Verso la storia, Napoli-Cremonese: nel 1986 non esistevano squadre “materasso”
Sanremo era presentato da Pippo Baudo, Gian Piero Galeazzi intervistava arbitri negli spogliatoi, l'allenamento si svolgeva nei parcheggi e non esistevano squadre materasso. Che tempi.
© “NAPOLI” – FOTO MOSCA
Era una Serie A diversa, quella di cui raccontiamo di domenica in domenica, accompagnando il Napoli verso la terza stella. Spolverando il campionato che portò alla prima, è un bellissimo salto nel passato che ha da raccontare più di quanto sembra. Ma li ricordate i due punti per vittoria, le sedici squadre, le panchine composte e animate da chi molto probabilmente non sarebbe mai entrato; e non erano mica in dieci, come oggi, bensì l’esatta metà, altro che un sostituto per ogni ruolo. Era tutto molto più equilibrato, più sano, ma un calciatore – come ci ha detto anche Bruno Giordano – non la pensa allo stesso modo: giocavano sempre gli stessi, questi non venivano mai sostituiti, si subivano falli l’uno dopo l’altro, e non c’era mica il Var. Sta poi alla sensibilità di ognuno dire se quello sia stato il vero calcio o lo è quello attuale, più rapido, dinamico, atletico (ma anche tutelato, almeno all’interno del rettangolo verde).
Corollario di quanto detto, per quanto riguarda l’equilibrio tra le diverse squadre, è la “sottile” differenza tra la capolista della classifica e gli ultimi della classe. Nella stagione 1986/1987, il Napoli chiuse la stagione collezionando 42 punti e l’Atalanta, retrocessa, era riuscita a racimolarne 22. Soltanto venti punti di differenza, una vince scudetto, l’altra scivola in cadetteria. Se prendiamo qualche esempio recente, venti punti intercorrono facilmente tra la prima e l’ottava, la nona. Addirittura, nella stagione 2017/2018, mentre la Juventus volava sopra i novanta punti, Crotone, Benevento e Verona faticavano ad arrivare a trenta. Squadre “materasso” le definirebbero alcuni oggi. Cosa inconcepibile all’epoca, perché (ad esempio), andare in trasferta a Brescia, Empoli, Como, così come Avellino o Udine, voleva dire prepararsi ad affrontare una battaglia.
A breve il Napoli affronterà la Cremonese, terzultima, e si può pacificamente ammettere (salvo Coppa Italia) che tra le due squadre ci sia un divario più che netto. Tale differenza non ci sarebbe mai stata una quarantina di anni fa. Mettiamola su un diverso punto di vista: le squadre summenzionate avrebbero avuto difficoltà contro l’attuale Cremonese? A detta di chi scrive, la risposta è negativa. Ed il Napoli di allora, come affrontava partite del genere? Contro quelle che, rispetto ad oggi, potremmo definire “grandi ultime“? Facciamo sentire più vecchio qualcuno: in questo periodo, mentre a presentare il Festival di Sanremo era Pippo Baudo, la squadra di Ottavio Bianchi affrontava l’Atalanta. Allora immergiamoci, come direbbe Fabio Caressa.
Napoli-Atalanta, correva il 1987
“Andiamo tutti ad Atalanta!” dice Nino d’Angelo nel film “Tifosi”, nel quale recita anche Diego Armando Maradona. Il cantante napoletano rappresenta un classico tifoso dell’epoca, disposto a tutto pur di seguire il Napoli verso la prima cucitura dorata sul petto. Il tifo atalantino, per quanto caloroso e sregolato a volte, non fermò di certo i tifosi del Napoli, che intonano per tutto il corso del match: “Maradona è meglio è Pelé“. Luci, ma anche ombre, perché i tifosi nerazzurri dopo il fischio del primo tempo accompagnano l’argentino con uno spregevole lancio di oggetti di ogni tipo verso lo spogliatoio. La partita non è spettacolare, perché in casa loro è difficile imporsi, nonostante siano in zona retrocessione (e la Serie B è lì ad attenderli a fine stagione). Nessuno voleva perdere, gli uomini di Bianchi inseguivano un sogno, mentre Prandelli (sì, Cesare) e compagni volevano evitare un incubo. E, tra l’altro, quello che sarà il futuro allenatore della Nazionale marcherà molto bene Diego.
Il Napoli è costretto praticamente al contropiede, e riuscirà a sbloccare il risultato grazie all’incornata di Bruno Giordano arrivata sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Bianchi, intervistato a fine partita, continua a predicare la calma, ma dopo la gara contro l’Atalanta si parlerà di scudetto per le vie della città, e probabilmente lo hanno fatto anche i calciatori stessi, quando il loro mister era assente. Il primato era stato consolidato ancora, e da novembre non era mai stato a rischio. A giugno arriverà lo scudetto, e dopo non troppo tempo arrivò la Coppa Italia, contro la stessa Atalanta. Era anche quello un Napoli difficile da imbrigliare, come oggi quello di Spalletti, “soltanto” con un Diego in meno.
La partita, come voluto spiegare, non era facile solo perché si trattava di una squadra in zona retrocessione, anzi, la rese ancora più difficile. In questi casi si vinceva di nervi, e contro le grandi con i gesti tecnici dei singoli. Era tutt’altra cosa: era talmente diverso da quello di oggi che si fatica a capire se si tratta dello stesso gioco. E, inoltre, come si vede nel video, l’arbitro è stato intervistato da Galeazzi prima del fischio d’inizio mentre i calciatori si scaldavano nel parcheggio. Che tempi.