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Salernitana, ma Iervolino può veramente licenziare Simy?

Salernitana, ma Iervolino può veramente licenziare Simy?

In un convegno tenutosi il 20 aprile all’Università di Salerno, il presidente della Salernitana Danilo Iervolino ha dichiarato la sua intenzione di riformare il sistema calcio, sostenendo che sarà il primo a licenziare un calciatore. Ma quanto è realistica questa affermazione e cosa dice il diritto dello sport al riguardo?

Iervolino, noto per la sua visione innovativa e il desiderio di riequilibrare il potere nel calcio, ha espresso preoccupazione riguardo alla gestione del calcio professionistico, sottolineando la necessità di un impianto regolatorio più perentorio e di una moralizzazione del settore. Tuttavia, il suo desiderio di licenziare un calciatore, che solo per esaminare un caso scuola potremmo identificare in Nwankwo Simy, solleva domande importanti sulle leggi e i regolamenti che governano il calcio.

L’adozione di un provvedimento del genere potrebbe risultare molto più complicato di quanto sembri, nonostante il pool di affermati legali che affianca il patron.

Innanzitutto, è importante capire che il calcio professionistico in Italia è regolamentato dalla legge n. 91 del 1981, che stabilisce i diritti e i doveri delle società calcistiche e dei calciatori. Questa legge definisce il calcio professionistico come un “rapporto di lavoro speciale“, il che significa che molte delle leggi lavoristiche standard non si applicano al calcio. Ad esempio, il licenziamento di un calciatore è escluso dalla disciplina del licenziamento ordinario.

Esiste un contratto collettivo negoziato tra le parti rappresentative, tra cui la Lega Calcio, l’Associazione Italiana Calciatori e la Federazione Italiana Giuoco Calcio, vincolante per tutte le parti coinvolte e che non può essere unilateralmente modificato da un club.

Questo accordo stabilisce ulteriori dettagli sui diritti e i doveri dei calciatori, e contiene disposizioni specifiche sulla risoluzione dei contratti che esamineremo di seguito.

Ipotizziamo che Nwankwo Simy possa essere uno dei calciatori della Salernitana oggetto dell’attenzione del presidente Iervolino. Sebbene Simy abbia rifiutato sistematicamente tutte le proposte di trasferimento, in Italia e all’estero, anche quelle per lui più vantaggiose economicamente, che gli sono state offerte dalla società, è importante sottolineare che, secondo la legge e i contratti in vigore, un club non può semplicemente “licenziare” un calciatore come si farebbe in una normale azienda.

I calciatori professionisti hanno una serie di tutele e diritti che li differenziano dai lavoratori comuni.

La legislazione sportiva vigente sembra effettivamente sbilanciata a favore dei calciatori che, nel rapporto di lavoro con le società sportive, non rappresentano certamente l’anello debole, come sono considerati invece i lavoratori “normali” che, soprattutto a seguito del Jobs Act, risultano essere meno tutelati dei calciatori.

Esistono situazioni in cui un calciatore può chiedere la risoluzione del contratto per “giusta causa”. Un esempio è stato il caso di Goran Pandev, che in passato si è rivolto al Collegio arbitrale per ottenere la risoluzione del contratto a causa di un’ingiustificata esclusione dalle partite e dagli allenamenti. In quel caso, il Collegio arbitrale ha stabilito che la Lazio era colpevole e oltre alla risoluzione del contratto, ha imposto un risarcimento significativo a favore del calciatore.

Questo ed altri episodi analoghi confermano che i calciatori hanno diritti ben tutelati e possono ricorrere a procedure legali se ritengono che essi siano stati violati.

Analoga tutela non è riconosciuta alle società calcistiche che, anche in presenza di un presunto scarso impegno da parte del calciatore, si trovano nell’impossibilità di sanzionarlo, perché lo “scarso impegno” scaturisce da valutazioni soggettive e quindi è di fatto indimostrabile.

Il rapporto di lavoro con questi calciatori può quindi chiudersi con una possibile risoluzione consensuale del contratto, ma la Salernitana non può unilateralmente “licenziare” un giocatore.

Quindi, anche chi ha rifiutato reiteratamente diverse offerte vantaggiose di trasferimento, pur sapendo di essere fuori dal progetto tecnico della società, è ben tutelato dalle leggi e dai regolamenti attuali, e le società calcistiche hanno serie difficoltà a licenziarlo contro la sua volontà, in quanto il diritto dello sport e i regolamenti attuali rendono questa mossa molto complessa e potenzialmente costosa per la società calcistica, a meno che non si verifichi una violazione grave e colpevole del contratto da parte del giocatore, che non può ravvisarsi nel rifiuto a trasferirsi ad altre società.

È chiaro che il calcio professionistico in Italia è un’industria unica e complessa, con caratteristiche che lo distinguono dai tradizionali rapporti di lavoro. Tuttavia, questo non dovrebbe giustificare un profondo squilibrio nei diritti e nei doveri tra i calciatori e le società sportive. È fondamentale trovare un punto di incontro al fine di garantire un rapporto più equilibrato tra le parti, anche per garantire al contempo la sostenibilità economica e finanziaria dei club.

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