Dal Passing Game al Tiki Taka: i passaggi riflettono l’identità di una squadra
Il modo, la frequenza e la direzione dei passaggi di una squadra possono essere esaustivi per conoscerne l'identità e lo stile di gioco.
© “LOBOTKA” – FOTO MOSCA
Chissà quale deriva avrebbe seguito il football senza l’avvento del Passing Game. In principio, undici uomini sfidavano altri undici con l’unico scopo di fare goal. La tecnica era approssimativa, rudimentale, a tratti superflua: nessun preziosismo o leziosità, bastava e avanzava il pragmatismo. La tattica era pressoché assente: il classico “palla lunga e pedalare” come unico dogma strategico per raggiungere la porta avversaria. La concezione del gioco si riflette nei due principali moduli utilizzati fino alla seconda metà dell’Ottocento, un 2-2-6 più compatto ed un 1-1-8 più spregiudicato. Laddove, sia chiaro, le linee difensive servivano principalmente ad innescare gli elementi della linea offensiva attraverso dei lanci lunghi. Appare evidente come la faglia che separava il football dal cugino rugby fosse molto sottile, quasi indistinguibile, se non per la difforme regolamentazione dell’utilizzo delle mani e dei piedi.
Come si arriva allora all’interpretazione novecentesca del gioco del calcio? La chiave risiede nell’avvento del Passing Game, una strategia di gioco sviluppata attorno ad un concetto di base che oggi appare elementare, ma che all’epoca non lo era: passare la palla. L’intuizione arriva dal calcio scozzese, che seppur inferiore si dimostrò meglio organizzato e più razionale rispetto a quello inglese. Le squadre di Londra presero spunto, se ne impossessarono e affinarono la pratica, avvicinando il football ad una dimensione più contemporanea. Finì per diventare il disegno tattico predominante ed anche i moduli cominciarono a modellarsi di conseguenza, spostando i giocatori in posizioni più congeniali all’elaborazione di una trama di gioco.
L’arte del passaggio
Nel tempo, la capacità di passare e gestire il pallone ha acquisito sempre maggior rilevanza. La specializzazione dei compiti ne ha fatto nascere alcuni appositi, tutti deputati alla distribuzione della palla: il metronomo, colui che deve dettare i tempi della manovra, spesso in posizione di mediano; il regista, colui che partorisce traiettorie dall’alto della sua visione di gioco; il fantasista, in posizione più avanzata, che ha la licenza di dar sfogo al suo estro creativo; anche il libero, quando assolto dai propri oneri difensivi. Qualcuno è stato in grado di rendere il passaggio una vera e propria arte, un’opera di maestria assoluta, non di rado capace di rubar la scena anche alla star di tutti gli highlights, il gol. Qualcuno ha addirittura sdoganato il classico impatto piede-palla inventando degli stili di passaggio tutti nuovi, come il colpo di tacco, la trivela, la rabona.
Nel calcio moderno, soprattutto da qualche anno a questa parte, la ricerca della qualità di palleggio ha raggiunto livelli mai toccati prima. E questa ricerca non si sofferma unicamente a quei calciatori a cui vengono normalmente demandati i compiti da regista. Oggi anche un terzino deve essere un abile palleggiatore, perché deve saper duettare con il proprio dirimpettaio di fascia, venire a giocare nel mezzo del campo, crossare con precisione. Oggi anche il portiere deve avere dimestichezza con il pallone tra i piedi, essendo la fonte primaria di distribuzione con l’avvento della “costruzione dal basso”. Stesso dettame che avvolge i difensori centrali, mai più ruvidi e sgraziati come una volta. È questa l’affermazione – piacevole o spiacevole, de gustibus – di un’ideologia sempre più giochista, che ricerca l’essenza del football nella riscoperta della semplicità del proprio fondamentale. Oggi, come gli scozzesi un secolo e mezzo fa, anche le squadre più modeste hanno interiorizzato la possibilità di poter dire la propria attraverso la costruzione di trame efficaci e organizzate.
Si può conoscere una squadra dallo stile dei passaggi?
L’identità di una squadra passa per larghi tratti dal modo in cui questa muove il pallone, dalla frequenza dei passaggi, dall’intensità, dalla lunghezza e dalla direzione. In questo senso, i dati elaborati dall’ultimo report del CIES, prodotti sul rendimento casalingo di 1226 squadre di 72 campionati sparsi per il mondo, forniscono un resoconto particolarmente dettagliato. Si può partire dal presupposto scontato che un maggior numero di palloni toccati indica una grande predisposizione al gioco e al possesso palla. Viceversa, quanto più il dato cala, tanto più si rispecchia uno stile difensivo e poco propositivo.
