36 anni dopo, Maradona vince ancora sulla fisica
Era il 3 novembre 1985, quando allo Stadio San Paolo Diego Armando Maradona sconfisse le leggi della fisica con la "punizione del secolo".
3 novembre 1985. Al San Paolo arriva la Juventus guidata da Giovanni Trapattoni, reduce da 8 vittorie nelle prime 8 giornate. Ad aspettarla c’è il Napoli. Il Napoli di Maradona, ancora per poco non “scudettato”.
Gli azzurri non battono i bianconeri addirittura dal lontano 14 ottobre 1973. Ne viene fuori la classica partita tesa, sporca, cattiva, ma nel senso sportivo del termine. Entrambe le squadre, sospinte dalla rivalità, non hanno la minima intenzione di concedere il vantaggio all’avversario. È così che tra un’occasione e una randellata sulle caviglie del Diez si procede senza esultare fino al minuto 71.
Capita che, su un lancio lungo proveniente dalla metà campo, Daniel Bertoni controlla il pallone in maniera non proprio ottimale, perdendo per un attimo il contatto. Sulla sfera, alta dopo il tocco dell’attaccante argentino, tenta di intervenire Scirea allungando la gamba. Sul pallone ci arriva, ma con lo scarpino colpisce anche la testa dell’azzurro. E dunque fallo, netto, solare. Redini fischia, ma non concede il calcio di rigore, bensì la punizione indiretta all’interno dell’area. I napoletani protestano, si poteva procedere per il tiro dal dischetto. Intanto, Diego aveva già deciso. Aveva già deciso che lui quella punizione la voleva calciare, aveva già scelto come colpirla e aveva già calcolato dove farla ricadere.
Siamo a circa 15 metri dalla porta, la barriera è palesemente troppo vicina. Ma Redini non vuole sentir ragioni, per lui va bene così e si può procedere. “Siamo stati a parlottare per un minuto abbondante con l’arbitro per far presente che non c’era distanza. La barriera stava a massimo 5 metri” ha raccontato Beppe Bruscolotti. Ma tanto, come già detto, Diego aveva già deciso. “Vabbè, dai. Tiro lo stesso, tanto gli faccio gol comunque…” fu la risposta del Pibe de oro.
Pecci si avvicina al punto di battuta. Deve necessariamente toccare qualcun altro il pallone prima che possa calciare Maradona. Da qui nasce una conversazione che passerà agli annali. “Eraldo, passamela dietro”, “Diego, ma da qui non può passare” – rispose Pecci. “Tu non ti preoccupare” – conclude Maradona. Aveva già deciso.
Il momento in cui Redini fischia è il momento in cui le leggi della fisica muoiono, si annullano, per dare un senso a quella traiettoria. Pecci tocca la palla, Diego la accarezza. Su quanto basta per scavalcare la barriera e poi giù quanto serve per insaccarsi in rete. Morbida all’incrocio dei pali. Sotto la pioggia battente di quel 3 novembre, il San Paolo esplode di gioia al cospetto di quell’ennesima magia senza senso. Una di quelle magie che rendeva i sogni dei napoletani sempre più concreti.
Il Napoli di Maradona batte 1-0 la Juventus di Platini. Torna a vincere una partita contro i bianconeri dopo ben 12 anni. Alla fine del campionato, gli azzurri si piazzano al terzo posto in classifica a soli 2 punti dalla Roma. Lo Scudetto se lo aggiudica ancora una volta la Juventus, ma il messaggio era stato lanciato forte e chiaro. A Napoli, un ragazzo di Villa Fiorito voleva trasformare i sogni, suoi e di un popolo intero, in realtà. Quell’ottimo campionato fu solo il preludio di quello che sarebbe successo poi la stagione seguente.
Oggi è ancora una volta 3 novembre. Sono passati esattamente 36 anni da quel momento, la “punizione del secolo”, come la hanno definita in molti. Eppure, nessuno è ancora riuscito a dare una spiegazione razionale e fisica a quel meraviglioso lampo che illuminò una domenica napoletana.