Esordio e semi goleada, ma piano con l’euforia

Di rado è capitato di assistere al harakiri di un samurai decotto, qual è apparso il Verona, di suo non eccelso organico, conseguenza di problemi di cassa.

Articolo di Luciano Scateni18/08/2022

©️ “ZIELINSKI” – FOTO MOSCA

Il due a cinque di Verona-Napoli, oltre a indurre De Laurentiis a selfie di gongolante euforia e in chi lo stima come presidente del club che fu di Lauro e Ferlaino, dovrebbe offrire ottimismo al lotto di squadre neo promosse o comunque di modesto livello, convinte dal disastroso Verona di Cioffi di aver trovato al primo step del campionato una vittima sacrificale votata alla retrocessione.

Il rischio di incorrere nel disfattismo è presente nel severo giudizio del coro di commentatori che abbondano in enfasi estatica nel racconto di una vittoria che forse esagerando è apparsa alla portata di una buona squadra di serie C.

Esagerato? Forse, ma di rado è capitato di assistere al harakiri di un samurai decotto, qual è apparso il Verona, di suo non eccelso organico, conseguenza di problemi di cassa. Di qui l’esodo di Simeone, uomo gol che fosse rimasto in quota Hellas avrebbe probabilmente convinto il povero Cioffi a desistere dalla ‘tattica suicida’ di un primo tempo catenacciaro, per di più privo di una linea difensiva adeguata, a optare per una scelta equilibrata, di sfida a viso aperto.

Della seconda frazione di gioco, che i resoconti hanno esaltato come dominio assoluto della macchina napoletana da gol rodata e messa a punto da Spalletti, che dire? Il folle intento di pareggiare per la terza volta il conto con gli azzurri, sul 2 a 3, ha scombussolato il poco di quanto Cioffi aveva progettato per fermare il Napoli.

Nel 2 a 5 degli azzurri cosa c’è di Spalletti? Tre gol sono frutto di imprese individuali firmate da Anguissa, Zielinski e Politano. Cose di rilievo si devono al giovane georgiano Kvaratskhelia, alla partita perfetta di Lobotka, ampiamente sottovalutato da Spalletti, che a lungo gli ha preferito Demme. Il grintoso tecnico livornese, in affinità caratteriale con il suo presidente (sgarbato, arrogante con un giornalista televisivo) è piuttosto umorale: si applaude ed esterna ottimismo nel dopo Verona e dimentica in fretta il Napoli mediocre e senza gol di Castel di Sangro, le cautele nel rispondere sulle chance di scudetto.

Si andrà avanti così, avallando le tesi del rude Giuntoli sugli addii di Koulibaly, Mertens, Ospina, che a suo dire avrebbero rifiutato laute offerte. Gli fa eco Spalletti. Elogia chi è rimasto, sceglie il silenzio per chi non vuole più giocare con il Napoli (leggi Fabian, ma anche Insigne Mertens, Koulibaly, Ospina). Le voci amiche del calcio Napoli e dei suoi vertici: “Straripante debutto degli azzurri”, “Il bello della rivoluzione” “Lo show del Bengodi basterà da solo a chiudere i conti con il passato”, De Laurentiis dalle Eolie: “Meravigliosa prestazione…Bravissimo Spalletti” (bravissimo in che ??? ndr)”.

Lodi perfino per i cambi, che il passato prossimo ha severamente bocciato. Si racconta di un Napoli “travolgente”, ma quando e perché? Quando lo sconsiderato mister Cioffi ha smantellato il bunker difensivo, illuso dai gol di Lasagna ed Henri (nati da preoccupanti distrazioni di Kim e compagni) e ha spinto la squadra oltre la propria metà campo. La dissennata scelta ha spalancato agli azzurri autostrade invitanti, non presidiate a dovere.

Come non condividere l’orgoglio dei napoletani presenti al Bentegodi, la soddisfazione per il 5 a 2 quasi tennistico, che ha schiaffeggiato virtualmente il tifo razzista dei veronesi? Si condivide, certo, senza dimenticare che di squadre da ko facile come il Verona, sarà difficile incontrarne.

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