Non sorprende, quindi, che il Manchester City sia la squadra che mediamente prova più passaggi per partita (756). Non poteva essere altrimenti con Pep Guardiola in panchina, probabilmente il capostipite del movimento a cui stiamo assistendo. Seguono Benfica (708), Paris Saint Germain (693), Liverpool (675), Bayern Monaco (671) e via discorrendo. Spiccano anche le due rivali del Napoli in Champions: Ajax (657) e Rangers (655) sono rispettivamente al decimo e tredicesimo posto. Se la qualità dei singoli può incentivare una costruzione più elaborata, sarebbe riduttivo considerarla prerogativa dei club di primo ordine. Nella Top10, infatti, troviamo al secondo posto l’Albirex Niigata (713) direttamente dalla seconda divisione giapponese. Poco dietro, gli israeliani del Maccabi Tel Aviv (682) al quinto posto e i kazaki del Kaspiy FK (663) all’ottavo.
Ancor più indicativo del numero di passaggi tentati per partita è la direzione di questi stessi. Un’alta percentuale di tocchi laterali può essere sintomo di un possesso palla prolungato, che si muove spesso in orizzontale alla ricerca di un varco dove poter penetrare. Nelle posizioni più alte della graduatoria troviamo infatti squadre come il Lione, il Real Madrid, il Manchester City o il PSG, che rispondono certamente a questo identikit. Ma ancora, un alto tasso di passaggi laterali può anche essere sinonimo di un gioco che cerca con una certa insistenza i giocatori di fascia. In testa a questa speciale classifica ci sono i norvegesi del Bodo/Glimt con il 61,3% di passaggi laterali. Completano il podio il Barcellona di Xavi con il 59,7% ed il Benfica con il 59%. La prima italiana è l’Inter di Inzaghi, nella Top10 con il 58,2%, seguita dalla Roma al ventitreesimo posto con il 56,9%.
La distribuzione verticale del pallone varia in maniera inversamente proporzionale a quella laterale. Incide in modo rilevante la scelta del modulo di partenza: in una formazione senza esterni, ci sarà un minore utilizzo delle fasce. In squadre che presentano un elevato possesso palla, l’orientamento dei tocchi può indicare quanto gli attacchi siano veloci e aggressivi. Tiki Taka e Gegenpressing a confronto: il Manchester City, di cui abbiamo già parlato prima, realizza il 24,7% dei passaggi in avanti; Liverpool e Bayern Monaco sfondano il tetto del 30%. E ancora, restando in Italia, l’Atalanta realizza il 37,8% dei passaggi in avanti. La percentuale di tocchi in avanti aumenta vertiginosamente al calare del numero di palloni giocati e della qualità delle rose. La spiegazione è semplice: minore è il possesso palla, per caratteristiche proprie o dell’avversario, maggiore sarà la necessità di arrivare rapidamente in porta. Si tratta solitamente di squadre con atteggiamento difensivo, che fanno affidamento a contropiedi e ripartenze per creare pericoli. In Serie A, il Verona è la squadra con più passaggi in avanti (42,9%) ed è la penultima per palloni giocati (381).
Serie A: dominio Napoli, Atalanta e Udinese soluzioni alternative
In Italia, il Napoli domina la Serie A non solo per il primato in classifica ma anche per la qualità del gioco espresso. Secondo i dati raccolti dal CIES, la squadra di Spalletti è prima per passaggi provati a partita (570) e per precisione dei passaggi (88,5%). Il 55,6% di possesso laterale conferma quanto citato fin ora: fraseggio prolungato e tanto coinvolgimento degli esterni sono le chiavi del monopolio azzurro. Seguono l’Inter, con 539 passaggi e l’86,2% di riuscita, e la Fiorentina, con 538 tentativi e l’86,9% di precisione. A sorpresa per quanto mostrato in questo primo quarto di campionato, nelle prime posizioni di questa particolare graduatoria c’è anche il neopromosso Monza: quarto per passaggi (520) e terzo per realizzazione (86,7%). Il Napoli è anche la quarta squadra ad aver effettuato più passaggi all’indietro con il 15,6% del totale. È il segnale di una squadra che non vuole rinunciare a gestire il possesso, anche nelle difficoltà, e cerca nuove soluzioni retrocedendo di qualche metro.
La classifica della Serie A, però, ci racconta anche che la supremazia territoriale e la gestione del pallone non sono gli unici metodi efficaci per raggiungere il successo. A costeggiare gli azzurri sui gradini del podio ci sono due sorprese: l’Atalanta di Gasperini e l’Udinese di Sottil. Le due squadre rivelazione di questo avvio di stagione ci propongono due soluzioni alternative alquanto simili, tanto sul campo quanto nei dati. Si tratta di due formazioni che schierano una difesa a tre, due esterni di spinta, centrocampo solido ed una punta fisica affiancata ad una sgusciante. Attenzione e compattezza in fase difensiva, rapidità e risolutezza in fase offensiva. Pochi passaggi (422 a 410), ma volti alla creazione immediata di una situazione favorevole: l’Atalanta ha servito il 38% dei palloni in avanti, l’Udinese il 35%.
La pazienza creativa del possesso palla contro la frenesia pragmatica del gioco verticale. Due stili di gioco che cozzano, due ideali agli antipodi, ma entrambi funzionali e funzionanti. L’uno intorpidisce l’avversario, l’altro lo stordisce. Il calcio è bello perché è vario.