«Mani-comi» aperti, socchiusi o chiusi? Alzi la «mano» chi ci capisce qualcosa

Il punto di Roberto Beccantini sui diversi episodi del VAR, fra cui il tocco di mani di Tammy Abraham, in occasione di Milan-Roma di Europa League

Pioli, conteFOTO MOSCA
Articolo di Roberto Beccantini15/04/2024

La casta protesta di Stefano Pioli contro gli occhi chiusi e il braccino largo di Tammy Abraham in Milan-Roma 0-1 di Europa League, giovedì 11 aprile, mi ha strappato un sorriso. Reclamava il rigore, ignaro della campagna avviata dai liberisti, a suon di moviole, per abolire i mani-comi. Non più spalancati come all’epoca del designatore Nicola Rizzoli, non ancora chiusi. All’italiana: socchiusi.

Correva, il pensiero, ad Arsenal-Bayern 2-2 di martedì 9 aprile. Partita agitata dall’atto di una volontarietà impossibile da immaginare. Nel dettaglio: 22’ del secondo tempo, rimessa dal fondo per i «gunners»; Glenn Nyberg, svedese, fa segno di procedere. David Raya, il portiere, la tocca a Gabriel che a pochi metri, invece di smistarla, la blocca con le mani, letteralmente. Se la sistema e la ri-gioca.

L’arbitro non dice beo, non indica nulla: tanto meno il dischetto. Eppure è tutto chiaro. Si giustificherà affermando che non poteva punire con la massima delle pene una «sciocchezzuola da bambini».
Tedeschi basiti, Thomas Tuchel furibondo. Una vicenda del genere successe anche da noi. Era il 6 marzo 2022, Bologna-Torino 0-0. Rinvio dal fondo per i rossoblù, al 27’ del primo tempo. Lukasz Skorupski la rimette di piede a Gary Medel che, come Gabriel, la «para» sul gesso dell’area piccola e la restituisce al polacco.

L’arbitro è Luca Massimi di Termoli. Stava parlando con qualcuno e per questo, probabilmente, non vide. Il Var avrebbe dovuto richiamarlo all’ordine. Come non detto.
Allenatore del Bologna era il grande e compianto Sinisa Mihajlovic. Commentò così: «L’arbitro ha diretto male ma ci ha fatto un regalo: tariffario alla mano (sic), era chiaramente rigore». Ivan Juric, fumantino tecnico del Toro, replicò cosà: «Sì, era rigore. Loro hanno fatto una stupidata e dovevano pagarla. Persino il quarto uomo è venuto da me: “ma un rigore così non te lo prendi?”. Certo che me lo prendo, ma se ce l’avessero fischiato».

Turbamento generale. Mozioni di sdegno. Plotoni di esecuzione. Edicole in piazza. Sono passati due anni e il destino torna a buttarci giù dalla torre. Tutto si potrà dire, dei protagonisti arbitrali e arbitrari, tranne che non ci sia stata coerenza di giudizio. Dall’Uefa, sul suo sito e nei suoi bollettini, nessun cenno al pasticciaccio brutto dell’Emirates Stadium. Strano. E un po’ vigliacco.

Le autorità competenti si sono divise. Per gli inglesi, lo «sceriffo» ha reso onore allo spirito dei padri fondatori, scelta che non può mai essere censurata. Dalla Baviera, in compenso, tuoni e fulmini: spirito un tubo, ‘sti bastardi hanno calpestato il regolamento. Come si dice in gergo: un bel bordello.
Nei panni di Pierluigi Collina (Fifa) e Roberto Rosetti (Uefa) sarei uscito dal guscio e avrei spiegato. Ecco perché le lamentele di Pioli non possono non suggerire pudiche riflessioni.

In un mondo di «rigorini», in un calcio aperto alla infallibilità per somma di fallibilità interpretative, tra braccio largo ma distanza ravvicinata e distanza ravvicinata ma braccio largo, in un regime che punisce le posizioni «contro natura», tese a dilatare il volume del corpo, le parate di Medel e Gabriel sollevano dubbi indecenti o, al vostro buon cuore, scrupoli infantili.
Rimane lo «zero su due». Incarna e fissa un confine. Basterà ricordarlo ogni volta che, con qualsiasi fede o fedina in valigia, attraverseremo la dogana di simili episodi.

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