Spallettineide
I cambi effettuati all'ultimo minuto, una tenuta fisica non sempre al top da parte dei suoi giocatori, Luciano Spalletti forse ha qualche responsabilità.
© “SPALLETTI” – FOTO MOSCA
Prima o poi potrebbe venire allo scoperto il Casalino di Spalletti, alter ego del prolifico portavoce di Conte investito del ruolo di premier. La deduzione è motivata dal diffuso e convinto consenso dei media tributato a Spalletti super allenatore, fatta eccezione per questa testata e poche altre voci di opposta convinzione, ma profuso dai quotidiani sportivi e dall’informazione radiotelevisiva.
La valutazione sicuramente contro corrente, anticonformista, forse severa per eccesso ma estranea a pregiudizi, principia dall’esordio del Napoli orfano di Gattuso, dall’ibrido informe degli undici messi in campo da Spalletti privi di personalità, ovvero, né tutta grinta come accadeva con il sanguigno tecnico calabrese e tanto meno spettacolarmente produttivo con Sarri, emulo della perfezione molto prossima al modulo Guardiola.
Né carne e tanto meno pesce, eppure macchina con elevata propensione alla vittoria, ma soprattutto per le performance individuali dei suoi solisti. Sul lungo tratto in discesa della squadra, anche incidenti di percorso per vizi di forma: apatia, scarsa tenuta della concentrazione, incomprensibile anomalia e mugugni per ricorrenti esclusioni di miti qual è ‘Ciro’ Mertens e ruoli snaturati come l’incombenza che ha costretto progressivamente Insigne a spendersi in chiave di supporto difensivo e di faticoso raccordo di centrocampo con gli uomini dell’attacco.
L’esodo di Manolas somiglia molto a un addio per nulla amichevole, il motore della squadra ha vissuto con scarso profitto le scelte ballerine di ruoli patite da Fabian e Zielinski e strane alternanze d’impiego, Demme-Lobotka, Lozano-Politano, Elmas-Mertens, che hanno impedito di costruire un progetto di gioco competitivo con avversari di vertice, di media e bassa classifica.
Nel repertorio del tecnico dalla forte empatia con le scelte sportivo-finanziarie di De Laurentiis manca in assoluto il fil rouge di una efficace strategia per contrastare il difensivismo esasperato di formazioni tecnicamente modeste.
Non c’è molto da aggiungere alle considerazioni sulla strampalata idea dei cambi e però non è difficile capire che in svantaggio nel punteggio, com’è accaduto, mandare in campo un attaccante negli ultimi cinque minuti crea solo disorientamento del collettivo e che sostituzioni ‘a grappolo’, spesso tardive, segnalano deficit di oculatezza, scelte della disperazione, insomma il ricorso al folcloristico ‘ciuccio fa tu’.
Come denunciato in passato da ‘Sport del Sud’ e ora dalla stampa di settore, cosa deve ancora succedere perché Spalletti rimedi al micidiale ripetersi di ‘infortuni’ muscolari degli azzurri? Una domanda, infine: ma c’è qualcosa di vero negli elogi al tecnico per la ‘compattezza’ della squadra e la supposta abilità nel tenere unito il gruppo?