Il tackle nel deserto: la top 11 di un mondiale dall’atto finale straordinario
È il momento del congedo: dai mondiali e della rubrica "Il tackle nel deserto", che termina con la top 11 di questa Coppa del Mondo.
È il momento del congedo: dai mondiali e della rubrica “Il tackle nel deserto“. Ci lasciamo con Leo Messi che indossa il bisht, una tunica nera che qualche fesso ha persino accostato allo jihadismo, senza sapere invece che si tratta di un mantello maschile tradizionale e popolare nel mondo arabo, simbolo di prestigio ed elevazione nella società.
È tempo di bilanci e ho deciso di chiudere il mio “tackle” con una personale top 11 di questa Coppa del Mondo, anemica di tecnica nel suo percorso, ma straordinaria nel suo atto finale. Il modulo è il 4-3-3, quello che ha consentito al Marocco di volare così in alto. L’allenatore della top 11 non poteva che essere Walid Regragui, tecnico moderno di cui sentiremo ancora parlare.
Tra i pali Emiliano Martinez. Non solo per la strepitosa gara di domenica, ma perché è stato il portiere con la maggior continuità del torneo.
In difesa, a destra l’argentino Nahuel Molina, un autentico martello. Conoscevamo la sua abilità nelle incursioni, ma è diventato molto bravo anche in fase difensiva. Sull’out opposto ci metto Achraf Hakimi, anche se al mondiale ha giocato sulla fascia opposta. Il maghrebino è stato l’autentico leader del sorprendente Marocco. In mezzo ecco Josko Gvardiol della Croazia, gendarme mascherato che, se si esclude la sfida con l’Argentina, ha garantito sicurezza a tutto il reparto della squadra di Dalic. Al suo fianco sistemo Nicolas Otamendi, un vero “mariscal”. Guardiola lo dava per cotto, finito, da rottamare, al Benfica è risorto, ma soprattutto è stato caricato a mille da Scaloni.
In mezzo al campo è indispensabile la regia di Luka Modric, davvero il miglior numero 10 della Coppa del Mondo. Dove numero 10 non è una questione di maglia, ma di capacità di accendere il motore di una squadra e di far girare a mille la sala macchine. I suoi scudieri sono Alexis Mac Allister, un ragazzo che ha macinato chilometri in questo torneo. Bravo a sradicare palloni, encomiabile per spirito di sacrificio. Con lui il connazionale Enzo Fernandez, un faro nelle terre di mezzo, uno dei pochi a saper dare del “tu” al pallone.
In attacco un tridente da sogno: Kylian Mbappé e Leo Messi a sostegno di Olivier Giroud. Su Messi e Mbappé c’è davvero poco da dire. Ieri, in finale, per chi non lo sapesse, sono scesi in campo il miglior giocatore al mondo e il suo erede naturale. Aggiungere altro sarebbe superfluo. Giroud è il centravanti che tutti i trequartisti vorrebbero: porta via l’uomo, apre varchi, duetta con i rifinitori, e segna.
Una nota a margine: vorrei esprimere tutta la mia solidarietà al collega della Rai Alberto Rimedio. Dalla redazione qualcuno gli ha scritto che l’arbitro Szymon Marciniak è stato un calciatore e che ha addirittura vestito la maglia dell’Under 21 polacca. In realtà si è trattato di una traduzione errata, dall’inglese, di una pagina di wikipedia. Marciniak ha giocato a calcio fino a 21 anni, in quarta divisione. Tutto qui.
Ci vediamo su Sport del Sud, oltre la rubrica.