Più pensiamo di capire il calcio, più si diverte a smentirci
Ancora oggi pensiamo di capirlo, ma più ne siamo convinti più si diverte a smentirci. Si prende gioco di noi, delle nostre idee, delle teorie più o meno strane di cui ognuno è portatore.
© “CALCIO” – FOTO MOSCA
Una ricetta con più di un ingrediente segreto, questo è il calcio. Una scienza che non si presta ad alcun dogma. Una legge universale che può essere capita da tutti, nonostante gli stessi la interpretano in tantissimi modi diversi. Ancora oggi pensiamo di capirlo, ma più ne siamo convinti più si diverte a smentirci. Si prende gioco di noi, delle nostre idee, delle teorie più o meno strane di cui ognuno è portatore.
Bistrattiamo la Serie A, ma su 12 squadre giunte al penultimo atto di competizioni europee un terzo sono italiane. Tra queste c’è il Milan, che insegna al Napoli capolista come si affrontano le partite di questo livello, ma che vede la classifica dalla quinta posizione. Ancora più curioso è il caso Inter, ancora in gioco in tutte le competizioni, ma in zona Conference League. E se la Lazio, dal secondo gradino del podio, è stata la peggiore fuori dal territorio italico, la Fiorentina è ad un passo da una finale albergando (quasi) nella parte destra della classifica. Casualità, congiunzione astrale, allineamento di pianeti, chiamatelo come volete.
Qual è il campionato migliore? La Premier League, risponderebbero in coro tanti tifosi all’unisono. City in Champions, West Ham in Europa C. E quindi? Cosa vuol dire? Niente. Assolutamente niente. Il campionato inglese resta migliore di quello italiano? Sì, e perché è così poco rappresentato giunto quasi ai titoli di coda? E, ancora, com’è possibile che mentre la Serie A sembra in rispolvero, arrivano dei casi talmente curiosi da farci diventare gli zimbelli d’Europa? Sarà l’Italia, maledetta terra di contraddizioni e ossimori.
Il Barcellona domina La Liga, ma il ritrovato Manchester United gli insegna calcio prima di praticare un harakiri al turno successivo. Il Real Madrid, in un modo o nell’altro, è sempre lì. Ma loro la competizione l’hanno creata. E, guidati da un italiano, non si precludono niente. A proposito, il calcio italiano è talmente in crisi che tre allenatori su quattro in semifinale vengono dall’Emilia Romagna. Perché il catenaccio, come lo definì Brera, non serve. Oggi non è più vincente. Ma non è ironia, perché in Italia entrambe le milanesi contano 18 sconfitte in due.
E se l’Italia è così presente in Europa, com’è possibile che siamo una delle Nazionali più in difficoltà di sempre? Eppure tutte queste semifinaliste contano diversi italiani in rosa. Ma tornando a snocciolare la Serie A: se il Milan si è dimostrato più forte del Napoli, vincendo quasi tre scontri su tre, perché dista ventidue lunghezze dagli azzurri? E quindi chi è più forte? Il Napoli Campione d’Italia o il Milan che non subisce gol in 269 minuti mettendone 6 a referto?
Smettiamola tutti di sentirci portatori della verità. Basta sparare sentenze. Tanto, alla fine, come abbiamo visto, è il calcio a decidere tutto. Non vorrà mai diventare un calcolo matematico, e non sarà mai sufficiente dare un’occhiata superficiale alle classifiche per lanciare pronostici a destra e a manca. Al diavolo statistiche, numeri su numeri, giudizi sparati in virtù di palmares o stipendi.
Chiaramente scopo dell’articolo non è radiare tutte le menti pensanti del mondo, ci mancherebbe. Ma, ad oggi, esistono tanti e tanti pseudo professoroni che probabilmente non hanno mai neanche ascoltato il rumoroso silenzio dello spogliatoio. Facciamo sì che il calcio resti quello che è: emozione, senza fare troppi conti. L’emozione è ciò che salverà il mondo, e questa non si presta all’obiettività, al prestabilito e all’oggettivazione. L’ultima parola sarà sempre quella del campo, e mai nessuno potrà privarlo di questo potere.