De Laurentis ha smontato il giocattolo: saprà rimontarlo?

Il Napoli affronta partenze, infortuni e incertezze su Osimhen. Poi mercato attivo, nomi e obiettivi: una sfida ardua.

De Laurentiis Natan
Articolo di Luciano Scateni09/08/2023

© “DE LAURENTIIS” – FOTO MOSCA

Bambini precocemente ‘rottamatori’, dotati oltre il normale di curiosità, quelli che se chiedi loro “da grande che vuoi fare?” Rispondono a sorpresa “il meccanico”, giocano solo per un po’ con il modello di una macchinina riprodotta nei minimi particolari. Il poi è il completo smontaggio della ‘Cadillac’ in miniatura e i mille pezzi di quel che fu diventano la sfida a rimontare l’automobilina. Prova e riprova, alla ricostruzione mancano sempre due o tre pezzi non incastrati a dovere.

De Laurentiis, presidente, padrone, ceo, direttore sportivo e allenatore a latere, contrattualista del Napoli Calcio, perdoni l’impertinente accostamento ai discoli che sfasciano un giocattolo e osservano con sgomento due o tre pezzi avanzati. Il puzzle che il presidente ha iniziato a completare dopo la sbornia festaiola del tricolore, è risultato mancante in partenza di alcune tessere, e ora? Via Kim, Ndombelé, Demme…in uscita Lozano, il vice Meret Gollini, quasi certamente Mario Rui, e Zielinski. Osimhen è tentato dal canto suggestivo delle sirene arabe, via Spalletti e Giuntoli, altri elementi chiave dello staff tecnico.

Il poi ‘alla De Laurentiis’, un assordante vocio sul Napoli del futuro prossimo (tra dieci giorni l’esordio con il Frosinone): nomi su nomi, altisonanti, compatibili con la disponibilità finanziaria della società partenopea (in cassa 50 milioni solo con la vendita di Kim). Tutti ‘ballon d’essai’ per tener buona la tifoseria, soggiogata dalla promessa di confermare l’invidiatissimo tandem Osimhen-Kvaratskhelia. Blando entusiasmo per l’ingaggio di Rudi Garcia, dotato di molto mestiere, ma a detta di chi lo ha seguito nella sua lunga carriera, lontano dall’idea di calcio entusiasmante inventato da Guardiola e applicato dall’esiliato (a torto), Maurizio Sarri.

Nel sommario attendibile del ‘mercato’ frequentato dal Napoli, gli acquisti di Contini (portiere), Folorunsho (centrocampista), Zanoli (difensore) tre fine prestito, Natan (difensore). Cessioni: Bereszynski, Ndombélé, Kim. Obiettivi: Scalvini, Faraoni, Itakura, Le Normand, Mavropanos, David, Baldanzi, Beto, Samardzic, Lopez, Kilman, Kubo, Karlsson. Via anche il preparatore atletico e per volere di Garcia compito delicatissimo raffidato a Rongoni (contestato a Roma nel 2015). Risultato? Una serie di infortuni muscolari (Anguissa, Rahmani, Mario Rui, Kvara, da ultimo Osimhen) e singolare motivazione del tecnico francese: “Il prossimo campionato non avrà interruzioni, di qui una preparazione su lungo termine, più intensa!” (Per non dire sbagliata).

La domanda che nessuno osa fare: “I giocatori a livello di ‘eccellenza’ è lecito che per tirar calci diventino miliardari, come i divi del cinema, i cantanti famosi? Che c’è di male se diventano globetrotters attratti da ingaggi ultra milionari? Quesito collaterale: in nome di cosa Osimhen dovrebbe rinunciare alla possibile offerta di duecento milioni della Saudi League? Non è napoletano (le dichiarazioni d’amore sono un gratuito, rituale tributo alla città che lo ha ospitato), l’idea di confrontarsi con campioni del calibro di Messi e Ronaldo è irresistibile e il super Victor si porta dietro un’infanzia economicamente da riscattare. Ma di là dalla scelta personale, il fenomenale attaccante deve anche ragionare con l’avidità del suo manager che con il suo assistito in Arabia incasserebbe percentuali d’oro.

Tifosi con il fiato sospeso, dita incrociate, riti scaramantici e richiesta di di intercessione a San Gennaro perché Osimhen resti in azzurro.

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