Altamura fa luce sulla storia, chi ha incastrato Maradona?
Marcello Altamura presenta il suo nuovo libro. Un'opera per far luce sul caso doping che condannò sia Diego, sia Maradona.
Un atto d’amore riservato al più grande calciatore che il mondo del calcio abbia prodotto. Marcello Altamura presenta il suo nuovo libro “L’idolo infranto – chi ha incastrato Maradona?“, steso con la passione verso il suo idolo e al tempo stesso il desiderio di far luce su cosa sia successo tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta al Pibe de oro. Il libro non è una biografia di Diego ne tantomeno di Altamura, anche se, come egli stesso ha affermato, un pizzico di te stesso quando ci metti così tanto cuore, è davvero difficile non farlo cadere sulla penna. Alla presentazione hanno preso parte anche Antonio Corbo, Gianfranco Lucariello e Francesco Marolda. Tre dei giornalisti che, più di tutti, hanno vissuto a pieno la carriera del diez a Napoli.
Marcello Altamura ha, inoltre, concesso qualche risposta ai microfoni di SportDelSud.
Come si sarebbe trovato Maradona in questo calcio?
È difficile dirlo. In campo sicuramente meglio, ricordo che in una partita nell’anno del primo scudetto, un Napoli-Brescia, Maradona venne praticamente picchiato dallo stopper avversario, un certo Chiodini. Diego addirittura fu costretto ad uscire per infortunio. In questo calcio, Chiodini sarebbe stato espulso al secondo fallo. Fuori dal campo invece, non lo so. Oggi l’entourage del calciatore è “professionalizzato”, Diego aveva un clan molto più artigianale: amico, cognato e amici di amici.
Ho sentito, nel corso della presentazione, che la famiglia non gli è stata vicina come avrebbe dovuto, è davvero così?
Purtroppo -afferma angosciato- è molto vero. Ciò non vale, però, per Diego Junior. Bisogna parlare di un diverso concetto di famiglia, facciamo riferimento ad una famiglia allargata, in cui sono compresi anche affini. Questo tipo di famiglia ha avuto un ruolo deleterio per Diego, considerato come una vacca da mungere. Lo è stato fino alla fine dei suoi giorni. Diego s’è circondato di sanguisughe che hanno sfruttato il suo brand e hanno razzolato fino all’ultimo giorno. Questa è la dannazione dei campioni, soprattutto dei sudamericani. Il modo in cui si vive la famiglia nel sud del mondo, molto invasiva, spesso ha portato guai.
È stata prevalente la passione di scrivere su Maradona o la voglia di denunciare i fatti accaduti?
Ho avuto la fortuna di vivere Maradona da tifoso e da giornalista. Diego è stato una figura essenziale nella mia vita, secondo me non sussiste alcun tipo di paragone con lui. Come Michael Jordan nel basket, Diego è unico. Quindi sicuramente l’emozione di scrivere qualcosa che lo riguarda è tanta. La sua figura, però, è stata vilipesa. Dopo la squalifica per doping s’è voluto completamente demolire il personaggio, ciò mi ha spinto a voler ricostruire un quadro più chiaro sulla situazione che ha vissuto, facendo luce.
Quanta serie c’è nel libro, e quanto libro c’è nella serie?
Della serie nel libro non c’è nulla. Il libro è stato chiuso prima che la serie sbarcasse su Amazon, e non credo che gli sceneggiatori lo abbiano letto. Sicuramente la cosa che noto è che si ripete il tragico errore di raccontare Maradona come un vuoto a perdere, un campione ma fuori dal campo un fantoccio vuoto, ciò non è assolutamente vero. Come ha detto Francesco Marolda era un uomo semplice, questa sua semplicità lo ha condannato ad essere schiacciato dalla fatica di essere Maradona, che lo ha portato alla morte.