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Il diario di Darwin: Zico, Maradona e gli anni d’oro del calcio italiano

Maradona Zico

Allo Stadio Maradona, domani, si affronteranno Napoli e Udinese per la 30esima giornata del campionato di Serie A. Un match che, come tutti i rimanenti, sarà senza dubbio da seguire con il fiato sospeso. Per i napoletani ma non solo, visti e considerati gli equilibri inscenati fin qui tra le squadre di vertice. Sono anche i giorni, questi, in cui l’eliminazione improvvisa – o forse no – della Juventus dalla Champions League per mano del Villarreal ha ricordato al calcio italiano di aver fatto un passo indietro rispetto ai campionati stranieri. Eppure, le cronache e gli almanacchi degli anni ’80 riportano di un calcio invidiato da tutto il pianeta.

L’Italia era il sogno di tutti i calciatori e nel resto d’Europa ci guardavano con estrema ammirazione. Erano gli anni in cui il calcio italiano poteva annoverare una sfilza di nomi d’élite, non solo dell’epoca ma dell’intera storia del football. Ed erano anche gli anni in cui una normale sfida tra Napoli e Udinese significava Maradona contro Zico. Oggi, al massimo si può parlare di Osimhen contro Beto: da una parte un potenziale top del ruolo, ma ancora acerbo sotto tanti punti di vista; dall’altra un portoghese, arrivato dalla Portimonense, che dopo 8 reti nel girone di andata non trova la via del gol da due mesi e mezzo. Eccome se son cambiati i tempi! Di questo ed altro, Sport del Sud ha discusso con Darwin Pastorin, che quegli anni iconici li ha vissuti e raccontati in prima persona sulla carta stampata.

Darwin, ci illustri quel calcio degli anni ’80 in Italia?

Beh, c’è da dire che quegli anni sono stati anni irripetibili. Il nostro campionato era diventato l’El Dorado e tutti volevano venire a giocare qui. E non solo, perché il 1982 fu anche l’anno del successo del Mondiale, che fu forse la nostra impresa calcistica più epica. Lo fu anche per come si è sviluppata, perché ha assunto la forma di una narrazione vera e propria. Citando un titolo di Giovanni Arpino, quel Mondiale è stato “Il buio e il miele”. C’è stata prima la fase difficile, il buio di Vigo, e poi il miele di Barcellona, con le vittorie con Brasile, Argentina e Polonia, fino alla finale con la Germania Ovest battuta tre a uno davanti a Pertini.

Quella vittoria fece diventare l’Italia padrona del calcio, attirando le attenzioni dei più grandi dell’epoca. Già nell’82, per dire, arriva alla Juventus Michel Platini, il numero 10 francese, un campione affermato. Nell’83 arriva all’Udinese – tra l’altro con un colpo di mercato sorprendente – il 10 considerato l’erede di Pelè, cioè Zico. E l’anno dopo ancora arriva il numero 10 dei numeri 10: Diego Armando Maradona. Questa escalation portò l’Italia ad avere nel proprio campionato i tre numeri 10 più forti del panorama calcistico. E a questi dobbiamo aggiungere Antognoni, il numero 10 della Nazionale campione del mondo.

Maradona e Platini in una sfida tra Napoli e Juventus nella stagione 1986/87

Numero 10 del Flamengo, erede di Pelè, talento cristallino e statistiche stratosferiche. Perché con tante offerte ambiziose Zico scelse proprio l’Udinese?

Zico all’Udinese trovò Edinho, che era uno dei difensori centrali più forti del momento. Io ero suo amico e in confidenze amichevoli mi aveva già anticipato alcune cose. La scelta fu quella di provare a portare a termine una sfida che sembrava impossibile. Provare a realizzare un sogno e mettersi alla prova. E poi c’era anche quella voglia di rivincita, di mettersi in mostra di fronte a quell’Italia che lo aveva eliminato dal Mondiale, con l’impresa firmata da Pablito Rossi. Ovviamente, Edinho ha avuto un ruolo cruciale, spiegandogli che c’erano le possibilità di fare qualcosa di buono.

Tra l’altro, io mi trovavo in Brasile quando Zico decise di andare via e ti assicuro che fu uno shock tremendo. Ricordo televisioni, radio e giornali impazziti. Era come immaginare Pelè andar via dal Santos. Rede Globo gli dedicò un servizio di addio, con il titolo “Ciao, ciao bambino!”, riprendendo la famosa “Ciao, ciao bambina!” di Domenico Modugno. E poi ricordo tutte le interviste fatte sotto una pioggia torrenziale ai tifosi del Flamengo che raccontavano di questo trasferimento quasi come un lutto. Un po’ come quanto successo all’addio di Messi quando ha lasciato Barcellona, con la differenza che invece di andare al PSG Zico scelse una sfida come Udine.

