Il tackle nel deserto: Qatar-Ecuador, derby dei passaporti
È partita la rubrica di Luigi Guelpa "Tackle nel deserto" dedicata ai Mondiali di calcio in Qatar, pronti? Via. Si parte con Qatar-Ecuador, derby dei passaporti.
Pronti, via. Qatar-Ecuador è la partita che tutti aspettavamo. La Fifa non poteva deliziarci con uno spettacolo migliore. Il Qatar è la nazionale più inclusiva che la storia del politically correct conosca. Ci sono ghanesi, egiziani, iracheni, portoghesi, sudanesi, algerini, ragazzi del Bahrain e persino della Francia. Tranquilli, ci sono anche qatarioti. Il governo di Doha non ha badato a spese per allestire una squadra vagamente competitiva, e ha investito petrodollari persino nei passaporti. Li avesse investiti anche nella sicurezza dei cantieri…
Salta all’occhio la presenza del portiere Meshaal Barsham, fratello di Mutaz, il ragazzo volante che “smezzò” l’oro alle Olimpiadi di Tokyo con il nostro Giancamarco Tamberi nel salto in alto. Forse non giocherà, potrebbero preferirgli il senatore Saad Al Sheeb. Quello dei portieri è un problema non da poco per la nazionale guidata dallo spagnolo Sanchez Bas, prelevato direttamente dalla Masia del Barcellona nella speranza che diventasse il nuovo Guardiola (missione fallita). Nei laboratori di Doha hanno sperimentato una decina di guardiani negli ultimi quattro anni. Tra loro c’era anche Abdul Manaf Nurudeen, ritenuto però poco idoneo alla causa iridata.
Cresciuto nell’Aspire Academy, Nurudeen non ha vissuto il ripudio come un trauma. Ha optato per la maglia del Ghana e con gli africani sarà presente alla Coppa del Mondo. Tanto una casacca vale l’altra, no? Ormai le nazionali somigliano alle porte girevoli del Ritz di Parigi. Il Qatar incrocia l’Ecuador, altra squadra che in quanto a passaporti non scherza. Ha rischiato di rimanere a casa per il caso di Byron Castillo, difensore della Tricolor nato, a sua insaputa (così sostiene), in Colombia. Alla fine il ct Gustavo Alfaro ha deciso di lasciarlo a casa.