È arrivata l’”Onda Alta”: Milan-Napoli raccontata dalle canzoni di Sanremo
Milan-Napoli raccontato in salsa sanremese.
È la cronaca di una crisi aperta, che sembra non aver fine all’orizzonte. Il Napoli perde anche a Milano, e la sensazione è che, prima o poi, arrivi l’”Onda Alta” e sommerga ogni sogno di gloria, la speranza di salvare la stagione con un piazzamento Champions. Gli azzurri, in “Apnea”, sono a sette punti dal quarto posto occupato dall’Atalanta (42). E come se non bastasse hanno tra loro e l’accesso all’Europa dei grandi ben cinque squadre, è una rincorsa “Pazza”.
Nulla è impossibile, ma a guardare i numeri, “Sinceramente”, crederci è un atto di fede. “Fino a qui” dobbiamo registrare la quinta trasferta senza reti (solo tra il maggio e il dicembre 1979 si era stati capaci di fare peggio, 6 in quel caso); la sconfitta a Milano in Serie A che mancava da ben nove anni; e poi i numeri impietosi di Mazzarri. L’abbiamo difeso, si, ma “Non tutta la vita”.
Il toscano ha sette punti in meno rispetto al colpevole numero uno (euf. Garcia). Da quando il tecnico di San Vincenzo siede sulla panchina in campionato sono arrivate cinque sconfitte in undici partite. Se l’odiato Rudi aveva raccolto 21 punti nel parziale, Mazzarri ne ha presi 14 (in totale sette in meno). Il ruolino dice 4 vittorie (Atalanta, Cagliari, Salernitana e Verona), 5 sconfitte (Juventus, Inter, Roma, Torino, Milan) e 2 pareggi (Monza e Lazio). Sono risultati digeribili solo se De Laurentiis, alla cacciata del francese, invece che “Ricominciamo tutto”, avesse pronunciato: Walter… “finiscimi”.
In effetti, Mazzarri ce la sta mettendo tutta, è “Autodistruttivo”. Si è presentato a Milano con un 3-5-1-1 che anche Allegri non avrebbe riconosciuto. Fuori i giocatori più tecnici (pure Politano, forse il più in forma da inizio stagione) e tutti i nuovi acquisti (sia estivi che di riparazione). Poi come “Due Altalene” è tornato al 4-3-3 che non era nemmeno il 45esimo inserendo proprio Matteo: è il segno di una confusione totale. La verità è che si voleva tenere il pareggio per lungo tempo, o strappare un vantaggio cortomusista e trascinarlo, poi ci si è accorti che sarebbe stato impossibile e, allora, si è cambiato.
Almeno ha urlato “Vai!” a Zielinski – escluso dalla lista Champions – ma mandato in campo dal primo minuto. Il polacco è superiore a Cajuste e merita il campo L’assetto era superdifensivo, nessuno uomo d’assalto tranne Kvara e Simeone. Eppure aggressivo. I primi minuti sono stati d’appannaggio azzurro, coi rossoneri soppressi, sempre in inferiorità numerica in mezzo al campo. Al decimo Kvarabaggio ne fa una delle sue “Spettacolare”, salta due uomini e mette in mezzo: Simeone si divora un’occasione grande quanto il palco dell’Ariston. Un centravanti che si dica tale (uno come lui), deve metterla dentro. Si è appassito anche il Cholito.
Ma in certe occasioni, nelle sfide clou, “La rabbia non ti basta”. Gli azzurri dietro sono “FRAGILI” da inizio stagione. Riescono a prendere gol a difesa schierata: è come prendere uno schiaffo con le mani davanti al viso a guardia. Azione geometrica del Milan: triangolo Giroud, Theo, Leao. Il francese (terzino) si infila nel buco creato dall’altro francese (attaccante) e arrivato davanti a Gollini gliela mette alle spalle. Quattro movimenti e scacco. Un “Capolavoro” di scacchistica applicata al calcio.
Alla ripresa Mazzarri, sconfessa le scelte fatte all’inizio cambia modulo e uomini. Inizia con Politano per Ostigard, poi alla spicciolata inserirà Raspadori (per Simeone nel miglior momento della partita dell’argentino), Lindstrom, Olivera (ancora non capiamo perché), Ngonge (in zona Cesarini, era il 44esimo). A Traorè dice “Tu no”, chissà quando vedremo l’ex Sassuolo. Cambia qualcosa, si produce, s’impegna Maignan almeno una volta (zero i tiri in porta nel primo tempo). Ma “Tutto qui”. La vera occasione la crea Lindstrom, il cui cross è deviato da Simic sul palo (anche “Il cielo non ci vuole”). Per il resto “Noia”.
Si esce da San Siro con un altro “CLICK BOOM!” al petto. Al momento parlare di futuro è impossibile. Lo diciamo da tanto, si sopravvive. E a guerra finita, si farà il conto dei danni, per ripartire. La strada del Napoli si separerà da quella di Mazzarri, “I’p’ me, Tu p’te”, e sarà giusto. Perché non ce ne voglia nessuno, né Walter, né il Presidente, né i tifosi, ma questo non è un allenatore da Napoli, non è più un allenatore di livello e lo dicono i numeri delle sue ultime esperienze.