Cassano vi zittisce

Cassano continua ad avere ragione, lui ha avuto sempre ragione e, puntualmente, zittisce i suoi accaniti detrattori.

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Articolo di Lorenzo Maria Napolitano17/10/2022

© “CASSANO” – FOTO MOSCA

La vita è bella, bisogna divertirsi, non siamo mica crisantemi”, spara Antonio Cassano. Lui è la voce del divertimento, dell’esuberanza, dell’io sono e pochi possono essere come me; eccentrico, presuntuoso e libero. Non è da tutti presentarsi in un Podcast (molto seguito, tra l’altro, come quello di Fedez) è dire: “Perché non dovete far vedere di chi sto parlando? Ditemi, non ho paura di nessuno”.

È ciò che tutti vorrebbero sentire: è trasparente, irriverente, realistico quanto totalmente politically scorrect. Teneteveli voi i “leccaculi”, come li chiama Antonio. Io sono e so di essere. Io sono a conoscenza di essere stato uno dei più grandi talenti che l’Italia abbia prodotto, e sono anche uno dei pochi italiani che ha vestito una delle maglie più prestigiose del mondo in uno dei suoi momenti più scintillanti. Non sono arrivati tantissimi riconoscimenti, e allora? Io ero lì, al Real Madrid, giocavo con i migliori calciatori del mondo e non avevo nessun problema a scimmiottare Fabio Capello o fermare un allenamento perché mi è caduto l’orecchino. Io dico la verità e non dico nulla perché me lo ha detto qualcuno di dirlo

Cassano è stato libero nel campo come lo è oggi nella sua seconda vita da oratore: che sia alla BoboTv, da Alessandro Cattelan, o insieme a Fedez. Non mi piaci? Perfetto, te lo dico più e più volte perché sono meglio di te.

La carta d’identità che mostra alla polizia della qualità o degli scettici non cambia mai: “Chi saprebbe fare questo? Anzi, chi ha fatto questo! Chi ha portato la Sampdoria in Champions League?”. Che ti chiami Capello, Trapattoni, Allegri o Stramaccioni non cambia nulla. Puoi anche essere l’arbitro: “Taglia(vento) perché fai il fenomeno?”. Sei Collina? Non ho problemi ad abbracciarti a torso nudo dopo aver spezzato la bandierina. Se mi fai arrabbiare, invece, sei un cornuto. 

Scrive di lui Daniele Manusia de L’Ultimo Uomo: «Avrebbe potuto stoppare un pallone di collo in equilibrio su una fune sospesa tra due grattacieli. Avrebbe protetto palla anche in una gabbia con degli orsi, difendendola con il bacino e spostandola con la suola». È l’arte di Antonio Cassano che lo rende diverso dagli altri, non abbassa la testa, al massimo preferisce essere messo fuori rosa piuttosto che obbedire. Non mi riconosci un lavoro? Perfetto sei out. Vengo pagato poco? Ci vediamo, forse, tra qualche anno. Molto probabilmente no. 

Le solite litanie “Se avesse avuto la testa” possono essere proferite da chi non ha un certo tipo di sensibilità verso il gioco del calcio, verso chi ci vede soltanto regole, atleti perfetti e – finto – buonismo. Tu sei il mister? Mi spegni la musica? Io la riaccendo più forte: “Qui comando io”.

Esistono regole in ufficio, il resto è soltanto arte. Non c’è bisogno di un codice per giocare a calcio, scrivere un articolo o dipingere un quadro. Sono Cassano e bevo un litro e mezzo di latte dopo essermi svegliato qualche ora prima della partita, in campo non corro, datemi la palla che segno o faccio assist. Se mi giro, tanto, la palla non la prende neanche un orso inferocito. Al massimo graffia. Posso scrivere un articolo di giornale con la ricca punteggiatura del maestro Roberto Beccantini o con i lunghi periodi di Luciano Scateni. Partiamo da una frase poetica o un richiamo storico? Una citazione di Ludwing Feuerbach va bene per iniziare?

Se l’uomo ha la costante paura del nulla, qualche entità superiore ha creato gli artisti (supereroi) per fare capolavori partendo dallo stesso nulla; loro vedono cose che non vedono altri. Il nulla, il bianco, non fa paura all’artista. Il bianco vuole solo essere ricoperto di fantasia. Ne sanno qualcosa Van Gogh o Caravaggio, entrambi anarchici e maledettamente liberi. 

Uomini e menti libere come le più belle farfalle, le cui ali sbattevano più per piacere che per necessità, sono ancora oggi un patrimonio del bello. E cosa c’è di più bello dello stesso bello? Viva il periodo decadentista, dove l’arte deve obbedire soltanto a sè stessa ed in cui la verità la si coglie con la semplice intuizione. Andasse a quel paese chi si nasconde dietro i cespugli della convenienza: “Io so di non essere, mi maschero attraverso chi può farmi diventare”. Ictu oculi si denota il servilismo su cui continua a proferire Daniele Adani. Esponente di un calcio libero, ma non solo. Anche di una comunicazione libera. Lontana da servi e oppressori, ma che sia l’El Dorado di chi ha a cuore lo sport e la libera informazione. 

Viva Narciso e i narcisisti che, conoscendo la storia, sanno esserlo al punto giusto senza cadere nel fiume della sconfitta. D’altronde, chi ha un dono, non ha bisogno di superpoteri, di una mente rivoluzionaria o impositrice, ma di un foglio bianco, o di un campo da calcio. È più importante nascere con la paura di volare, che di cadere. Così si fa la storia, così si diventa eterni.