Julian Álvarez, fenomenologia del craque argentino nel mirino del Napoli
Julián Alvarez è il nome del momento. Tutto quello che c'è da sapere sull'araña, colui che potrebbe tornare a far ballare tango al Maradona.
Chi è Julian Álvarez? Si parla di lui perché ha un contratto in scadenza nel 2022 che prevede una clausola rescissoria di circa 25 milioni. Il suo nome è accostato alle big d’Europa e tra queste anche al Napoli. Perché il Napoli dovrebbe far di tutto per assicurarsi le prestazione del futuro craque del calcio argentino? Perché siamo follemente innamorati di lui?
Julian Àlvarez, l’araña.
Se a qualcuno passasse per la testa la folle idea di visitare le capitali del calcio argentino, Córdoba è senza dubbio tappa da non perdere: el clásico cordobés, in cui si danno battaglia l’Atlético Belgrano e l’Atlético Tallares, è infatti uno dei match cult del calcio albiceleste. Ad un centinaio di chilometri dalla città, c’è un paese che scarseggia a contare mille abitanti. Si chiama Calchín, che lettaralmente significa “posto salato“. Appena arrivati in paese, c’è un cartello, “bienvenidos a Calchín“, benvenuti a Calchín. Ordinaria amministrazione, nulla di strano. Se non fosse che, come sfondo a questo cartello di benvenuto, è raffigurato un calciatore con una coppa tra le braccia ed un’altra a mó di Cristo Redentore. Con le braccia spalancate. Beh, ordinario non proprio, come l’Argentina d’altronde. Non ordinario nemmeno perchè sotto alla dicitura sopraelencata, c’è un’altra scritta: “La Tierra de Julian Álvarez”. Contorno di quest’opera d’arte, una ragnatela. Questa perchè l’apodo, il soprannome, del talento Argentino è l’Araña, il ragno. Colpa – o merito – di un fratello maggiore che ha iniziato a chiamarlo così prendendo spunto dai commenti dei suoi compagni di squadra al Club Atlético Calchín, i quali sostenevano avesse più gambe vista la sua incredibile velocità.
Àlvarez fu ad un passo dal grande calcio europeo già ad undici anni. Nel 2011 fece un provino con il Real Madrid, tuttavia tornò nella sua città natale dopo essersi scontrato con la politica interna del club relativa all’acquisto di giovani calciatori. È infatti previsto il divieto di tesserare minori di tredici anni; lui, ne aveva compiuti da poco undici. Nonostante l’interesse delle maggiori squadre argentine, Julian non vuole allontanarsi da casa. Almeno, non prima del 2015. Anno in cui arriverà il River Plate: qui il ragno inizierà a far conoscere la potenza della sua morsa.
River Plate, un’accademia di calcio
“Un lingotto d‘oro! un lingotto vero!
Queste sono le parole che rimbombano per la città di Buenos Aires. Arrivano da parte del rappresentante del Club Atlético Tigre, il quale ha ricevuto da parte di Antonio Liberti, presidentissimo del River, un lingotto d’oro per Bernabé Ferreyra, uno dei giocatori più forti della storia dell’Argentina e del River. Urla, quelle del rappresentante, che daranno via ad un rapido passaparola, lo stesso che porterà in Argentina e nel resto del mondo ad etichettare i calciatori vestiti di bianco con una banda trasversale rossa Los Milionarios. Grande potenza economica il River Plate lo è sempre stato. Tant’è che secondo alcuni l’apodo affibbiato alla squadra deriva dall’esorbitante cifra che entrò nelle casse del club, e con cui ricostruirono un settore dello stadio, a seguito della cessione di Omar Sivori alla Juventus. Dunque, se parliamo d’affari “millionarios”, il River è sempre stato in prima fila.
Nonostante la forza di cui dispone il club, i suoi dirigenti hanno sempre preferito investire nel settore giovanile, ad oggi uno dei migliori al mondo. Ciò anche merito dei loro scout scova-talenti nei campionati minorili argentini. Hanno un modo particolare per scovarli: metterli alla prova in situazioni complicate in campo, come farli giocare in 4 contro 2, 4 contro 3 e 5 contro 2. Il loro lavoro con i ragazzi più piccoli danno benefici in primis alla squadra maggiore e poi anche ai più importanti club europei che vanno ad acquistarli dal River. Proprio da qui, infatti, sono venute fuori alcune delle più grandi stelle del calcio mondiale. Tra cui Javier Saviola, Pablo Aimar, Daniel Passarella ed Hernan Crespo. Julian Álvarez sarebbe la nuova stella emersa dal vivaio. Nuova linfa dal quale poter dar vita ad una nuova trattativa “milionaria”. A seguito della grandissima stagione disputata, gli occhi delle superpotenze europee sono tutti caduti su di lui. Si prospetta, infatti, un mercato estivo infuocato.
