Sono passati trent’anni dal 9 agosto 1992, l’ultimo giorno dell’Olimpiade di Barcellona, l’edizione che ha cambiato la faccia alla capitale della Catalogna e riscoperto il fascino dei Giochi, dopo i veleni di Seul 1988 (Ben Johnson, il doping e molto altro). Per l’Italia nella piscina Bernat Picornell, un pomeriggio indimenticabile, scritto senza esagerazione, nel segno della pallanuoto, il più vecchio sport di squadra presente all’Olimpiade: Italia-Spagna 9-8 dopo sei tempi supplementari. Un capolavoro davanti a re Juan Carlos, una storia che si riallaccia al passato e che non si è più ripetuta. Londra 1948: Buonocore, Bulgarelli, Rubini, Ognio, G. Pandolfini, Ghira, Arena, Majoni, T. Pandolfini. Roma 1960: Rossi, D’Altrui, Pizzo, Lonzi, Lavoratori, Parmegiani, Bardi, Gionta, Guerrini, Ambron, Mannelli, Spinelli. Barcellona 1992: Attolico, D’Altrui, Bovo, G. Porzio, Campagna, Caldarella, Fiorillo, F. Porzio, Pomilio, Gandolfi, Ferretti, Silipo, Averaimo.
Lo statega ha un nome che non si dimentica: Ratko Rudic, croato, nato a Belgrado il 7 giugno 1948, alla guida degli azzurri dal 1991, dopo aver vinto due titoli olimpici con la Jugoslavia (1984 e 1988). La sua avventura azzurra è costellata di medaglie d’oro: titolo olimpico nel 1992, europeo nel 1993 (più la Coppa del mondo), mondiale nel 1994, ancora europeo (e Coppa del mondo) nel 1995. A Londra 2012, con la Croazia, arriverà al quarto successo olimpico, dodici anni dopo aver lasciato la nazionale italiana (con anche un anno di squalifica per rissa ai Giochi di Sydney 2000). Lavoro, programmazione, due mesi e mezzo di preparazione e poi, alla fine, parole che non si dimenticano nemmeno dopo trent’anni: «Sono felice di fare questo sport bello e spettacolare; la pallanuoto aiuta a soffrire, questo è un esame di vita».
La finale di Barcellona contro i padroni di casa contiene tutto quanto è possibile immaginare, compreso un arbitraggio scandaloso (Alfred Carel Van Dorp ed Eugenio Martinez), come troppi se ne sono visti e se ne vedono ancora in questo sport. La sequenza del risultato recita: 1-0, 3-2, 2-3, 1-2. I quattro tempi regolamentari non bastano, avanti con i supplementari: 0-0, 1-1, 0-0, 0-0, 0-0. Due ore di gioco per essere ancora lì, con un podio senza padrone. Ripassano nella mente di qualcuno le immagini della finale del Mondiale 1986 a Madrid (11-10 per la Jugoslavia, dopo otto supplementari, con gol di Milanovic a 3” dalla fine), ma questa volta c’è Rudic in panchina e il suo primo insegnamento è stato quello di non avere mai paura.
Il terzo Settebello della storia sarà fedele alle indicazioni del suo allenatore. A 32” dalla sirena, Massimiliano Ferretti offre un pallone d’oro a Nando Gandolfi, smarcatosi sotto porta. Il suo tiro non perdona e non c’è più tempo per la rimonta spagnola. Il c.t. (croato) Dragan Matutimovic abbassa gli occhi, due anni di promesse e di speranze cancellate dal gol di Galdolfi. Finisce così: 9-8 e, al momento della premiazione, gli spagnoli, che prima fischiavano, si sciolgono in un grande applauso per l’Italia. Palombella azzurra.
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