La sfortuna ci vede bene (salvate il soldato Meret!)

La dea bendata volta le spalle agli azzurri e sorride, ancora una volta, a Carlo Ancelotti: il Napoli esce a testa alta e con la consapevolezza di essere sulla strada giusta.

Articolo di carloiacono04/10/2023

©️ “NAPOLI-REAL MADRID” – FOTO MOSCA

È brutto tirare in mezzo la sfortuna, perché si finisce quasi sempre per quelli che si guadagnano l’appellativo di “vittime”. È svilente, è da perdenti, ma non è questo il caso. Il Napoli perde con il Real Madrid e la differenza vera – oltre la qualità dei singoli che pure ha pesato – è data dal fato.

Gli azzurri escono dal Maradona a testa alta, sotto una pioggia di applausi. Gli uomini di Garcia sono “ritornati” – ed è il caso di dirlo – ai livelli galattici della scorsa stagione quando nemmeno la madre di tutte le big poteva impedirgli di fare il loro gioco, s’il vous plaît. A livello dei “Galacticos”, ai quali ci si arrende per 3 a 2, cristallizzato da un autogol di Meret (da assolvere) incolpevole sul siluro lanciato contro la traversa da Elon Valverde Musk che poi carambola sulla schiena del portiere e atterra in rete. Rien ne va plus.

Hanno fatto il proprio gioco le due squadre in campo, face à face. Il Real non è più la squadra mammasantissima delle scorse stagioni, ma è sorniona e letale, troppo esperta per essere così giovane, trasuda storia di notti di Champions, quelle decise dagli episodi a favore. Il Napoli è incosciente e spensierato, dalle belle speranze, forse utopico quando si perde tra i suoi sogni di gloria, finendo per distrarsi, soprattutto in vantaggio. E pensare che proprio chi dovrebbe tenere sempre tutti con i piedi per terra a pestare i piedi (non volendo) agli azzurri. Prima il Capitano – tu quoque – poi Zambo Anguissa.

Il Napoli ha una squadra difficile da inquadrare dinanzi. Il Real è un undici schierato in maniera indefinita da un allenatore che va definito “immenso”. Gli davano del bollito e dell’antiquato, del contropiedista. Al Maradona si presenta senza centravanti, due punte che non lo sono, un trequartista senza posizione e un centrocampista terzino. L’avesse fatto Guardiola gli editoriali della notte non sarebbero ancora terminati. Guardare i blancos giocare è come osservare la cassa nuda di un orologio svizzero, lo faresti per ore.

Garcia, dal suo canto, non è un fesso. È un gros malin. Sa il fatto suo. Sa che andare addosso agli spagnoli a cento all’ora significa schiantarsi, significa prestare il fianco alle ripartenze di Vinicius e Rodrigo, di Bellingham. In quei casi non c’è Kim che tenga, nel senso che anche con Kim sarebbe un azzardo. Ostigard e Natan continuano a crescere, ma perché strafare, puntare più del dovuto?

Il Napoli decide di giocarsela con saggezza, di capire i momenti della partita. C’è un tempo per affondare, un altro per difendersi. È una partita a scacchi.

Subisce chi sbaglia per primo. Al 19esimo ci pensa Kepa ad assumersi l’incombenza. L’ex preferito di Sarri esce a farfalle su un corner, Natan di testa colpisce la traversa e la sfera ritorna sul capoccione di Ostigard che è lui ad attenderlo. Il vichingo fa due reti in due partite e corre ad incitare la curva come un eroe di guerra. Al 27esimo Capitan Di Lorenzo restituisce il favore, sbaglia in uscita. Bellingham recupera il pallone e lo serve a Vinicius. Il brasiliano la mette all’angolino basso come respirare.

Al 34esimo, Bellingham decide di spiegarci perché il Real lo abbia pagato 103 milioni e da dove deriva la fiducia incondizionata che Ancelotti nutre nei suoi confronti. Fa il Cruijff, prende il possesso a metà campo, Anguissa decide – forse per osservarlo estasiato – di non atterrarlo. L’inglese punta tutti come se in mano avesse un mitra, in area si libera di Ostigard come di una zanzara e realizza. Respect.

Il secondo tempo si apre con un rigore per il Napoli. Senza mordersi una lingua: un rigorino. Osimhen in area è contrastato da Nacho, la sfera colpisce prima la gamba del capitano madridista e poi gli finisce sul braccio che accompagnava il movimento della scivolata. Turpin va al VAR è assegna il tiro da gli undici metri. Agli appassionati di una volta viene da bestemmiare, ma questo è il calcio contemporaneo e a caval donato non si guarda in bocca. Zielinski non guarda Kepa, sceglie un lato, colpisce il palo interno e fa 2-2.

Il Real accusa il colpo, il Napoli annusa la possibilità di metterli sotto. Gli spagnoli si arroccano, quasi quasi il pareggio non è da buttare. Osimhen e Kvara ne hanno ancora, meglio non rischiare. Gli azzurri si ingolosiscono. Ancelotti mette dentro Modric per consolidare il possesso, Mendy per rafforzare l’esterno. Garcia sostituisce Politano, al suo posto Elmas. Poi Zielinski, che fa spazio a Raspadori.

Poco dopo, a bocce quasi ferme, a risultato quasi consolidato, sbuca Valverde sulla ribattuta di un angolo a favore delle merengues. L’uruguaiano colpisce come insegnano all’Università di Fisica del Massachusetts. In un secondo la controlla, al successivo l’ha già scaraventata con tutta la violenza del mondo verso la porta. Palla sulla traversa, poi sulla schiena di Meret ancora in volo, finisce dentro. Tutti a prendersela col numero uno azzurro, dal divano è divertente immaginarsi capaci di catturare un pallone difficile anche da cogliere ad occhio nudo.

Finisce 3 a 2. Risultato forse ingiusto, ma prestazione azzurra giustissima. Questo gruppo ha preso la via giusta, quella della scorsa stagione. La strada è lunga ma non più in salita.