Lettera a Marcelo Gallardo
Lettera a Marcelo Gallardo, l'allenatore visionario che può risollevare il Napoli dall'abisso.
«Se apri il cranio di Gallardo dentro troverai l’enciclopedia illustrata del calcio», Alejandro Sabella.
Sì, Gallardo è un visionario, un uomo verticale ed un grandissimo allenatore, ma è soprattutto una persona sui generis. È uno di quei tecnici a cui parte ancora l’embolo, che non gode del dono della calma presente in tanti allenatori europei, ma ciò non gli impedisce di essere oggetto di desiderio dei club del Vecchio continente. È uno dei pochi (due, in realtà) ad aver cambiato apodo nel corso della sua carriera. Ed è, inoltre, una delle scelte più azzeccate nella storia del Más Grande.
Gallardo è un uomo anche controverso, che passa, nella sua vita da calciatore, dall’essere lo spensierato “muñequito” (come lo definirono i compagni in allenamento quando lo notarono: «Ahí va el muñequito») al responsabile e avveduto “Napoleón“. Da bambola diventa generale. Ora è un uomo da seguire in guerra: uno che, come disse Rodolfo D’Onofrio: «Convince le sue truppe sulla strategia da utilizzare, e tutti gli credono». Ma, attenzione, che non s’intenda bambola in senso dolce e fanciullesco, il Gallardo appena ventenne è tutto tranne che un burattino; El Muñeco ha gli occhi vispi, è inquietante, ha tratti demoniaci in viso. Somiglia alla bambola Chucky, è un “maledetto“, uno che mette i brividi come il vento gelido che soffia d’inverno.
Gallardo però è anche un dieci, un “enganche“, nel corpo e nel pensiero. Lo era da calciatore quando incantava a suon di tunnel, lo è oggi da allenatore più vincente della storia del River Plate. In campo lui vuole divertire ma soprattutto si vuole divertire, ed è per questo che l’unica costante nella sua vita è l’interesse alla creazione di una mentalità vincente, che prenda vita in campo attraverso un gioco propositivo e offensivo. È convinto dei suoi dogmi ma non ne diventa schiavo, e modella la squadra anche in base alle caratteristiche dell’avversario. Basta che non si perda arretri una volta perso il possesso della sfera, perdendo coraggio e facendolo infuriare da morire.
Vero che la banda rossa diagonale attraverserà sempre il suo animo millonario, ma adesso Napoleón è in cerca di una nuova entusiasmante sfida in Europa: cerca una grande squadra, vuole diventare l’eroe dei due mondi. Vuole sperimentare qui le sue idee visionarie, provando a vincere qualche scommessa proprio come è riuscito a fare in Sudamerica. Sempre, però, attraverso i fondamentali della scuola River, racchiusi in un detto che viene ancora recitato ai più piccoli nelle giovanili: «La pelota siempre al piso», la palla sempre rasoterra.
Il futuro di Napoleón
Dov’è che gli schemi di Gallardo possono trovare terreno fertile? La fredda Germania non gli si addice, così come l’uggiosa terra d’Albione. Sembra essere su misura per lui la Spagna, ma ha recentemente rifiutato Villareal e Siviglia; nel suo destino doveva esserci il Barcellona, ma l’arrivo di Xavi ha compromesso la trattativa. E la Serie A? Se è vero che (quasi) nessuno ci spera, ed è realmente difficile, tutto cambia se si pensa ad una squadra in particolare, il Napoli. Perfino Fabrizio Romano, ospite alla BoboTv, ha affermato che sarebbe magnifico questo binomio.
Ma perché tutto questo? Sarà perché c’è qualcosa che lega il Sudamerica al golfo, come se fosse riconosciuto si respiri la stessa aria: a volte leggera e spensierata altre pesante e viziata. Sarà perché il calcio ha concretamente unito i due popoli, attraverso la figura di Maradona e non solo; forse anche perché, come sosteneva Octavio Irineo Lozano, Premio Nobel per la Letteratura nel 1990, gli argentini non sono altro che italiani che parlano spagnolo. Insomma, un argentino a Napoli sembra essere pacifico ammettere non si trovi del tutto spaesato.
E se questo può rivelarsi sufficiente, non si può fare altro che sperare in un arrivo nella Città del Sole da parte di Marcelo Gallardo. Dovessimo provare a convincerlo, non verrebbero utilizzate parole diverse dalle seguenti…
Lettera a Marcelo Gallardo
Tu, Muñeco, che sei impermeabile al frastuono della modernità, proprio come questa città, che aspetti? Vieni qui e diventiamo realtà.
A Napoli il francese imbriglia la fantasia, pensa te che eresia.
Tu, che sei argentino, prendici per mano e cambia di questo campionato il destino.
Qui non c’è il mate ma, ti assicuro, tutte le scelte azzardate saranno perdonate.
L’arena di Fuorigrotta non sarà il Liberti, ma vedrai che ogni domenica se vuoi ti diverti.
Avanti, scegli il tuo dieci: Kvaratskhelia, Zielinski o Raspadori? Vedi un po’, sono loro i migliori.
Noi qui cantiamo, difendiamo e incoraggiamo, ora tocca a te: unisciti a noi e il tricolore riconquistiamo!