Sigmund, aiutaci tu

Lo strambo ‘mea culpa’ di Spalletti è un escamotage verbale che Freud avrebbe bocciato, perché fuga dalla responsabilità.

Articolo di Luciano Scateni08/03/2022

© “SPALLETTI” – FOTO MOSCA

Dispiace l’assenza di Sigmund Freud, che gode il meritato riposo in un’al di là onirico, da sogno, e avrà interpretato mille volte on demand una richiesta dei suoi pazienti.

Questa, materia adatta all’inquisizione psichica, il mistero di una squadra di calcio, che esperti e intenditori premiano con voti da primi della classe e lode se si riferiscono a stelle del calibro di Ospina (difende la porta della nazionale colombiana), Koulibaly, Di Lorenzo, Anguissa, Fabian Ruis, Zielinski, Osimhen, Insigne, a Mertens, benchè relegato in panchina, e in alternativa ai cosiddetti titolari, i ‘gemelli’ di centrocampo Lonbotka-Demme, Ghoulam, recuperato dopo un infortunio grave, gioiello ambito da molti, Mario Rui difensore della nazionale portoghese, i folletti Politano e e Ounas, il vigoroso Petagna.

Questo l’eccellente team che la strana coppia De Laurentiis-Spalletti ha elogiato per l’elevato quoziente tecnico, al punto di ambire a candidature prestigiose, come scudetto ed Europa.

Il bel giocattolo, per il fortunato incrocio di vittorie in partite facili-difficili, ha inizialmente convinto aficionados e critici ad assecondare le ambizioni dei tifosi e allietarli, ragionando con dovizia di elementi sul campionato senza leader indiscussi, con la vetta occupata da protagonisti di non eccelsa statura, tanto da essere racchiusi almeno in tre nei pochi step della classifica dintesta. Poi il redde rationem, poche battute prima che cali il sipario sul campionato, rivela la consistenza precaria delle squadre che guidano la classifica: le meraviglie dell’Inter di Pippo Inzaghi inciampano (come il Milan di Pioli e soprattutto come il Napoli di Spalletti) in ostacoli di notevole disparità tecnica, nel caso eccellenze e di mediocrità.

Quanto attiene ai recenti trascorsi di Spalletti, le delusioni legittimano il rimpianto per i lontani natali di Freud, unico inimitabile lettore dell’animo umano in grado di svelare le recondite ragioni dell’apatia, della svogliatezza, della grinta zero, di ritmi lenti ed errori da dilettanti allo sbaraglio, fertilità in standbay degli azzurri, culminati con la resa umiliante al Barcellona di Xavi e le timidezze regalate a un Milan per nulla trascendentale. Non sfiorasse la blasfemia, verrebbe da chiedere a un resuscitato analista Freud se ritiene che la squadra napoletana, in sciopero ‘bianco’, entri in campo per giocare-non giocare contro i vertici della società e l’allenatore. Altrimenti si dovrebbe attribuire la ‘rilassatezza’ alla prossimità dell’aprile, al suo dolce dormire.

Comunque, lo strambo ‘mea culpa’ di Spalletti è un escamotage verbale che Freud avrebbe bocciato, perché fuga dalla responsabilità. Non un suo cenno al marasma dei cambi in saldo, infornata all’insegna di ‘ciuccio fa tu!’ e invece il monito da allenatore senza errori.

Ha chiesto (‘a chiare lettere’) di essere seguito di più. Ma come, quando, dove, perché? Ha uno straccio di idea per aver ragione della tattica adottata da big e mezze figure del campionato che blindano e potenziano il dispositivo della difesa e il Napoli non sa proprio come espugnare? A chi spetta di distogliere uno dei due grintosi centrali dalla marcatura in tandem, asfissiante, che rende la vita difficile a Osimhen? Chi, tra Lobotka, Demme, Anguissa, Fabian, ha qualità di regista del centrocampo? Tutti e nessuno? C’è un Pirlo, un Verratti, un Jorginho da qualche parte del mondo da integrare nell’organico della squadra? Spalletti lo ha chiesto a De Laurentiis e se non l’ha fatto.

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