Che fine hanno fatto gli undici del Napoli 2009/10?

Questa particolare annata è influenzata da eventi determinanti nella costruzione di quello che sarebbe stato poi il Napoli in formato Europa.

Articolo di Gianmarco D'Antonio15/12/2022

©️ “DONADONI” – FOTO MOSCA

Questa particolare annata è influenzata da eventi che hanno creato un effetto domino nella costruzione, di quello che sarebbe stato poi il Napoli in formato Europa.

Si deve cominciare ad analizzare dall’inizio della stagione precedente, cioè l’anno 2008/09, poiché la formazione che era stata allenata da Edy Reja che aveva disputato l’ultimo anno di Intertoto. Una manifestazione che avrebbe portato gli azzurri, a causa di un ritiro molto anticipato, a disputare un campionato lunghissimo, arrivando a marzo senza energie e con pochissime idee.

Ne conseguì un esonero del tecnico goriziano per i pochi risultati raggiunti e andando verso il termine della stagione, subentrò Roberto Donadoni.

L’ex Milan, oltre ad aver dimostrato soprattutto con il Livorno, nuove idee e avendo avuto anche una chance come allenatore della Nazionale Italiana, poteva sfruttare la sua immagine internazionale, con voglia di riscatto in una piazza che bramava di diventare grande.

L’idea era dare la formazione azzurra subito in mano al nuovo tecnico, in modo tale da fargli avere una strategia di mercato e tecnica piuttosto chiara.

Il Napoli galleggiava a centro classifica, senza troppe pretese, e si chiuse con uno score di 7 punti in altrettante gare. Questo aveva fatto storcere non poco il naso alla dirigenza azzurra, aspettando con ansia di vedere nella stagione seguente un cambio di rotta.

Gli investimenti furono importanti, ma i partenopei stentavano a dimostrare il loro valore, e comportò una presa di posizione da parte della presidenza: furono fatti fuori tutti!

Marino, Donadoni, Bortolazzi, sostituiti rispettivamente da Bigon, Mazzarri e Frustalupi.

Il trend cambiò subito, il Napoli fu imbattuto per 17 gare, la grinta e l’entusiasmo portati dal nuovo allenatore diedero un nuovo slancio. Tifoseria, calciatori e persino gli addetti ai lavori furono trascinati. Riuscì in una cavalcata storica, arrivando sesto in campionato, a pochi punti dalla Champions, ma conseguendo ad ogni mondo un piazzamento europeo.

La rosa era molto ampia, dai nuovi innesti argentini come Datolo e Denis, all’inserimento di giovani talenti (che avrebbero poi fatto la storia del Napoli l) come Insigne.

Le garanzie di De Sanctis, Aronica, Zuniga e, soprattutto, un Quagliarella fenomenale.

Questo permetteva, oltre la vastità della scelta, di poter avere sempre in campo una rosa riposata, pronta, con tutti gli effettivi a sentirsi “titolarissimi” e potendo dare il meglio.

Gli undici di partenza erano:

  • Morgan De Sanctis; arrivato dal Siviglia e terzo portiere della nazionale, aveva il compito principalmente di parare, ma anche di portare esperienza e carisma. Oggi è il direttore sportivo della Salernitana.
  • – Hugo Campagnaro; granitico difensore dai piedi educatissimi. Attualmente allenatore del Pescara.
  • Paolo Cannavaro; fratello d’arte, capitano azzurro, simbolo della rinascita, dalla Serie B alla Champions. È vice allenatore del fratello a Benevento.
  • Matteo Contini; uno dei pochi difensori con più rossi che gialli in carriera. Ottenuto il patentino da allenatore ha iniziato la sua carriera con la Pergolettese, esonerato nel 2020, è stato subito ingaggiato dalla Giana Erminio in Serie D, dove milita tutt’ora.
  • Christian Maggio; il Superbike azzurro, velocissimo e fortissimo nelle diagonali difensive, non riusciva a mettere un cross pulito. Amatissimo in fase di realizzazione per le sue doti aeree. Ritiratosi quest anno dopo l’ultima esperienza con il suo Vicenza, studia per diventare direttore sportivo.
  • Walter Gargano; diga azzurra, negli anni l’hanno provato spesso come regista, ma con scarsi risultati. In quell’anno fu provato, finalmente, come interdittore e mostrò tutte le sue capacità. Gioca ancora nel Penarol anche se con pochissime presenze ed è vicino al ritiro.
  • Luca Cigarini; piede caldo ma poca copertura, amatissimo da Donadoni, meno da Mazzarri, divenne la freccia in più nella faretra dei cambi. A 36 anni suonati è ancora il faro della Reggiana in Lega Pro.
  • Jesus Datolo; preso per fare il trequartista si rese autore di una buona annata, spesso da subentrante. Autore della grande rimonta a Torino contro la Juventus, riuscendo ad espugnare con un goal e due assist lo stadio bianconero. Poche apparizioni positive, l’hanno, però, relegato spesso in panchina. Oggi a 38 anni dice ancora la sua in primera Liga Argentina, essendo tutt’ora il trequartista titolare del Banfield.
  • Marek Hamsik; non ci sono parole per lui, una vita nel Napoli, centrocampista dal rendimento, sia realizzativo che qualitativo altissimo! Ad oggi gioca nel Trabzonspor, ma avvicinandosi il ritiro si spero possa tornare, come dirigente, nella sua vera casa: Napoli.
  • Ezequiel “el Pocho” Lavezzi; idolo delle tifoserie, faceva della generosità e del dribbling le sue armi migliori. Argentino e scugnizzo non poteva non essere tra i più amati della storia. Attualmente commentatore per le partite di Champions, quando torna nel suo stadio, ancora gli dedicano cori le tifoserie.
  • Fabio Quagliarella; parentesi sfortunata, autore di goal pregevoli, ed un amore viscerale per la sua patria, è stato costretto ad andare via per problemi legati all’ambiente esterno. La cessione alla Juve non gliel’hanno mai perdonata, ma il rammarico più grosso era su quello che sarebbe potuto essere a Napoli. Gioca ancora nella Sampdoria, 39 anni e non li sente.