Nicolás Navarro, il primo portiere straniero azzurro
L'ex portiere azzurro appende i guantoni al chiodo. Si ritira a 36 anni l'estremo difensore che arrivò a Napoli nel lontano 2008.
Ho letto da qualche parte che Nicolás Navarro ha deciso a 36 anni di appendere i guantoni al chiodo. Non guantoni da boxe, anche se il portiere argentino ha affrontato la sua carriera come se si trovasse perennemente al centro del ring, piuttosto che in un’area di rigore. Verrà ricordato a Napoli? Io credo di sì.
Se non altro perché è stato il primo portiere straniero della storia dei partenopei in Serie A. Sì, poi ne sono arrivati altri, alcuni di sicuro più bravi di Navarro, ma lui, a modo suo, ha lasciato il segno. Nel bene, con alcuni interventi importanti, nel male, con qualche gesto tecnico maldestro, e persino nel gossip, filmato con l’inseparabile amico Lavezzi in sella a uno scooter in piazza del Plebiscito, rigorosamente senza casco.
E’ spesso il destino dei numeri uno, personaggi dispari, in ostaggio della loro stessa solitudine nell’affrontare le avversità. Il Napoli vanta un’invidiabile carrellata di ottimi guardiani del fortino, penso al Dino Zoff della prima ora, piuttosto che al giaguaro Castellini, senza dimenticare i portieri del doppio scudetto di Diego, Garella e Giuliani.
L’aretino era regolare e poco loquace, Garella invece parava con interventi spesso strambi, opponendo gambe, piedi e ventre. A volte diventava davvero insuperabile. Oggi vive nel Canavese, fa un po’ da scout per il Torino, ma soprattutto, a tavola, ricorda sempre con piacere l’anno dello storico scudetto al Napoli. Un giorno mi raccontò che l’ambiente era surreale, che si tastava con mano un entusiasmo in città che aveva risvolti di pura magia. Fu il miracolo di Diego e di un gruppo di soldatini valorosi che per il “Pelusa” erano disposti a dare in campo persino la loro stessa vita. Tempi di un calcio irripetibile, al di là di qualsiasi forma di retorica.
Torniamo a Navarro. Ha lasciato lo scorso luglio, dopo otto partite con l’Arsenal di Sarandì, squadra ai confini dell’impero argentino. Aveva iniziato nell’Argentinos Junior, come Diego, arrivò a Napoli nel gennaio 2008, trovando la maglia da titolare anche per la contemporanea assenza di Iezzo e Gianello. A Reja e Donadoni piaceva sì e no. Su Navarro pesò una condotta di vita notturna non proprio da atleta e fu la ragione del prestito al River Plate e alla successiva rescissioni del contratto nel luglio 2010 (dopo 22 presenze).
Da quel momento il portiere argentino ha alternato esperienze in patria e nel campionato messicano, con una puntatina in Turchia. La nazionale l’ha conosciuta solo a livello giovanile, vincendo da spettatore un Mondiale Under 20 e un’Olimpiade. Nel 2008 a Pechino salì sul gradino più alto del podio in compagnia di Messi, Mascherano, Aguero, Lavezzi e Riquelme.
Arrivò in Cina di corsa per sostituire l’infortunato Ustari come riserva di Romero. Al termine del torneo a cinque cerchi scelse di non trattenere la medaglia. “Mi sentivo più un turista che un protagonista del trionfo. Così decisi di darla a Ustari, lui l’aveva guadagnata sul campo”.
Adesso Navarro pensa a cosa fare da grande. L’allenatore? Difficile imporre disciplina a uno che non l’ha mai inserita nel suo vocabolario personale. Forse diventerà agente di calciatori, sperando di mettere le mani su qualche talento del futuro. Un talento che abbia il suo cuore, ma non certo la sua testa.