L’Italia è tornata a casa dal Mondiale di Budapest di nuoto, nuoto di fondo, pallanuoto, tuffi e nuoto sincronizzato con 22 medaglie: nove d’oro, sette d’argento, sei dì bronzo. Sono tante, in senso assoluto, terzo posto nel medagliere, alle spalle di Stati Uniti e Cina, che si è esaltata con l’en plein nei tuffi (13 volte d’oro in altrettante gare). E sono medaglie pesanti, anche se l’ultima in senso cronologico, l’argento della pallanuoto ha lasciato molti rimpianti (vittoria della Spagna ai rigori, 15-14).
Al successo della spedizione, molto hanno contribuito le imprese del nuoto in vasca (5 ori, 2 argenti e 2 bronzi) e di quello di fondo (2-2-2). Un bottino che ha sorpreso molti, perché arrivato dopo un’Olimpiade ottima, ma con risultati inferiori a quelli dell’atletica e nel primo anno senza Federica Pellegrini. L’Italia ha dimostrato a Budapest di aver saputo gestire meglio di tante altre nazioni il biennio segnato dalla pandemia, che ha penalizzato tutti gli sport, ma che ha messo in ginocchio soprattutto il mondo delle piscine. Gli atleti di vertice hanno continuato ad allenarsi, ma le società hanno dovuto registrare perdite economiche ingenti, senza i ricavi dei corsi e del nuoto libero. Non sono stati pochi i casi di impianti chiusi, perché troppo costosi da gestire.
Il presidente Paolo Barelli non è il massimo della simpatia, non pretende di essere amato e si sa che da sempre è inviso ai vertici del Coni, ma ancora una volta ha portato a casa risultati pesanti. Dopo l’uscita di scena della Pellegrini, Gregorio Paltrinieri, già campione olimpico dei 1.500 metri a Rio de Janeiro nel 2016 nei 1.500 s.l. argento negli 800 s.l. e bronzo nella 10 km a Tokyo 2020, ha stupito il mondo, vincendo quattro medaglie: l’oro nella sua gara preferita (i 1.500) e nella 10 km di fondo e poi l’argento della 5 km e il bronzo della staffetta 6 km in acque libere. Il segnale di un eclettismo che aumenta la grandezza del campione, che già si conosceva e che rappresenta una risposta a chi pensava che il meglio fosse già alle spalle.
Sono stati Mondiali magnifici anche per i successi di Nicolò Martinenghi (100 rana) e del baffuto vicentino Thomas Ceccon (100 dorso, con record del mondo), della tarantina Benedetta Pilato (100 rana), sommersa di critiche per aver sbagliato la gara all’Olimpiade di Tokyo, da italianissima a terrona e tornata italianissima mentre suonava l’inno di Mameli nella piscina della capitale ungherese, e della 4×100 mista (Ceccon, Martinenghi, Federico Burdisso e Alessandro Miressi), senza dimenticare la meravigliosa impresa di Dario Verani nella 25 km.
Con una squadra così forte e così giovane (Paltrinieri, il più famoso e il più solido, ha solo 27 anni) è giusto immaginare un’Olimpiade a Parigi nel 2024 colorata di azzurro.
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