Reduce dalla vittoria della Primera División, di cui è stato capocannoniere con diciassette gol, Julian Àlvarez è senza dubbio il nuovo grande talento del River Plate destinato al grande passo verso l’Europa.
Dall’anno scorso è entrato nel giro della nazionale argentina. Debutta contro il Cile in una gara di qualificazione per i prossimi Mondiali al fianco del suo idolo, Lionel Messi. Il CT della Selección Lionel Scaloni, a partire da allora, lo ha sempre convocato, concedendogli anche un buon tempo a disposizione per mettersi in mostra in Copa América contro l’Ecuador. Così, Julian realizza il suo sogno. Aveva poco più di dieci anni quando in un potreros in provincia di Cordóba arrivano dei giornalisti per intervistarlo. E lui, rievocando un pò uno dei sogni più celebri al mondo espressi sempre in un tipico campo argentino, dice: “il mio sogno è quello di giocare con la Selección“.
Lente d’ingrandimento sul campo
Álvarez è una profilo multifunzionale che offre soluzioni lungo tutta la prima linea: può giocare come un numero nove, come un’ala, come un centrocampista e anche come un esterno. Con potenza fisica, intelligenza di gioco, tecnica con la palla, buona definizione e passaggio, porta anche quel necessario sacrificio difensivo che si vede spesso nelle squadre di Gallardo. Ha qualità, generosità, per la sua giocosità, ma soprattutto per la funzionalità, perché il River con Julian è una squadra, senza ne è un’altra.
“Napoleón” lo ha utilizzato veramente ovunque. Prevalentemente come punta classica, ma anche come falso nove. L’araña, riprendendo le parole del suo primo allenatore Rafael Varas, ricorda molto Claudio Caniggia. Ciò che li accomuna è l’abilità nel controllare, e stoppare, il pallone in velocità, senza mai perdere il controllo. Capace di estrarre il coniglio dal cilindro in qualsiasi momento, Álvarez gioca palla con i compagni sulla trequarti, senza mai disprezzare la possibilità del tiro in porta, qualora ci sia spazio. Se questo viene meno, no problem, lo crea: come è successo nel primo gol segnato nel derby contro il Boca Juniors, nel quale ha siglato una doppietta, conducendo i compagni alla vittoria.
Nel secondo gol, invece, mostra la sua abilità da centravanti “classico”. In una veloce azione manovrata, da vero rapace d’area di rigore effettua un taglio bruciante sul primo palo, insaccando il pallone sul secondo ai danni dell’incolpevole Rossi.
Non è un giocatore altissimo, nel suo repertorio c’è soprattuto l’esplosività nei movimenti e la rapidità d’esecuzione. Se parliamo di esplosività, va menzionato anche il potentissimo tiro di cui è dotato. Di questo ha già dato ampia dimostrazione; uno dei gol in cui più si nota la potenza di tiro del calciatore è in un’azione che prende le mosse da un contropiede. La gara è tra Central Córdoba, proprio la città di Julian, e il River Plate. In un momento in cui la squadra di casa acquistava campo tentando di trovare il gol del pareggio, il pallone viene spazzato – quasi – alla vecchia maniera. Nonostante sembri perso, Àlvarez lo stoppa e, con una zampata vincente, riesce a lanciare i suoi in contropiede. È più lontano rispetto al resto della squadra, già ai limiti dell’area di rigore. Un passaggio sbagliato fa cadere in errore il difensore del Central che, non perfetto, con un tocco morbido e scialbo, posiziona nel modo migliore il pallone per Álvarez, che sprigiona tutta la sua forza.
Tutti hanno notato la cannonata. Forse in pochi hanno notato che, dopo il passaggio effettuato da cui nasce il contropiede, anche grazie all’intervento del difensore, inciampa. Quando Carrascal (il numero 10) s’impossessa della sfera, per smarcarsi in mezzo a due s’allunga il pallone, Álvarez, in quel momento, si rialza immediatamente e inizia a correre con un gesto che vediamo solitamente a fine partita. Il capo chinato verso il basso e la ricerca del raggiungimento della più alta velocità. Come se già sapesse che il pallone lo avrebbe aspettato lì al limite dell’area. Non solo uno straordinario goleador dal tiro violento o un rapace d’area di rigore. Àlvarez, quando impiegato sulle fasce, adora accentrarsi per andare a giocare il pallone con i compagni per liberare l’inserimento delle mezzali. Corollario di questo è il numero degli assist da lui realizzato questa stagione, undici. Non pochi per un attaccante. Anzi. Segna come un bomber, libera al tiro come un trequartista.
