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Nel calcio si sbaglia, questo vale anche per l’arbitro

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© “VAR” – FOTO MOSCA

Nel nostro campionato, da sempre, le scelte più discusse sono senza dubbio quelle dell’arbitro.
Stiamo parlando sicuramente di un mestiere tutt’altro che semplice: trovarsi in uno stadio con una capienza di 40, 50 o 70 mila persone pronte a fischiarti se non sono d’accordo con la tua decisione, richiede un coraggio e una personalità fuori dal comune.

Negli ultimi anni, nonostante il continuo evolversi della tecnologia, ci troviamo spesso davanti al televisore, perplessi per le scelte prese dal direttore di gara.

Il Var, la goal line technology, sono tutti strumenti che dovrebbero aiutare il tifoso a comprendere meglio il regolamento e la sua applicazione.

Cambia ogni anno ma lascia sempre dubbi: la regola del fallo di mano per difensori e tifosi è un incubo

Se il braccio è attaccato al corpo non è mai rigore, quando il braccio si trova a distanza ravvicinata con il pallone, non si può assegnare il rigore. Potremmo andare avanti all’infinito, elencando le tante, troppe variazioni che la regola del fallo di mano ha subito nel corso degli anni. Resta poco chiara per i tifosi e forse ancor meno per i difensori che scendono in campo.
Nel mentre assistiamo a rigori generosi concessi e grandi falli lasciati correre.

Nell’ultima giornata di campionato, Atalanta-Juventus è stata l’ennesima partita dove le critiche e proteste non sono mancate.

Ad esternarle ci ha pensato Umberto Marino: “Quello era un fallo inevitabilmente da rosso, lo vediamo quotidianamente – le dichiarazioni del direttore generale dell’Atalanta – E anche il fallo di mano di De Ligt era calcio di rigore, siamo seri. Commentiamo gli episodi per quello che sono e per come vengono registrati nelle altre partite. C’erano un cartellino rosso e un calcio di rigore, questa è la nostra visione chiara”.  

Dinanzi a certe parole, rumoreggiano le parole del tecnico della Roma, Josè Mourinho, che commentò così le scelte del direttore di gara dopo un Roma-Genoa: “Siamo piccoli, davanti al potere una squadra come la Roma non conta nulla“.
In quel momento, lo Special One mise d’accordo tanti tifosi italiani, che vedono l’arbitro come un giudice, pronto a enunciare la propria sentenza a favore di squadre più blasonate.

Il fuorigioco, il centimetro che fa strozzare il gol

Il terrore di ogni attaccante è senza dubbio la regola del fuorigioco.

Nel nostro campionato, abbiamo tanti campioni che fanno dell’attacco alla profondità la loro arma vincente. Questi ultimi, vedono il fuorigioco come un vero e proprio nemico: quella bandierina che si alza, che ti fa render conto che tutti gli sforzi che hai fatto per segnare sono stati vani per un centimetro oltre la linea difensiva. Anche questa norma e il modo in cui viene interpretata lascia molto perplessi, scatenando le critiche dei tifosi.

Uno dei casi più dubbi della Serie A non può non essere il fuorigioco di Olivier Giroud nel finale di Milan-Napoli.

In quell’occasione ai rossoneri venne annullata la rete di Kessie per il pareggio contro i partenopei. Dopo un contrasto tra Giroud e Juan Jesus, l’attaccante francese (secondo il VAR) prova a servire da terra il pallone al suo compagno, trovandosi aldilà della linea difensiva. Per l’arbitro e per la VAR, Giroud è considerato partecipe dell’azione, senza alcun riferimento alla sua volontarietà nel restare all’interno del gioco.

Un altra situazione dubbia la troviamo in Venezia-Torino: al gallo Belotti viene annullato il gol del 2-2.
In quell’occasione, sugli svolgimenti di un calcio di punizione, Pobega viene colto in fuorigioco: rete annullata.

Quali possono essere le soluzioni?

Arrivati a questo punto la domanda sorge spontanea: Come si possono placare le proteste e i pregiudizi nei confronti della terna arbitrale? Si possono evitare alcune decisioni di gioco?

Le “soluzioni” potrebbero essere due:

  • Riscrivere il regolamento: è sotto gli occhi di tutti che all’interno del regolamento sono presenti leggi poco chiare anche dagli stessi direttori di gara. Spesso lo stesso episodio viene giudicato in maniera diversa a seconda del direttore di gara. La soluzione potrebbe essere esemplificare le norme più complesse e unificarne l’applicazione.
  • Intervistare gli arbitri: perché gli arbitri non possono essere intervistati? Stiamo parlando di professionisti, persone che svolgono una preparazione fisica e atletica come i calciatori, e hanno preso parti a corsi per praticare la loro professione. Intervistando gli arbitri si verrebbe a capo di gran parte delle proteste e delle critiche esterne, in quanto a fine gara, chi dirige il match, fornirebbe tutte le informazioni necessarie a chiarire gli eventuali dubbi.

È cosi difficile provare a cambiare le cose?

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