Muscoli, tecnica e “testa”: non solo Sinner
Negli sport individuali il risultato positivo di una gara è merito per circa il 60% del cervello. Allenare la mente è possibile.

Sinner-Coric, torneo di Montecarlo: la partita aggiunge poco alla valutazione del progetto di Jannik, che punta a lasciarsi alle spalle la nona, già prestigiosa posizione nel ranking mondiale del tennis, conquistata con una veloce scalata. Il ragazzo ha talento e alle spalle un team di prim’ordine. Ha carattere, qualità decisiva, che sfiora il cinismo vincente del dominatore, l’autostima, spesso decisiva nei momenti di defaillance che altrimenti porterebbero alla resa.
Ieri sera Jannik, sostenuto dal tifo non solo dei connazionali (per empatia generale, probabilmente suscitata dalla sua aria di bravo ragazzo), ha chiuso il primo set della sfida al croato Coric senza rischiare nulla. Superiorità netta. Il secondo step della partita? Un mezzo calvario del ventunenne altoatesino. Quasi da principiante i punti regalati a ripetizione e il sospetto: deve star male, vittima di un infortunio, forse soffre per la vescica del piede, che di recente lo ha costretto al ritiro. Interviene il fisioterapista. No, il piede non c’entra, dolori addominali. Coric ne ha approfittato e ha chiuso il secondo set con un eloquente 6 a 2. Massaggi, terzo e decisivo set. Liberato dal problema muscolare, Jannik torna a dominare e chiude la sfida con un perentorio 6 a 3.
E che racconto è? Infatti, sarebbe un’inutile occupazione di spazio. Non lo è se indagato per confermare che campioni si diventa anche, soprattutto, allenando la mente. Negli sport individuali il risultato positivo di una gara è merito per circa il 60% del cervello. Allenare la mente è possibile. Come? Il primo passo è la definizione degli obiettivi da ottenere nel breve, medio e lungo periodo. Autostima (valutazione del sè nel confronto degli altri), autoefficacia (percezione dei propri punti di forza, e capacità di attivarli al momento opportuno). Importante è il linguaggio, ovvero il dialogo positivo dell’atleta con sé stesso. Non meno il lavoro specifico sulla concentrazione (numero uno mondiale di quest’arma fondamentale è sicuramente Djokovic): serve a smantellare la paura di vincere, o l’opposto, di perdere, l’ansia che precede la gara sotto pressione, a gestire l’aggressività impulsiva. Di qui l’importanza del miglior rapporto con il mental coach. L’opposto? L’insana, controproducente ingerenza di genitori fanatici sull’evoluzione razionale dei giovani talenti, la fretta nel pretendere risultati senza averli preparati atleticamente e mentalmente nei tempi giusti, con l’assistenza di tecnici qualificati, l’ipoteca degli sponsor sulla stabilità dei giovani atleti quando sono poco più che promettenti.
Per anni il tennis italiano ha guardato stupefatto il fior fiore di nuovi protagonisti di scuola americana ‘sfornati’ dalla Bollettieri Tennis Academy, scuola di questo sport più famosa del mondo. I nostri ragazzi, arrivati alla soglia della competitività internazionale, si ‘perdevano’, per evidente deficit di preparazione, soprattutto mentale. La vittoria di ieri sera di Sinner racconta la sua progressiva evoluzione, la forza mentale che gli consente di contrastare momenti difficili (ieri sera i dolori addominali). Non è il solo emergente. Berrettini, Sonego, Musetti molti altri ragazzi italiani non sono fenomeni per grazia ricevuta, il loro emergere segnala che l’Italia, dopo anni di errori e ritardi, è sulla buona strada, come gli Usa, la Spagna, i Paesi dell’Europa orientale.