Insomma, dategli il pallone che lo trasforma in oro. Proprio per questo è un giocatore che fa impazzire, è un calciatore creativo, a cui piace tenere il pallone fra i piedi, che sia per calciare, dribblare o passare. Lo aveva detto proprio lui da bambino. Gli interessava il pallone e voleva toccarlo quanto più possibile. I mister, per quanto solitamente siano improntati ad insegnare un gioco fatto di passaggi rapidi e di prima, di certo non potevano vietarglielo. Anche perchè i primi a giovare delle sue giocate, erano proprio loro. Non solo, un Presidente che vanta un simile talento in rosa, volete che non sia sempre presente? In questo caso doveva esserlo anche più del dovuto. Motivo? La risposta è tutta in una sua dichiarazione.
Quel comportamento lo ha ancora oggi. Non è un calciatore che ama rivolgersi agli arbitri, tantomeno se si tratta di protestare in merito a loro decisioni. Possiamo dire che il lato caratteriale del classe 2000 non è per niente cambiato. Come non è mutato nemmeno l’atteggiamento dei mister di altre squadre: tutti stregati dal suo enorme talento.
Dopo tanta violenza, ecco un tocco morbido e leggero. In risalto c’è l’inserimento e la velocità con cui si smarca. Stavolta, partito ad un filo dalla zona che scotta, si ritrova defilato sulla destra. Il portiere non può che andargli incontro, scavandosi praticamente la fossa da solo. Passettini per aspettare il rimbalzo giusto e il pallone gonfia la rete alle spalle dell’inerme portiere, che nulla può oltre che andarlo a recuperare dalla porta.
Come potrebbe inserirsi nel Napoli di Spalletti?
Quando si tratta di sviluppare un attacco il Napoli non si affida a veri e propri schemi. Spalletti lascia liberi i suoi interpreti di sfoggiare al meglio le loro qualità. Che siano individuali oppure a seguito di un’azione costruita grazie all’intesa che intercorre tra loro. Integrandosi alle caratteristiche dei propri uomini d’attacco, il Napoli è imprevedibile. A destra, per esempio, Politano preferisce ricevere il pallone sulla linea laterale, e rientrare nel campo sul suo piede sinistro. A quel punto, la mezzala di parte si avvicina per offrire uno scarico, mentre Di Lorenzo e Osimhen spingono la difesa ad abbassarsi scattando in profondità. A sinistra, Insigne alterna due movimenti differenti, che Mario Rui prova a compensare. Il capitano o si abbassa per ricevere il pallone nella zona della mezzala, e il terzino si allarga in fascia per attirare il suo omologo dal lato opposto; oppure, quando il gioco si sviluppa sulla fascia opposta, Insigne si allarga per offrire un’alternativa sul cambio gioco e Rui, già stretto per proteggere il Napoli da un’eventuale ripartenza, se vede lo spazio prova ad incunearsi in area centralmente.
L’idea di accaparrarsi l’emergente talento argentino anima Napoli ed il Napoli. Considerata l’estrema funzionalità del calciatore, sicuramente potrebbe ricoprire il ruolo d’Insigne. Il capitano, partente, è sempre stato il leader tecnico della squadra in fase offensiva. Con Àlvarez il pallone è senza dubbio in ottimi piedi. Come il 24 azzurro s’accentra, si smarca, l’unica differenza è che non cerca la maggior parte delle volte il tiro a giro. Una volta accentrato è necessario l’inserimento da parte dei compagni. Caratteristica perfetta per Osimhen. Se invece lo si volesse adottare come trequartista alle spalle del nigeriano sarebbe ancora più libero d’inventare, di liberare i compagni e… scatenare la sua potenza dalla lunga distanza.
Il Napoli ha sempre avuto un feeling particolare con i calciatori argentini ed in generale sudamericani. Nonostante questa chimica pare sia scemata ultimamente, l’acquisto di Àlvarez può far tornare Napoli a ballare il tango: seguendo un ritmo di spettacolo, gol e vittorie.