Il marketing della gratitudine nelle aziende calcio non è filantropia: serve per fare risultati! Il caso Salernitana
La gratitudine, quel sentimento di affetto e riconoscenza verso chi ci ha portato un beneficio, con conseguente disponibilità a ricambiarlo, dovrebbe essere alla base della cultura di un’azienda.
© “IERVOLINO-SABATINI” – FOTO MOSCA
“L’ingratitudine è figlia della superbia”, recita una massima di Miguel Cervantes. E non c’è niente di più vero.
Ma nel calcio ed, in generale, in tutte le aziende ci si dimentica spesso di essere riconoscenti ripetendo come alibi che “gli affari non hanno spazio per i sentimenti e che una azienda non è una associazione filantropica”.
Eppure la gestione della gratitudine rappresenta un importante strumento di marketing (il marketing della gratitudine) che produce un fondamentale asset dell’efficienza complessiva delle organizzazioni professionali. Perché il marketing di una azienda-calcio non è solo magliette e gadget!
La gratitudine è un sentimento di affetto e riconoscenza verso chi ci ha portato un beneficio, associato alla disponibilità a ricambiare il comportamento. Questo sentimento, potente ed estremamente importante, viene però spesso sottovalutato nelle realtà aziendali.
Gli esempi nel mondo del calcio sono tanti ma per rinfrescarsi la memoria basta citare l’ultimissima situazione verificatesi in casa Salernitana con la rottura tra il presidente Iervolino e Walter Sabatini, l’unico vero responsabile del miracolo salvezza.
Certo, la salvezza è stata realizzata grazie anche all’enorme contributo dell’allenatore Nicola e dei tanti calciatori arrivati a Salerno (Fazio, Verdi, ecc) a gennaio.
Tutti, però, voluti e motivati dal direttore sportivo.
Eppure nei contesti professionali la gratitudine si sposa con il riconoscimento e offrirla può significare dare un nuovo abbrivio a rapporti complicati interni al team o situazioni difficili, dare la giusta motivazione ai propri dipendenti, dare valore e peso ad un’azione abitudinaria o quotidiana che può far fare la differenza ad altri e ripartire con il piede giusto.
Stiamo parlando di una gratitudine che deve entrare a far parte della cultura organizzativa in pianta stabile. E non legata a rare occasioni sociali, quali Natale e anniversari, oppure alle vittorie. La gratitudine dovrebbe essere alla base della cultura di un’azienda.
Creare una cultura organizzativa basata sulla gratitudine e sul riconoscimento porta a diversi effetti che, non solo a breve ma soprattutto a lungo termine, incrementano il business e rendono una azienda solida e duratura. Questa cultura infatti impatta su alcuni fondamentali elementi per ogni organizzazione:
– migliora l’umore dello staff: fare atti di generosità ci fa bene, ci rende più felici, con la conseguenza di essere più creativi ed ispirati, resilienti e pronti ad affrontare e risolvere ogni difficoltà.
– incoraggia il lavoro di squadra: facilita il lavoro di collaborazione, alimenta la curiosità verso gli altri, rende più facile lo scambio di informazioni, riduce i conflitti interni e favorisce la soluzione rapida di problemi.
– migliora la reputazione dell’organizzazione che viene vista non più come un’azienda che punta solo al mero guadagno, ma che ha valori e cultura, facendola percepire come sicura ed affidabile. E aumentandone la visibilità e l’attrattività
– fidelizza i clienti: non solo il personale, ma anche l’umore dei clienti migliora. Un cliente che vede un clima caldo in un’azienda, un clima di aiuto e collaborazione, è più incline all’acquisto e a parlarne bene ad amici e conoscenti. È piacevole percepire di non essere prettamente un cliente da servire, ma una persona con un bisogno/problema/richiesta e che l’azienda sarà felice di aiutarci e consigliarci, e non solo spennarci.
Chissà se poi un giorno, magari quando si verificherà un fallimento sportivo, i dirigenti di quelle aziende-calcio gestite in base ad un modello dinastico-imprenditoriale capiranno che l’ingratitudine verrà ripagata con la stessa moneta. E con gli interessi.
Vedremo.