Le spiegazioni psicologiche della sconfitta del Napoli

Il Milan ha distrutto il Napoli non solo in campo, ma anche nella testa. La sconfitta degli azzurri spiegata da un punto di vista psicologico.

Articolo di Alberto Cei03/04/2023

©️ “SPALLETTI” – FOTO MOSCA

Partite come quella di Napoli-Milan vinta da quest’ultima con il punteggio clamoroso di 4-0 sono molto interessanti per svelare come la potenza della mente collettiva possa favorire risultati inaspettati.

Qualcuno, parafrasando una frase famosa potrebbe dire: “Questo è lo sport, bellezza”.

L’insegnamento che se ne trae, è che anche la squadra più forte può perdere una partita subendo quattro reti se … se non gioca da squadra più forte. Questo è l’insegnamento che Spalletti e la squadra dovrebbero portarsi a casa dopo questa partita. Il calcio di livello assoluto, ci mette di fronte a questi esperimenti psicologici che nessuna ricerca potrebbe costruire in laboratorio. Cosa succede se si presentano queste condizioni: la squadra più forte è ormai certa di avere vinto il campionato, la sua avversaria ugualmente di élite vuole a ogni costo ottenere un risultato prestigioso, quale che sia il risultato questo non inciderà sulla probabilità di vincere lo scudetto. Risultato ipotizzato: è probabile che la squadra più forte entri in campo certa che il distacco inflitto agli avversari sia sufficiente per farli giocare con l’idea che un pareggio sarà un ottimo risultato e che si vincerà perché siamo stati sinora i più forti.

Questo è ciò che non è accaduto perché la presunta vittima, invece, si era preparata al meglio per fornire una prestazione ottimale ed è entrata in campo con questo tipo di mentalità vincente. Ciò che è successo c’insegna quanto sia difficile cambiare mentalità durante la partita e ci dice, in poche parole, che diventare propositivi e aggressivi quanto si è partiti inserendo un programma diverso non è proprio scontato, anzi è molto difficile e con facilità si passa dall’incredulità alla resa.

Le gare sono eventi brutali e se non ci si presenta pronti, non accadrà quello che si vuole. Questo mi ricorda un pensiero di Gianni Mura su Platini, quando diceva che quando si ritirò aveva ancora voglia di giocare ma non di soffrire. Questo succede, talvolta, alle squadre forti.

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