Le Olimpiadi invernali al passo coi tempi
I Giochi olimpici invernali sono il segno dei tempi: la quantità conta più della qualità. Lo indica il numero di gare, mai così alto: 109.
I Giochi olimpici invernali, che si chiudono domenica 20 febbraio, sono il segno dei tempi: la quantità conta più della qualità. Lo indica il numero di gare, mai così alto: 109. Non è il caso di fare paragoni fuori luogo e fuori tempo con il passato remoto e ricordare che le prove della prima edizione dei Giochi invernali (Chamonix 1924) erano state 14. Un esempio: lo sci alpino, disciplina regina delle edizioni attuali, era entrato in calendario soltanto nel 1936 e con appena due titoli (nella combinata): lo slalom speciale sarebbe apparso nel 1952, mentre quattro anni prima erano in calendario soltanto discesa libera e gigante.
Cinquant’anni fa, nell’edizione di Sapporo, in Giappone, i 1.232 atleti/e si erano battuti/e in 35 gare di dieci discipline. Nel 1992, ad Albertville, in Francia, le gare erano diventate 57, gli sport 12 e gli atleti presenti 1.798. Vent’anni fa, nella controversa edizione statunitense di Salt Lake City, le gare erano salite a 78, le discipline a 15 e il numero degli atleti e delle atlete aveva toccato quota 2.389. L’escalation di titoli non si è più arrestata: le 84 competizioni di Torino 2006 sono diventate 86 nel 2010, a Vancouver, 98 nel 2014 a Sochi e in Corea del Sud, a Pyeongchang, nel 2018 è stata frantumatala quota 100, con medaglie assegnate in 102 gare, per quindici sport e 2.920 atleti/e, record assoluto visto che in Cina quest’anno gli iscritti sono stati 2.871.
Questa proliferazione di medaglie ha più di una giustificazione, perché anche gli sport invernali hanno voluto rimanere al passo con i tempi. È stato giustissimo dare ampio spazio alle donne e inserire nuove discipline, a cominciare da freestyle e snowboard, sport molto praticati sulle piste di tutto il mondo, soprattutto dai giovani e ammessi ai Giochi il primo nel 1992, il secondo nel 1998. È entrato nel programma lo short track, disciplina seguitissima nel Nord America e olimpica a pieno titolo dal 1992, dopo essere stato sport dimostrativo quattro anni prima a Calgary. Il curling, presente nel programma di Chamonix 1924, ha fatto molta fatica a essere riammesso dal Comitato olimpico internazionale: sport dimostrativo nel 1988 e 1992, sparito dall’edizione forse più affascinate del dopoguerra (Lillehammer 1994), ha superato l’esame di maturità nel 1998 a Nagano. Dal 2002, le discipline del programma sono 15, ma all’interno di questo schema si è assistito a una specie di moltiplicazione dei pani e dei pesci, con una frammentazione e un aumento delle gare non sempre in linea con la solennità che dovrebbe caratterizzare un’Olimpiade.
Alcuni esempi: il freestyle, che nel 1992 assegnava due titoli, ora consegna medaglie in 13 gare. Il biathlon è passato dai sei del 1992 a 11 (dal 2014); il pattinaggio di velocità dal 2018 mette in palio 14 medaglie contro le 10 del 1992. Lo short track è passato da 4 a 9 titoli, lo snowboard dai 4 del 1998 agli 11 di Pechino. Ma forse è sbagliato stupirsi: se la Fifa, la Federcalcio mondiale, insiste per una coppa ogni due anni, nonostante una solida maggioranza di pareri contrari, pensare che sia l’Olimpiade a cercare di ridimensionarsi sarebbe una pretesa anacronistica. Questo è lo sport moderno.