno.

È stato brutto il Napoli, uno dei peggiori mai visti sotto la gestione Spalletti. Mai realmente pericoloso, mai squadra, mai cattivo, mai in partita sul serio. Ha sbagliato la formazione il tecnico si dice, il turnover forzato è stato la causa della disfatta. È una lettura banale, una più profonda ci dice che c’è qualcosa di più intrinseco, riguarda il gioco e il lavoro da fare per crescere e non portare questo nuovo ciclo ad assomigliare così tanto a quello dei fantastici perdenti passato.

Ostigard – tra i migliori in campo -, Olivera, Ndombele, Raspadori, devono e possono scendere sul prato verde alla quarta di campionato, contra la seconda neopromossa in calendario, la terza squadra chiamiamola cuscinetto. Se non con Lecce quando? Non a Roma, non col Liverpool. Non c’erano gli azzurri più che i singoli. Certo, Giacomino è stato un pesce fuor d’acqua, come se non avesse mai giocato in A, come se non avesse mai fatto il trequartista, come mai l’abbiamo visto nelle ultime uscite. Non è riuscito a liberarsi di Hjulmand, non ha avuto dinamicità, non ha fatto da raccordo, non è venuto a prendersi palla. È stato un uomo in meno, nessuno dei compiti affibbiatogli è stato portato al termine, giusta la sua sostituzione con Zielinski alla ripresa.

Quasi peggio ha fatto Ndombele, lontano parente di quello visto con la Juve Stabia e degli anni d’oro di Lione. Gemello dello svagato in maglia Spurs. Sua la colpa sul rigore ingenuo concesso agli avversari, poi sbagliato da Colombo al secondo tentativo, dopo che la prima trasformazione si concretizzava senza il via dell’arbitro. Sua la dormita colossale – in compartecipazione con Kim – sul gol dello stesso Colombo a limite dell’area, il quale oltre a concludere con una botta devastante, aveva anche il tempo di prendere un caffè se gli fosse andato. Non ne ha azzeccata una il franco-congolese fuori condizione, e anche lui è andato a fare posto a Lobotka, dopo i primi 45’.

Ma nulla è cambiato. Il Napoli è tornato per nove undicesimi all’assetto titolare. Per dieci quando Kvara ha sostituito Elmas, marcatore e combattente indefesso. Per undici, dopo la classica staffetta Politano-Lozano, quasi inspiegabile vista la prestazione del nazionale azzurro, unico uomo in grado di creare superiorità numerica e parvenze di occasioni.
Parvenze, perché il Napoli che ci aveva lasciato a bocca aperte nelle prime uscite stagionali, quello stesso Napoli, in bocca ha lasciato l’amaro.

L’umile Lecce non gli ha dato spazi, non gli ha concesso terremo alle spalle della difesa, disattenzioni. E, allora, di conseguenza, nessuna azione corale di rilievo, Osimhen, inconcludente, lasciato a 20 metri dal pallone, fasce con gamba ma senza testa, linea mediana tarata su passaggi orizzontali da ninna nanna. Non un piano B, tranne Simeone messo come ariete negli ultimi cinque minuti di gara. Non un’azione individuale da “ora mi prendo la responsabilità e risolvo la partita”. Nulla, encefalogramma piatto.

Forse l’entusiasmo iniziale era immotivato, senza la controprova di test con coefficiente di difficoltà maggiori. Forse esagerati sono i quesiti che ora nascono intorno ad una prestazione terribile. Forse c’è solo bisogno di tempo, perché la squadra è giovane, nelle conoscenze, più che negli anni. Forse è stato un incidente di percorso. E non forse, ma sicuramente, questo Napoli-Lecce, Cristiano Ronaldo l’avrebbe risolto. Ecco a cosa sarebbe servito il portoghese, a concedere a tutto l’ambiente e al tecnico, la possibilità di sbagliare in maniera inosservata. L’opportunità di crescere alle sue spalle, nella sua ombra. Quel 7 non c’è e nemmeno qualcosa di simile e, allora, resta tutto in bella vista.

Un edificio con ottime fondamenta – e che conquisterà lo skyline della città – non ultimato, a cui manca una parafulmine.

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