Inedito generazionale
È il tempo di atleti tecnicamente precoci. L’esito del cambiamento, incontra le aspettative di creare super atleti frustrando il vecchio adagio: ‘mente sana in corporae sano’.
È il tempo di atleti tecnicamente precoci, è stagione piena di uno stupefacente affollamento di ragazzi ventenni e ‘meno anziani’, pronti a sostituire sul gradino più alto del podio i fenomenali supercampioni in età da pre-pensionamento sportivo.
Il tennis, ad esempio, osserva con sconosciuta meraviglia il fiorire di giovani talenti, eredi in tempi brevi di miti come Federer, Nadal, Djokovic, Murray. In Italia, scalano posizione del ranking mondiale Berrettini, settimo dei top ten, Sinner, decimo, Cecchinato, Musetti, Sonego, ma dalla vicina Spagna irrompe sul loro futuro di leader mondiali tale Carlos Alcaraz Garcia, strepitoso under venti (nato nel 2003), quasi imbattibile.
C’è bisogno della zingara, come racconta una nota canzone napoletana, per svelare il segreto di questo fenomeno, assimilabile ad altri sport e per esempio al calcio? Vediamo: Finley Burns,13 anni, ‘acquistato’ dal Manchester City; Sheyi Ojo, del Liverpool, 14 anni. Di là dagli incredibili esempi di eccellenze ‘imberbi’, che in altro ambito racconterebbero il Mozart compositore ed esecutore a cinque, sei anni, c’è il lavoro capillare di talent scout che propongono ai club di prendere in carico perfino bambini di cinque o sei anni ‘promettenti’.
Non è plausibile attribuire questi aspetti inediti a rivoluzione genetica, a un’improbabile, sostanziale evoluzione dell’umanità del terzo millennio, a nuova predisposizione per alte performance sportive. A motivare la ‘scoperta’ di talenti in erba è semmai l’involuzione dello sport. Nella sua dimensione di volano dell’economia, lo sport si è organizzato per dotare i giovanissimi di scuole specializzate, addestratori di alto profilo, tecniche formative sofisticate, ingenti risorse economiche.
Alla dirompente e ben guidata passionalità del romano Berrettini, tennista impeccabile nel gestire la propria sinergia tecnica-potenziale fisico, non corrisponde la composta, produttiva concretezza dell’alto atesino Sinner, ma a favore dell’uno e dell’altro, l’Italia del tennis ha scelto di imitare modelli avanzati adottati altrove e da tempo, per progettare campioni.
Se è vero che l’esito del ‘change’, del cambiamento, incontra le aspettative patriottiche di creare super atleti ai vertici del mondo, da opposta angolazione si assiste allo snaturamento del principio ‘mente sana in corporae sano’, idea antica, estranea all’esasperato professionismo che muove risorse a nove zeri.