Un calcio alle palle – Nuovo anno, vecchi errori: Pioli is not on fire

Pioli non è tanto on fire in questo momento: cambi molto discutibili e poco coraggio. L'arbitro Sacchi, intanto, imita Serra e tiene il conto aperto con le milanesi.

pioli
Articolo di Francesco Gorlero10/01/2023

© “PIOLI” – FOTO MOSCA

Nuovo anno, vecchi vizi. Non è così ‘Padre Pioli’? VAR, non VAR, fischi e non fischi. Vien da pensare che l’eroe personale del signor Sacchi sia il collega Serra. Tanto c’è Rocchi che sospende! Mah, ed io che speravo in un ’23 di rinascita sotto tutti i punti di vista. Invece, mi ritrovo a ripetere le parole di Guccini: “diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale, la mano di tarocchi che non sai mai giocare”. Perché di questo parliamo. Ogni turno la zingara offre una lettura del campionato differente, spiazzando e alimentando spasmi e urla becere. Al momento, una sola la certezza: il Napoli è campione d’inverno. Occhio, però, al fantino Allegri che continua a strappare i tre punti di ‘corto muso’, mentre Pioli si masochizza coprendosi nei finali di partita. Ed è proprio quest’ultimo il destinatario del primo ‘calcio alle palle’ del 2023.

Uno scudetto non rende un grande allenatore

Piccola e doverosa premessa: non conosco personalmente Stefano Pioli, ma l’immagine che trasmette di sé, uomo, è certamente da apprezzare. Almeno questo è il mio parere. Pacato ma deciso; tecnico ed esaustivo nelle spiegazioni; ultimo, ma non meno importante, incrollabile nella fiducia riposta nei suoi ragazzi. Ecco, nobile sentimento, tuttavia qui stagna parte del problema. Il credito verso i vincitori del diciannovesimo scudetto milanista rischia di far ingolfare la macchina rossonera. Il mercato estivo non pervenuto o non fatto pervenire? Questo è il dilemma, per usare le parole del bardo. Ormai sono mesi che lavorano i nuovi sotto la guida di Pioli, eppure solo scampoli di partita, e spesso di poco valore.

Capisco le incertezze di lasciare la vecchia via, quella vincente, per sperimentare nuove formazioni, ma solo chi ha il coraggio di cambiare è in grado di evolversi. Ovviamente è facile parlare da fuori, quando il deretano a doversi qualificare tra le prime quattro non è il proprio. Però, accidenti, con una sosta tanto lunga, causa Mondiali, avrebbe potuto lavorare su una disposizione tattica differente dal 4-2-3-1, più adattabile agli ultimi arrivi. Ciò non solo avrebbe facilitato l’inserimento di questi, ma avrebbe fornito al mister una valida alternativa da disporre a gara in corso. E invece…

Invece, l’unica variazione di schema che la squadra campione d’Italia attua in campo è il passaggio dalla difesa a 4 a quella a 3 (che poi sarebbe a 5 in fase di non possesso). In primis, questa non è mentalità da Milan, e l’irritazione di Maldini colto in tribuna ne è manifesto evidente. Non è scritto nel DNA rossonero. In secundis, Pioli si contraddice da solo. Più e più volte ha ripetuto davanti alle telecamere che ‘questa’ squadra non può permettersi di calare di intensità, pena subire l’avversario. E più e più volte il mister ha fatto arretrare i suoi ragazzi con cambi conservativi. Allora, c’è qualcosa di schizofrenico in atto, oppure, Stefano Pioli non è ancora maturato definitivamente come allenatore da grande squadra?

Io barrerei la seconda ipotesi. Tre anni su una panchina prestigiosa come quella del Milan non obliano i vizi sviluppati in 17 anni su quelle piccole-medie. Coprirsi nei finali di partita non è da grande squadra. Certo, alcune lo fanno, ma hanno un DNA differente, e questo dovrebbe averlo capito Pioli dopo più di mille giorni al timone. Il posticipo di domenica sera a San Siro contro la Roma ha dimostrato esattamente il contrario. I padroni di casa avevano controllato la partita per il 90% del tempo, poi i cambi difensivi, l’abbassamento del ritmo e del pressing con l’inevitabile arretramento verso la propria area. Due cross giallorossi, due gol realizzati e due punti persi per il Milan. ‘Padre Pioli’ è il momento di crescere, di osare e sperimentare. E se proprio non te la senti, per lo meno, sì coerente con le tue parole: mai calare di intensità.

Non c’è Serra senza Sacchi

Ricordate l’arbitro Serra che alzò immediatamente le braccia al cielo per scusarsi dopo il mancato vantaggio in Milan-Spezia dello scorso anno? Furono oneste e plateali, tanto da venir “consolato” dai rossoneri nel tunnel dopo la partita. L’inesperienza del fischietto torinese in Serie A, allora alla undicesima presenza nella massima categoria, nonostante la sospensione, fu l’alibi del caso. Ma ciò che è accaduto sabato in Monza-Inter, è difficilmente giustificabile. L’arbitro Sacchi, alla sua presenza numero 37 in Serie A, ha preso lo stesso abbaglio di Serra, praticamente in fotocopia a distanza di quasi un anno.

Errori differenti nella specifica dinamica dell’azione, tuttavia identici nella sostanza: un fischio anticipato disinnesca il VAR. Strafalcione pesante dopo tanti anni di assistenza al monitor. Le scuse all’Inter per il danno procurato sono arrivate, ma dovute, e non sentite come quelle di Serra in campo. Intanto, il designatore Rocchi tace e sospende, come il Tribunale della Sacra Rota. Lascia che siano i giornali a ricostruire, ignora la bussola e mantiene la barra a dritta. Serra peccò di ingenuità, Sacchi di fretta, ma Rocchi di negligenza.