Calcio-scommesse e Giustizia Sportiva, finirà tutto “a tarallucci e vino”?
Gli scandali sembrano essere una costante nel calcio italiano. Emergono con regolare frequenza, arriva l’eco di indagini, intercettazioni, ma con il tempo queste storie sembrano svanire nel nulla, come se il sistema fosse capace di mettere tutto a tacere per non danneggiare il business.
La giustizia sportiva in Italia è spesso oggetto di critiche perché accusata di essere lenta e inefficace nell’affrontare gli scandali che periodicamente infangano e tolgono credibilità al mondo del calcio.
Gli scandali sembrano essere una costante nel calcio italiano. Emergono con regolare frequenza, arriva l’eco di indagini, intercettazioni, ma con il tempo queste storie sembrano svanire nel nulla, come se il sistema fosse capace di mettere tutto a tacere per non danneggiare il business.
Un esempio lampante di questa tendenza è l’attuale inchiesta sull’ipotesi di frode sportiva in cui sono coinvolti calciatori di primo piano come Nicolò Fagioli, Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo. Se anche solo una piccola parte di quanto emerso dovesse rivelarsi vero, rappresenterebbe uno spettacolo orribile che mette in discussione l’integrità stessa del calcio italiano. Eppure, non possiamo fare a meno di chiederci: quanto di tutto ciò verrà portato alla luce e quanto verrà sepolto sotto il tappeto?
La giustizia sportiva italiana sembra spesso incapace di affondare il bisturi nel cuore di questi scandali, restituendo al pubblico solo una visione parziale ed edulcorata degli avvenimenti. Molte indagini sembrano essere condotte in modo frettoloso, con prove insufficienti per far emergere la verità. Lentezza nei procedimenti, e una mancanza generale di volontà di affrontare radicalmente i problemi sembrano essere le cause principali di questa inadeguatezza. E quando arrivano le sentenze, sotto la spinta delle indagini esperite dalla magistratura penale, le sanzioni sono spesso blande e non rappresentano un deterrente tale da scoraggiare altri casi analoghi.
Milena Gabanelli in una recente inchiesta su Dataroom ha scritto: “Il vigilato nomina chi lo vigila – La fragilità della giustizia sportiva italiana è la dipendenza assoluta dal potere politico: procuratori e giudici li sceglie (a suo piacimento) il presidente federale appena viene eletto, ma assieme al Consiglio è anche la prima persona su cui il procuratore dovrebbe vigilare considerata l’ampiezza del suo potere. Gli incarichi federali sono un secondo lavoro per oltre mille tra avvocati, professori di materie giuridiche, magistrati e avvocati dello Stato. I compensi sono modesti: da 100 a 250 euro a fascicolo o a udienza. Lo status di procuratore o giudice federale permette però ai professionisti più ambiziosi di procacciarsi incarichi più redditizi.”
E così aumentano i sospetti che il calcio italiano sia permeato da un certo grado di protezionismo, in grado di chiudere le indagini in modo rapido e discreto, evitando che troppe verità scomode vengano alla luce. Questa percezione di impunità mina la credibilità del calcio italiano. Timori di impunità che nascono anche da dichiarazioni come quella rilasciata da Gravina: “Giocatori non sono carne da macello, non li abbandoniamo”. Molto meglio sarebbe stata la dichiarazione: “Chi sbaglia paga!”.
È innegabile che la giustizia sportiva debba essere ripensata e trasformata.
Per farlo, è essenziale che vengano adottate misure coraggiose e radicali. Le risorse devono essere allocate in modo adeguato, affinché le indagini e i processi possano procedere con la celerità richiesta. La cultura dello sport deve essere trasformata per promuovere l’onestà, il rispetto delle regole e l’etica, sradicando il sospetto di protezionismo e nepotismo.
Solo attraverso un impegno genuino per riformare il sistema giudiziario sportivo, il calcio italiano potrà riconquistare la fiducia dei suoi appassionati. È ora di liberarsi del passato, di gettare via il bavaglio e di affrontare i problemi con trasparenza, responsabilità e determinazione. Solo allora il calcio italiano potrà sperare di riconquistare la sua dignità e il rispetto che merita. La palla è nel campo della giustizia sportiva: l’Italia sta guardando, sperando che questa volta la verità emerga senza ambiguità.