È un Napoli da triplete

Contro l'Ajax al Maradona, un'altra esibizione del Napoli, fatto per restare e forse per fare la storia. Sugli azzurri solo il cielo.

Articolo di carloiacono13/10/2022

© “NAPOLI” – FOTO MOSCA

In campo per dominare, o essere dominati, non sembrerebbe breve il passo. Come il passaggio in tv di Schreuder, dal “non sono un granché” di Amsterdam, a “la squadra più forte che abbia mai affrontato”. Fa cambiare idee questo Napoli, ricredersi, agli avversari, al calcio italiano, all’Europa che guarda. Lo fa costringendo a pesare le sue prestazioni col pallottoliere, i record che si fan briciole, il circo e la fame.

È stata un’altra serata di godimento al Maradona. Se in Olanda fu una lezione, a Fuorigrotta è stato uno sfoggio, pura esibizione, dimostrazione dei prodotti migliori. È vissuta poco la partita, come una farfalla. Il tempo di ribadire che non sarebbe stata notte di rivalse. Lozano, in versione bambola assassina, ha portato a spasso per il campo Bassey, uno-due con Zielinski al limite, che l’ha spedito in area con un’assist in formato carezza, e cucchiaio di testa del messicano. Uno a zero, al quarto minuto. Si sono aperte le danze, anzi chiuse quelle oranje.

Ci han provato pure, i malcapitati lancieri, a reagire, nel ricordo del profeta. Giravano i piedi di Bergwijn e Berghuis, ma meno veloci dei ventidue azzurri. Di una catena sinistra – Olivera, Kvaratskhelia – che produce meraviglia come Willy Wonka. Il georgiano è cioccolata, crea piacere ed endorfine, mal di pancia a chi deve marcarlo. Da un suo dialogo con Zielinski (ancora tu!) al quarto d’ora, nasce la rete di Raspadori “sette bellezze” pescato in area e lucido a liberarsi dell’uomo, prima, e di Pasveer, poi, con un tiro missile telecomandato da Elon Musk.

Era il minuto 16’ e restava un unico interrogativo: quanti ne faranno questa volta? Se lo chiedeva anche l’Ajax, incapace di passar la metà campo. Gli andava male sia con le buone che con le brutte. Infilato sia alto che basso. “Non posso né scendere, né salire, né scendere, né salire” avrebbe urlato Aldo Baglio con indosso una maglia bianco-rossa, dorata per l’occasione. Girava come un LP che non gracchia il centrocampo azzurro, suonava dj Robotka con Anguissa buttafuori. Il solo e povero Bergwijn credeva fosse “tutto possibile”, ma a Napoli lo è solo a Rai 2 con Stefano.

Portavano la nave in porto gli azzurri alla ripresa, con tanto d’inchino, perché ci sono ancora tante terre da conquistare. Ma alla ripresa reclamava il bacio della buonanotte l’Ajax, accorciando le distanze con Klaassen di testa, bravo ad approfittare di una siesta di Olivera. E, allora, si è attrezzato per la favoletta Spalletti, rimpiazzando l’acciaccato Anguissa con Ndombele e Jack con Osimhen. Ci ha pensato il nigeriano ad imbastire gli arrembaggi della resa. A mettere tra le braccia di Kvaratskhelia con estrema onestà e maturità il pallone del rigore conquistato dall’ex Tottenham per mani di Timber (3-1), a litigare col fuorigioco, a spegnere le pretese di Bergwijn (a segno anche lui su rigore, 3-2), rubando una palla a Blind con la cattiveria di chi vuole conquistare il mondo (4-2).

Un mondo che passa dalla sicurezza degli ottavi, dalla sensazione di essere “ingiocabili” e dai numeri. Per la prima volta il Napoli si è qualificato agli ottavi di finale con due giornate di anticipo, e l’ha fatto segnando 17 gol in questa Champions, stabilendo il record di marcature per un club italiano in una singola fase a gironi nella competizione. Sembra esserci solo il cielo sopra questa squadra. Gioco, risultati, divertimento, unione. Sembra un sogno, ma è tutto vero. Sembra un sogno dire “triplete”, ma perché no? In giro forse solo il City è all’altezza e a sua altezza Pep spesso capita di perdersi sul finale, cosa che non appartiene a questi azzurri, fatti per restare.