Hanno rotto il giocattolo
De Laurentiis ha vissuto la vittoria dello scudetto come un’investitura regia e ha peccato di presunzione. Ora anche Rudi Garcia ci sta mettendo del suo. Il giocattolo è rotto.
©️ “DE LAURENTIIS-RUDI GARCIA” – FOTO MOSCA
Hanno rotto il giocattolo. Badare bene, non “lo stanno rompendo”, perché questo è quanto ne ricaviamo guardando i campioni d’Italia in affanno – e siamo buoni – sul campo di una neopromossa.
Il Napoli di Marassi è stato imbarazzante, tanto quanto e in misura maggiore di quello che avevamo visto nel secondo tempo contro la Lazio. Dall’essere i globetrotter del Belpaese – con orde di tifosi in giubilo al seguito – a correre dietro degli avversari di Serie B (e non ce ne voglia l’ottimo Gilardino che di strada ne farà) il passo è stato troppo breve. La criticità si solleva dal fatto che non sia stato falso. Il pareggio, rocambolesco a suo modo, di Genova non è stato un incidente di percorso, un arresto dovuto alla coda dell’estate, all’assimilazione di metodi di lavoro o alla conoscenza delle coniugazioni. E non cadiamo nella trappola che basta, o basterebbe ancora, un Kim per fare primavera.
Il punticino sgualcito strappato al Marassi è frutto di una programmazione precisa, o meglio di una non programmazione che è diventata tale. Hanno rotto il giocattolo, lo ha fatto il Presidente in primis, Garcia poi e ancora, forse, i giocatori e gli stessi tifosi. De Laurentiis ha vissuto la vittoria dello scudetto come un’investitura regia, si è sentito Carlo Magno, o meglio Re Mida. Ha affrontato gli addii dell’estate nella convinzione che tutti sono utili e nessun indispensabile – tranne lui. E ancora l’ha fatto con la presunzione di poter controllare anche il tempo, di esserne padrone.
Andavano via Giuntoli, Spalletti e Kim e non albergava il pensiero di riconoscere quanto valore avessero avuto sul raggiungimento del tricolore, quanto ne sarebbe mancato e dove andarlo a reperire. Quella necessità non era avvertita come tale da chi dà valore solo a sé stesso. Dunque è chi lascia che non lo riconosce e chi lascia che deve lasciare qualcosa. Il DS è liberato dal contratto nell’ultimo giorno disponibile, per pura ripicca, se il mercato resterà in stasi sino ad allora poco importa, così come il suo successore.
Il tecnico dei miracoli viene liquidato come un tecnico che ha riparato la caldaia, arrivederci e grazie. Il coreano venduto al miglior offerente. Passano giorni e mesi, la nuova stagione si avvicina, al Napoli manca chi fa mercato, chi allena e chi difende per bene. De Laurentiis aspetta, non c’è fretta, o tutto si realizza alle sue condizioni o non se ne fa nulla, tanto, comunque vada, c’è lui. Tanto basta. Così le migliori occasioni scivolano via, grandi stopper si accasano, allenatori internazionali pure, altri rifiutano: non perché sia un peso allenare i campioni d’Italia, ma perché sanno che a Napoli non avranno mai il giusto peso, si guardi come è finita con chi ha riportato lo scudetto in città dopo 33 anni.
E, allora, arriva Meluso. Chi? Meluso. Profilo da Napoli, ricorda gli inizi di Giuntoli, si dice. Poi Garcia. Ma come, e Luis Enrique? Ma il francese è il tecnico del 4-3-3. Davvero? Ma non faceva il 4-2-3-1? Una volta. Una volta quando? Prima che andasse in Arabia, dimenticato dal calcio europeo. Ah, ok. L’ultimo tassello è Natan. Natan? Il difensore del futuro, era nella lista di Giuntoli. Al decimo posto, segnato come giocatori futuribili, quelli alla Ostigard da prendere per far crescere o far girare e poi riportare alla base. Però, vabbè può fare anche il titolare. Subito? Vedremo. Ma che c’ìmporta. Lui ci prende sempre.
L’ha vissuta così De Laurentiis, come la pensava la piazza. Io ci prendo sempre. Presuntuoso, troppo presuntuoso e superficiale per un manager del suo livello. Troppo presuntuoso per una situazione delicata come il mantenimento del giocattolo, dell’ecosistema alchemico che ha permesso che Napoli tornasse campione dopo tempo immemore. Le congiunzioni astrali sono questioni delicate.
Il resto poi l’ha fatto Garcia, volendo rompere con il passato con una rivoluzione a metà, quelle destinate al fallimento. Sembrava volesse partire dalle basi del passato, era il contrario, voleva distruggere. Dimostrare la sua impronta, mettere la sua mano, non ha avuto l’umiltà e l’intelligenza di riconoscere quanto di buono già c’era. Come se morto Leonardo Da Vinci a poche pennellate dal completamento della Gioconda l’avessero affidata ad un altro, per metterci giusto un po’ di colore sulle gote e quest’ultimo c’avesse fatto i baffi e gli occhi storti. Sarebbe stata irriconoscibile, destinata a non essere ricordata.
Come il Napoli di ieri sera al Marassi. Hanno rotto il giocattolo. Si può tornare indietro? No, non può nemmeno chi crede di poter tutto.