Zico in azione con la maglia dell’Udinese

Quando andavo a seguire gli allenamenti a Udine, la cosa bella era che per lui la sessione non finiva mai, per la disperazione del custode (ride, ndr). Lui e Edinho posizionavano la sagoma della barriera e facevano rimanere il terzo portiere in porta. Continuavano per almeno un’ora a calciare punizioni. Formidabile. E poi ricordo la partita Catania o a Genova, ma anche tante altre, in cui la gente si alzava ad applaudirlo indistintamente dai colori. All’epoca, avevi la possibilità di vedere sempre in azione dei fuoriclasse, anche se non giocavano per la tua squadra.

La domenica si andava allo stadio e si usciva appagati dalla bellezza del calcio. Questi giocatori erano in grado di cambiarti da un momento all’altro la partita, con una punizione, un assist magistrale, un tiro millimetrico, segnando da terra o spalle alla porta. E ripeto, non dimentichiamo che era l’Italia dei campioni del mondo. Poi è chiaro che l’arrivo di Diego ha portato tutto ad un livello ancora superiore. Il fatto eccezionale è che non si tratta di Inter o Juve, ma si parla di scegliere Udine e Napoli. Questo rende il racconto ancor più appassionante.

A proposito di Diego, tu c’eri su quel famoso volo che lo portò in Italia. Cosa ti è rimasto di quei giorni e di quelle sensazioni?

Ho un caro ricordo anche dei colleghi napoletani come Ciccio Esposito e Antonio Corbo, che seguivano come me le vicende lì da Barcellona. Continuavano ad arrivare informazioni contrastanti, col vicepresidente Gaspart che un giorno diceva “Maradona se marcha” e il giorno dopo “Maradona se queda”, cioè Maradona va via o Maradona resta. E questo andò avanti fino a quando arrivò la notizia dell’acquisto perché Diego voleva a tutti i costi venire a Napoli. Così prendemmo un aereo da Barcellona a Roma e mi ricordo che era emozionato come un bambino. Ci parlai prima di salire sulla scaletta dell’aereo, dove facemmo quella foto insieme. E più delle parole contavano le sue espressioni, il luccichio dei suoi occhi e quel sorriso stampato in viso. Era come se stesse andando verso il paese delle meraviglie, sapendo già dell’accoglienza che Napoli e i napoletani gli avrebbero riservato.

Poi, atterrati a Roma, cominciò tutta quella magia e quel grande sogno che resterà per sempre, perché Diego ha scritto pagine indimenticabili con i due scudetti e tutto quello che hanno significato per la città. E devo dire che in quel periodo lì, il mio direttore, Piero Dardanello, mi mandava o a Udine da Zico o a Napoli da Diego, per cui mi andava sempre bene (ride, ndr).

Maradona fa il suo ingresso al San Paolo per la presentazione al pubblico

Maradona e Zico si sfidarono una sola volta, in un 2-2 a Udine con doppietta del Pibe de Oro in cui successe di tutto.

Beh, sì. Ci fu quella partita a Udine nell’85 con Zico che criticò l’arbitro per un gol di mano convalidato a Maradona. Lì Diego aveva fatto le grandi prove per l’anno successivo (ride, ndr). Quella partita, tra l’altro, mise fine all’esperienza italiana di Zico perché poi venne squalificato per quelle proteste e a fine anno tornò in Brasile. Non mandò giù né la decisione dell’arbitro, ovviamente, ma nemmeno il gesto di Diego. Poi i due si sono ovviamente parlati e la cosa si è chiusa lì. Intanto Diego aveva anticipato la Mano de Dios. Però, ti ripeto, quello che posso affermare da cronista di quel tempo è che veramente ogni giornata andavi in viaggio in uno stadio e ne uscivi soddisfatto. Non c’era mai una domenica banale.

Secondo te, perché si è arrivati alla crisi attuale partendo da tutto questo splendore?

I campionati stranieri hanno cominciato a fare concorrenza per quanto riguarda gli acquisti importanti e l’Italia non è riuscita più a stare al passo con il mercato. Nonostante ciò, nel 2006 è arrivata la vittoria di un Mondiale e la scorsa estate si è vinto un Europeo. Si parla tanto di crisi, ma intanto i risultati sono arrivati. Comunque il nostro calcio ha avuto anche personaggi importanti come Del Piero, Totti, Baggio e tanti altri. E poi c’è un giocatore come Insigne, che ora andrà via e sarà una perdita importante. È un calciatore che ho sempre ammirato. Secondo me avrebbe fatto grandi cose se avesse giocato negli anni ‘80. Il rapporto conflittuale con Napoli secondo me nasce dal vuoto lasciato da Maradona, ma la verità è che quello è un vuoto incolmabile.

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