Tanto di cappello
Manca oramai un giorno alla partenza del Mondiale in Qatar, una delle edizioni più controverse, marce e corrotte nella storia della competizione.
Chapeau messieur Ignazio Corrao, europarlamentare pentastellato. Oltre la sua, pubblicata dal “Fatto Quotidiano”, mancano altre voci esplicite di dissenso, denuncia, contestazione del più scandaloso Mondiale di calcio. Chapeau al “The Guardian”, alla sua drammatica inchiesta sul marcio che il Qatar tenta di nascondere con la folle sontuosità di stadi tecnologicamente avveniristici, dotati di aria condizionata, riciclabili.
Nel mondo e in Italia non sono poche le testate che salomonicamente hanno dato un colpo al cerchio e uno alla botte: critiche per la disumanità del Qatar, tipica di chi naviga nel mare di ricchezze smisurate accumulate senza fatica, ma anche enfasi, quasi trionfalistica, per l’evento che nessuna ragione al mondo giustifica e ha vita grazie a un articolato ricorso alla corruzione.
In dieci punti Corrao racconta dettagliatamente i perché del suo boicottaggio del Mondiale. I titoli: corruzione per vincere la concorrenza, degli Usa in particolare. I 6.500 operai morti sul lavoro degli stadi e in altre infrastrutture. Assenza dei diritti (libertà si stampa zero, carcere per gli omosessuali. L’incredibile dimensione del Qatar (solo 18 km quadrati). La sosta forzata di tutti i campionati nazionali del mondo. I falsi tifosi (migranti), usati per magnificare il Qatar. I prezzi alle stelle di alberghi e servizi. Qatar calcisticamente inesistente, i 220 miliardi investiti finora in barba alla fame del mondo. (La Russia per l’edizione precedente ha speso solo 11 milioni). La Rai ha pagato 170 milioni per i diritti esclusivi delle telecronache e invia 100 persone in Qatar (giornalisti, tecnici). Se ne può aggiungere un undicesimo: chi ha deciso di inviare trecento militari italiani a Doha, per collaborare alla sicurezza del territorio?
Di nuovo chapeau. Il Codacons, associazione dei consumatori, chiede di boicottare, di non seguire i Mondiali in tv, di manifestare per i diritti umani.
La storia della Coppa del Mondo è fatta di soldi e potere e zero diritti umani. Lo sa bene Freek de Jonge, che guidò la campagna contro Argentina ’78 e ha provato a fermare anche il Mondiale più controverso della storia, quello che sta per cominciare.
Da Francia 1938 a Qatar 2022, la Coppa del Mondo è anche una storia di imbrogli e regimi dittatoriali. Discussioni, non di più, in Olanda, in molti altri paesi, dall’Inghilterra alla Norvegia, dalla Germania alla Danimarca. Dibattito quasi assente in Italia, dove si è specialmente e copiosamente di un eventuale ripescaggio degli Azzurri al Mondiale. Che dire, “un gran bel segnale di qualità” della cultura sportiva italiana.
Il pensiero dei giocatori: “È chiaro: siamo calciatori e vogliamo giocare a calcio, non è colpa nostra se il Qatar si trova in queste condizioni, non possiamo fare niente per cambiare le cose” (!!!). Il giornalista Iwan van Duren: “Il sistema turbo-capitalista che governa il calcio a livello internazionale non poteva che piegarsi di fronte a una delle regole d’oro alla base del suddetto sistema: chi paga, decide. E non esiste niente di più simbolico di uno sport dove il denaro è l’unica lingua conosciuta che organizza il suo maggiore evento in uno Stato dove il denaro è l’unica lingua conosciuta. Il denaro del Qatar scorre copioso nelle vene del calcio”.