Il tifo tra i quartieri: Fuorigrotta
Vi portiamo nel cuore pulsante della Napoli calcistica: Fuorigrotta. Una terra che arde, vibra e che - da qualche settimana - è interamente azzurra.
Non troppi giorni fa, nel 1955, nasceva colui il quale sarebbe diventato colonna sonora dei nostri giorni. Dalla mattina alla sera, dalla giovinezza, con i sentimenti puri che porta con sé, fino all’età adulta delle responsabilità. Non aveva un fisico scolpito, e da un omaccione grosso come lui in tanti si aspettavano una voce potente. Ed invece no. No perché lui (e forse avete capito di chi parlo) lasciava fluire la sua voce in maniera insolitamente lieve. Andava perfettamente a tempo con i ritmi lenti che scandiscono Napoli, tra un caffè a prima mattina ed una passeggiata sul lungomare. Proprio lui, che la stessa Napoli l’ha interpretata e cantata così com’è: passionale, misteriosa, rumorosa e teatrale.
Parliamo di Pino Daniele, l’uomo in blues: colui che ha ha regalato momenti speciali, attimi di spensieratezza e di sana ‘pucundria. Nelle sue canzoni c’è tutto l’essere napoletano, tutta la verità di cui siamo depositari, l’essenza di chi porta con sé l’animo partenopeo. E, oggi, il dolce vento che muove gli striscioni da un balcone all’altro, produce ancora la sua voce. Ed è attraverso le sue iconiche canzoni che SportdelSud vuole descrivere uno dei quartieri più rappresentativi di Napoli ed il modo in cui si prepara ad accogliere il tricolore: Fuorigrotta.
Napul’è mille culure: ma certo, nonostante ci sia prevalentemente l’azzurro che domina i cieli, i palazzi, le strade, è l’armonia cromatica della città a rendere Napoli e mille culure. Come, tra l’altro, si può notare anche dando un’occhiata alle maglie adottate dalla società quest’anno, tra rosso, bianco, azzurro e oro.
Fuorigrotta è un quartiere in festa, che non si toglie il vizio di far partire dai balconi canzoni di Nino D’angelo, Pino Daniele o Gigi d’Alessio. La frenesia aveva portato anche all’esposizione di uno striscione gigante nel cuore di Via Caio Duilio, ma il tempo è ancora avverso per questo tipo di decorazioni e, dopo qualche giorno, è stato (seppur momentaneamente) messo da parte.
Questa è la strada che, solitamente, percorrono le squadre ospiti quando si dirigono al Maradona. Curioso sarebbe entrare nelle loro menti, e sapere cosa si prova a passare sotto un cielo che puoi toccare con un dito, in attesa di entrare nella tana dei leoni. È esagerato festeggiare con così largo anticipo? Non ditelo a chi è innamorato di una squadra, di una maglia, di un pallone, perché quello non si può spiegare: è tutta n’ata storia.
Verso il “Serpentone” come è diventato famoso a Fuorigrotta, anche parte della strada diventa sempre più azzurra. E, percorrendo il viale, sfociando in Via Giacomo Leopardi, nonostante i palazzi non siano propri vicini tra loro, c’è comunque spazio per altri festoni bianchi azzurri. I negozi, poi, sono pieni di gadget, le bancarelle ricche di bandiere. Da Maradona al numero 3 in mezzo al tricolore, fino ad arrivare a Kvaratskhelia, Kim, Anguissa e Osimhen. Qualcuno, invece, più creativo, ha rappresentato il georgiano che si destreggia grazie ai fili che muove Diego, lì, dall’alto dello stadio a lui intitolato.
Ognuno di noi, a Diego, sapendo come si sarebbero messe le cose dopo qualche anno, tra trionfo dell’Argentina e conquista del Napoli, gli avrebbe detto: “Resta cu’mme‘”. Anche solo un per un secondo. Perché è difficile negare che si sarebbe divertito grazie a questa squadra. E che avrebbe pensato della partita di ieri? Io dubbi non ho, e lui non avrebbe mai accettato bambini in lacrime e famiglie via dallo stadio per mano di qualche criminale.
È questo, visto da vicino, uno degli striscioni che oggi vediamo alzando gli occhi. Lo abbiamo atteso, ci abbiamo creduto, è finalmente è realtà. Napoli si (ri)prepara ad una festa da sogno, dopo più di trent’anni, e niente può imbattersi tra gli azzurri di Luciano Spalletti e la gloria eterna. Mancano pochi punti, ma non sappiamo ancora quando succederà. Sarà una gioia, un’esplosione di colori ed emozioni. Manca soltanto un triplice fischio e, in attesa di questo, non si può far altro che guardare il cielo, il sole o il mare, pensando: tu, dimmi quando.