Vi svelo il cuore segreto di Buffon
Gigi Buffon, come ormai sapete, ha detto, a 45 anni, addio al calcio. E lo rivedo, al suo debutto in A, ancora ragazzino, il 19 novembre 1995.

Gigi Buffon, come ormai sapete, uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, campione del mondo nel 2006 con la nazionale azzurra, inizio e fine carriera con il Parma, una stagione al PSG e, soprattutto, tantissima Juventus, vincendo molto, con il rammarico di non aver mai alzato la Champions League, ha detto, a 45 anni, addio al calcio. Farà il capo delegazione nell’Italia di Roberto Mancini, raccogliendo, così, il testimone di due miti: Gigi Riva e Luca Vialli.
Gigi è un mio amico. Ha lavorato con me, e con la bravissima Cristina Fantoni, a La7, per la trasmissione “Le partite non finiscono mai”. Fu protagonista, con la Juve in B, anche davanti alle telecamere: ironico, divertente, spontaneo, mai una risposta banale, un’uscita a vuoto, tante splendide schermaglie con Zibì Boniek e Aldo Agroppi. E lo rivedo, Buffon, al suo debutto in A, ancora ragazzino, il 19 novembre 1995, con la maglia del Parma contro il formidabile Milan di Weah, Roberto Baggio, Maldini e Franco Baresi. Io ero lì, nella tribuna stampa del “Tardini”. Il campione ricorderà così quel pomeriggio: “Mi avviai in porta tra l’incredulità della gente. La mia corsetta fu salutata da applausi timidi. Ma fu l’unica cosa timida di quella partita. Feci quattro, cinque cose sensazionali, con decisione, con bravura. Ebbi anche un po’ di fortuna, ma la fortuna te la devi andare a cercare. Finì 0-0 e io non fui più ragazzo”.
Nel 2009, pubblicai per Einaudi “I portieri del sogno”, Storie di numeri 1. Gigi mi fece la prefazione. Ovviamente a modo suo. Rileggiamo alcuni passi, per capire il cuore di un estremo difensore capace di compiere, tra i pali, ogni meraviglia del possibile e dell’impossibile. E di presentarsi, al prossimo, senza falsità e ipocrisia.
“L’essere portiere non credo sia il frutto di un ragionamento ponderato… non è un’addizione scontata. L’essere portiere è una folgorazione… una vocazione. Io lo sono diventato nell’agosto del ‘90, dopo i mondiali in Italia… dopo aver seguito da vicino le gesta dei leoni indomabili del Camerun, che si schieravano in porta con Thomas N’Kono, colui il quale mi ha dato l’ultima spinta per non tornare più indietro sui miei passi. Perché io sono nato mediano… col vizio del gol… e discreti risultati, visto e considerato che facevo parte, in pianta stabile delle varie rappresentative provinciali, insieme al mio compagno di squadra Zanettino e il genoano Marco Rossi”.
“Il portiere, non c’è niente da fare, è un predestinato… portiere lo sei… non lo diventi… portiere lo sei dentro… lo sei nella vita quotidiana… lo sei fra i banchi di scuola… in mezzo agli amici. Il portiere è una figura che agli occhi degli altri è coraggiosa, impavida, matterella, carismatica e forse anche un po’ immatura. Penso che la maggior parte di questi aggettivi possano essere buoni, altri sono solo una maschera”.
“Il portiere, in campo, è pronto a sacrificarsi per la causa ed è una persona onesta nella vita e nelle amicizie. In pratica una specie di cagnolino che ogni persona vorrebbe avere al proprio fianco… Ma non mancategli mai di rispetto, perché in un colpo solo, in men che non si dica, verranno fuori tutte quelle componenti che l’hanno fatto rimanere nel calcio per tanto tempo, che ti convinceranno a essergli fedele per sempre… come lui lo sarà a te”.
Ogni tanto ci sentiamo e ci scriviamo, io e Gigi. È rimasto, nel profondo, il ragazzino di quella prima volta al “Tardini”, nel ‘95. È proprio vero, parafrasando il poeta crepuscolare Guido Gozzano: “Portiere: mistero senza fine bello!”.