Il tackle nel deserto: la Croazia di Dalic, campione del mondo della solidarietà
Dopo la finale persa in Russia, contro la Francia, Zlatko Dalic vuole provare a riscrivere la storia con la Croazia. Ma forse, in fin dei conti, la sua coppa l'ha già vinta.
©️ “CROAZIA” – FOTO MOSCA
Dopo la sconfitta in finale con la Francia ai Mondiali del 2018, Zlatko Dalic, tecnico della Croazia, disse ai cronisti di Zagabria: “Abbiamo perso una grande occasione, ma in Qatar torneremo a essere come minimo tra le prime quattro al mondo”. Era fiducioso Dalic, quasi stesse leggendo la sfera di cristallo. Dalic non è un mago, ma un ottimo allenatore. Si ispira a Miroslav Blazevic, il ct della Croazia terza ai Mondiali del 1998, è stato suo allievo e anche assistente in passato.
Il 2 a 4 con la Francia ha generato un fisiologico cambio epocale, che si è prodotto con gli addii di Mandzukic, Rakitic e Strinic. Non ha però dovuto ricostruire la squadra da zero, ma sperimentare sì, inserendo, con successo, qualche giovane che da lì a poco sarebbe esploso, come Josko Gvardiol, di sicuro il miglior difensore apprezzato in Qatar. Deve fare i conti con la penuria di attaccanti, perché se avesse un Davor Suker sarebbe già sul tetto del mondo. Ha ritrovato in Livakovic (che a giorni potrebbe essere del Bayern), quell’abilità che apparteneva quattro anni fa a Subasic, altro calciatore rottamato per questioni anagrafiche.
Una carta d’identità che invece non crea problemi a Luka Modrid, il miglior centrocampista di questa Coppa del Mondo per qualità e quantità. Dalic si è più volte sentito al telefono con Ancelotti per la gestione del numero 10. Il tecnico del Real Madrid, dosandolo in parecchie occasioni, gli ha allungato la carriera. Modric sembrava aver dato il meglio di se in Russia, ma ci sbagliavamo. Illumina ancora il gioco croato, così come quello merengues, e in Qatar forse non è ancora arrivato all’apice delle sue potenzialità.
Torniamo però a Dalic, calciatore discreto, tecnico che ha speso buona parte della carriera nei Paese arabi (e in Qatar si sente quindi un po’ a casa), ma soprattutto, e questo lo sanno in pochi, un uomo dal cuore d’oro. La Federcalcio di Zagabria gli versa uno stipendio di 1,5 milioni di euro l’anno. Parte di quei soldi, in gran silenzio, finiscono ad associazioni croate che si occupano di bambini disabili. La Coppa del Mondo, della solidarietà, lui l’ha già vinta.