Juve-Milan vista dal Beck
Per la Juve due punti in quattro partite: i primi saranno i (pen)ultimi. Il vangelo non dice proprio così, il campionato sì.

Troppo bella, la Juventus del primo tempo. E troppo scarno, l’uno a zero. Subito il gran gol di Morata, su contropiede coast to coast e tocco smarcante di Dybala, poi le parate di Maignan su Morata e Dybala.
Allegri aveva azzeccato tutto: 4-4-2 ad assetto variabile, con l’Omarino e Cuadrado a scambiarsi centro e destra, Bonucci incursore, un’attesa mai passiva e un pressing strano, per la classifica che corre e la squadra che cammina(va).
Al Milan mancava la ciccia di Ibra e Giroud. Di Pioli non ho capito Tomori a destra, quasi terzino, vice Calabria. Il k.o. di Kjaer e l’ingresso di Kalulu lo riportavano nel cuore del fortino. Brahim Diaz guizzava fra le linee, il duello Cuadrado-Theo richiamava paragoni omerici. Il mordi e fuggi di Madama, a una velocità fin qui sconosciuta, stimolava l’ordalia. Bentancur e Locatelli contendevano il centrocampo a Kessié e Tonali. Una partita gradevole, solcata da ribaltoni, la Juventus sorniona e non guardona, il Milan a girarle attorno, Rafa Leao e Rebic in agguato ma disarmati.
Il problema della Juventus sono i secondi tempi. Come a Udine, come a Napoli. Se in quei casi furono gli episodi a tenere su il tesoretto, questa volta era stato il gioco. Però bisogna darci dentro per novanta minuti. Piano piano, il Milan ha preso campo; zitti zitti, gli juventini hanno cominciato a flettere, a rinculare e così i campanili di Chiellini, preferito a De Ligt, sono sembrati trafelati sos.
Gestione, non più aggressione: immagino la libido di Lele Adani.
Se non proprio il solito Milan, calligrafico sino al limite dell’area e poi stop, tornava la solita Juventus, tirchia e vulnerabile. Uscivano Morata e Dybala, Chiesa veniva impiegato (al posto di Cuadrado) quando ormai l’ordalia si era consegnata a un wrestling leggero, confuso, il Mlian a girar palla, la Juventus a vivere di briciole, di raccordi, forse di ricordi. Kulusevski alzava polvere, come Kean. Cresceva Tonali, calavano Locatelli e Bentancur, il Diavolo non mollava. Scritto che senza Ibra e Giroud i cross sarebbero stati un lusso, ecco il pareggio di Rebic: di testa, naturalmente, su angolo del suddetto Tonali (e in anticipo su «Loca»).
Con la Juventus sfilacciata (4-3-3 come si sgolava Allegri, 4-4-2 come sembrava? E dove Chiesa: a destra, a sinistra?), il risultato lo salvava Szczesny su Kalulu. Max si sarebbe poi scagliato contro sé stesso e i cambi. Già, i cambi. In Friuli, con l’Empoli, al Maradona, ieri: Zero profitti. Anzi: potesse tornare indietro, li avrebbe fatti ancora più difensivi (troppi orgasmi, Adani è scoppiato). Due punti in quattro partite: i primi saranno i (pen)ultimi. Il vangelo non dice proprio così, il campionato sì. Sessant’anni dopo.