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Un calcio alle palle – Tic-tac Allegri, Inzaghi Sottil-mente incartato, Napoli cinico e vincente

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© “SIMEONE ESULTANZA” – FOTO MOSCA

L’orologio della Juventus ticchetta velocemente

Tic-tac, tic-tac, tic-tac. Le lancette girano, il tempo scorre e le ore di Allegri scadono, una dopo l’altra, senza interruzione alcuna. A Torino non immaginavano certamente di dover fronteggiare una crisi simile, dopo un mese, o poco più, dall’inizio della stagione. Tantomeno, Massimiliano non avrebbe mai neppure sognato di non mangiare il panettone, figuriamoci le castagne! Eppure, la situazione è esattamente questa. Dopo la dichiarazione di manifesta inferiorità nei confronti del PSG, e l’intenzione di puntare tutto su Benfica e Salernitana, i suoi ragazzi non hanno raccolto neppure una vittoria. Anzi, sono stati defraudati, all’ultimo secondo, di un gol contro i granata che avrebbe significato due punti in più in classifica e, ovviamente, una iniezione di fiducia. Che sia il karma? Sicuramente, non la ‘harma che vorrebbe il tecnico di scoglio in questo momento.

È difficile non immaginare la stanza dei bottoni in casa Juve. Specialmente durante una sosta, con molto tempo per ponderare e scegliere quale testa far saltare. John Elkann, Maurizio Arrivabene e Andrea Agnelli, seduti a un tavolo, fumano sigari e setacciano i conti. 12,95 milioni all’anno lordi per un allenatore sconfessato da squadra e tifosi sono tantini. Ancor più se si considera che siamo appena entrati nel secondo dei quattro anni di contratto di Max. Appare alquanto naturale lo sfogo dell’amministratore delegato alla richiesta di esonerare Allegri da parte di un tifoso. 39 milioni, euro più, euro meno, sono una montagna di denaro da “regalare” a qualcuno con cui ti vuoi separare. Oltretutto, da sommare al nuovo ingaggio che verrebbe proposto al sostituto. Siamo al gatto di Schroedinger: una Juve viva e morta allo stesso tempo, almeno finché qualcuno non effettuerà la misurazione (scelta). Il Monza conquista i primi 3 punti della propria storia in Serie A. Davide uccide Golia, mentre Gytkjaer accompagna Max sul patibolo. Non c’è nulla da essere “Allegri”, a meno che non si prenda come Gasperino il carbonaro.

Inzaghi, due di Bastoni con briscola a coppe

Simone cala l’asso! Questa è la richiesta del compagno/tifoso. Invece, non solo non ha il carico, ma si fa pure bastonare. Eh, quando la confusione prende il sopravvento e non ci si rende esattamente conto di ciò che si sta facendo. Può capitare a chiunque, anche ai più grandi: chiedere a Michael Jordan delle Conference Finals 1995. Figuriamoci se non può esserne vittima Simone Inzaghi e la sua Inter. Oddio, è senza dubbio vero che l’Udinese aveva appena agguantato il pareggio e stava imprimendo il suo ritmo alla partita, ma fare due cambi conservativi al 30’ del primo tempo, appare decisamente eccessivo. La reazione di Bastoni, richiamato a sedersi in panchina, è precisamente quella che ci attenderemmo da un vecchietto che sbraita al dopolavoro ferroviario per una incomprensione con il compagno a briscola. Simone fa finta di niente, ma sa di aver giocato d’azzardo e, al termine dei 90’, di aver sbagliato, clamorosamente, la carta. Anzi, le carte.

Perché se Gagliardini avrebbe dovuto fare da filtro a centrocampo, togliere la luce di Mkhitaryan significa fare a meno del fosforo in favore dei muscoli. Per questo a Udine è finita 3-1. Sottil-mente incartato Simone. E non che i friulani avessero figure migliori in mano. L’Inter adesso dovrà leccarsi le ferite, seppur non così gravi, viste le sconfitte di tutte le pretendenti allo Scudetto ad eccezione del Napoli. Ma è dall’errore marchiano che adesso Inzaghi dovrà risollevarsi. Anche perché, se i nerazzurri non sono lontani dalla vetta dopo 7 giornate, Simone, al contrario, è abbastanza con il sedere per terra, dopo aver giocato all’ultima mano due di Bastoni con briscola a coppe.

Il calcio è cinismo

Quante volte abbiamo sentito ripeterci: “Non sempre vince chi gioca meglio nel calcio…”, aggiungendo poi la conclusione che più si addiceva. In pochi sport come nel calcio il cinismo fa tanta differenza. Infatti, quando si parla di possesso palla, di percentuale passaggi completati, numero di tiri verso la porta, calci d’angolo, si parla di gioco, ma, al contempo, di aria fritta o unicorni. L’unica cosa che conta è il risultato finale, al netto di errori arbitrali, ovviamente. E, da amanti di questo sport, non si può fare a meno di ammirare quanto avvenuto a San Siro, nel posticipo di domenica sera, tra Milan e Napoli. Una partita bellissima, a tratti equilibrata, a tratti a tinte rossonere. Ma i tratti, come dicevamo sopra, non contano. È il disegno finale che dona significato al lavoro azzurro. Un capolavoro di resilienza e cinismo. Preparata perfettamente dallo stratega Spalletti, il quale non ha preteso di voler imporre necessariamente il gioco a San Siro, contro i campioni d’Italia in carica. E per la sua saggezza è stato premiato con un grande successo e i pesantissimi tre punti.

Vogliamo parlare dei cambi? Da una parte e dall’altra. Pioli ha sacrificato un buon Calabria e Kjaer all’intervallo, entrambi ammoniti su giocate del “Che” Kvara sulla sinistra azzurra, per Dest e Kalulu. Tanto disastroso per il Milan l’ingresso di Sergino l’americano, quanto salvifico per il Napoli quello di Giovanni Simeone da Buenos Aires, erede del fuoco paterno del Cholo. Un gol bellissimo per tempismo, coordinazione e costruzione (triangolo di 30 metri con Mario Rui). Incornata, non me ne vogliano le vestali del giornalismo, alla Van Basten, con tanto di torsione in volo. Solo applausi per il Cholito. Ah già, l’altro cambio del Milan sopra citato. Pierino Kalulu, così chiamato dai suoi tifosi. 4-5 cm più in basso e a Milano avrebbero santificato San Pierino di Lione. Ma la traversa sotto la curva nord del Meazza trema ancora, “Padre Pioli” è rimasto con le mani incollate in testa, e Kalulu, folgorato come Fantozzi da visioni mistiche, è tuttora convinto di aver visto San Gennaro, seduto sopra il palo. Onore al cinismo, onore alla capolista.

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