Il gigante Maignan ed il timido Meret, Milan-Napoli l’hanno decisa (anche) loro
Gli interventi di Mike Maignan e le insicurezze di Alex Meret spiegano la differenza tra un grande portiere ed un buon portiere.
©️ “MILAN-NAPOLI” – FOTO MOSCA
La serata di San Siro è stata una di quelle che rimarrà nella storia del calcio Napoli. La prima volta ad un quarto di finale di Champions League non si può dimenticare. Certo, non è andata sicuramente come sperato, ma il margine di vantaggio risicato lascia ancora ogni discorso aperto per il ritorno al Diego Armando Maradona. Al di là dell’arbitraggio più che rivedibile, soprattutto per una scellerata gestione dei cartellini, il bicchiere ha motivo di essere visto mezzo pieno. Perché si è rivisto un Napoli dominante fisicamente e calcisticamente dopo alcune giornate opache che avevano già ribaltato i pronostici sulla favorita. Perché le occasioni non sono mancate e con maggiore concretezza ne sarebbe potuto uscire un risultato diverso. Tenendo anche conto di un attacco inventato, spuntato, che tra appena 6 giorni verrà rinvigorito dal rientro in campo di Osimhen.
Tra le riflessioni a freddo, uno spazio lo meritano le prestazioni dei portieri: da una parte il gigantesco Mike Maignan e dall’altra il timido Alex Meret. Nel marasma delle ammonizioni date e non date, delle squalifiche e delle occasioni sciupate, la differenza l’ha fatta anche il valore dei due numeri 1. Il primo conclude la serata con un clean sheet e 6 interventi riusciti; il secondo, invece, incassa la rete di Bennacer e sporca i guantoni solamente al 90′, bloccando la conclusione tagliente ma centrale di Rafael Leao.
La partita di Maignan
Maignan è manna dal cielo per il Milan, non solo per i 90 minuti di ieri ma anche per lo svolgimento di questa e della passata stagione. Merita senza molte titubanze di essere inserito nell’attuale élite dei più forti portieri al mondo, e lo conferma prestazione dopo prestazione. Pronti via, e pur senza intervenire si trova già impegnato dopo una manciata di secondi, quando la rasoiata di Anguissa attraversa l’area prima di giungere sui piedi di un caritatevole Kvaratskhelia. La palla gli sfila davanti senza che né lui, né Kjaer, né Zielinski la tocchino, ma il francese era già lì, aggressivo, al limite dell’area piccola a chiudere lo specchio. Due minuti dopo, alza sulla traversa la conclusione di Anguissa, e al 10′, invece, vola per opporsi al sinistro potente di Zielinski.
Nella ripresa si scalda i guantoni allungandosi sulla palombella tracciata dal colpo di testa di Elmas, ma la parata del match la fa all’87’ sul tiro ravvicinato di Di Lorenzo. Quando il terzino del Napoli riceve palla da Politano al centro dell’area di rigore, Maignan è già un metro oltre alla linea di porta. Il suo intervento comincia ancora prima che la sfera parta, trovando la posizione che gli consente di occupare quanto più spazio possibile. Il francese è già accovacciato, ginocchia flesse, pronto al balzo. Gli 0,5 secondi che separano l’impatto di Di Lorenzo dalla sua deviazione vanno riempiti di puro istinto: si lascia andare sul lato sinistro, si estende in tutta la sua lunghezza e graffia con le unghie il pallone indirizzato poco sotto l’incrocio dei pali.
Una parata che fa sospirare San Siro, che blinda un successo che potrebbe essere una mezza ipoteca sul passaggio del turno dei rossoneri e sull’eliminazione del Napoli. Una mano che traccia il limite tra una vittoria ed un pareggio.
La partita di Meret
La prestazione della controparte partenopea è invece agli antipodi, perché nel corso dei 100 minuti complessivi Meret non viene quasi mai sollecitato. La partita l’ha fatta il Napoli, mentre il Milan si è limitato a contenere e ripartire. Un canovaccio tipico e pronosticabile. Alla fine i rossoneri collezionano tre grandi occasioni nella serata di San Siro, tutte e tre nel primo tempo. La scintilla la accende la fiammata di Rafael Leao, che, al 26’, taglia il campo in verticale e dopo 60 metri di corsa non trova l’angolino col diagonale mancino.
Da lì i rossoneri pendono coraggio e dopo una prima mezz’ora tinta d’azzurro cominciano a cercare qualche spunto interessante. Come quello di Brahim Diaz, che slalomeggia tra Lobotka e Mario Rui ed apre il campo alla mortifera ripartenza che porta al gol di Bennacer. Sulla conclusione dell’algerino Meret non può fare molto di più di quello che ha fatto, ovvero distendere la gamba e provare e controbattere il tiro. Avrebbe potuto fare di più se invece non fosse caduto nel solito vizio di fabbrica e avesse adottato la tattica del collega rossonero: stare qualche passo in avanti piuttosto che piantarsi con i piedi sulla linea. Il ribaltamento di fronte è rapido, è vero, ma il tempo per leggere meglio la palla di Leao che attraversa l’area da parte a parte ci sarebbe stato. Anche il piazzamento non sembra proprio impeccabile. Nello scorrimento da sinistra a destra, Meret si ferma probabilmente con un passo d’anticipo, lasciando spazio proprio sul lato bucato da Bennacer. Piccoli dettagli che avrebbero potuto raccontare una partita diversa.
Gli stessi che si evidenziano d’altronde qualche minuto dopo, sul calcio d’angolo che porta alla traversa di Kjaer. In battuta c’è ancora Bennacer, mancino, che calcerà quindi con una traiettoria ad uscire. In linea teorica, questo dovrebbe consigliare ai portieri di fare qualche passo in avanti, essendo scongiurato il rischio di incassare un cosiddetto “gol olimpico”. Ed invece, Meret è ancora lì, nella sua comfort zone, piazzato sulla sua linea di porta, impaurito da ciò che potrebbe trovare oltre, terrorizzato dall’imprevedibilità dell’ignoto.
Dettagli che fanno la differenza
Una somma di tanti piccoli dettagli che spiega perché il friulano sia ancora in discussione dopo 5 anni in azzurro, nonostante sia il portiere meno battuto della Serie A e nonostante si avvii ad essere il portiere del terzo scudetto. Sulle doti tecniche non c’è molto da discutere; anzi, Meret è stato decisivo in diverse situazioni quest’anno con interventi che dimostrano le sue capacità. Ma a queste vanno affiancate anche valutazioni di altro tipo. Caratteriali, ad esempio. Perché le insicurezze dell’Alex uomo gli si leggono in faccia, e sono in ogni suo passo tra i pali, in ogni uscita smorzata, in ogni suo gesto a metà tra il compiuto e l’incompiuto.
Diceva Dino Zoff che il portiere impregna di personalità tutta la squadra. Se quella di Mike Maignan è dirompente e contagiosa, quella di Alex Meret è anonima ed insipida; se uno è presenza, l’altro è assenza; se il primo è follia, il secondo è prudenza. Si tratta di saper trascinare ed infondere coraggio, entusiasmo, sicurezza, intraprendenza. Il risultato di questo Milan-Napoli è anche nelle differenze tra Maignan e Meret, un grande portiere ed un buon portiere.