Rigobert Song, pilastro camerunense passato per Salerno

Rigobert Song ha speso la sua vita per la nazionale Camerunense, da giocatore, allenatore, dg e oggi come organizzatore della Coppa d'Africa.

Articolo di Luigi Guelpa22/09/2021

Dopo i fasti di Italia 90, quando il Camerun sfiorò le semifinali, quattro anni dopo i Leoni Indomabili tornarono a disputare un mondiale. La squadra era completamente rinnovata, anche se il vetusto Roger Milla provò a mettere a disposizione degli appassionati americani le ultime stille di classe, segnando persino un gol a San Francisco contro la Russia.

Il Camerun staccò il biglietto per gli Usa grazie alla direzione tecnica dell’allenatore locale Jules Nyongha, che nei mesi che precedettero il trofeo iridato venne rimpiazzato, un po’ a sorpresa, dal francese Henri Michel. Nyongha aveva la lista pronta, ma non piaceva alla federazione e al ministero dello sport, che a quelle latitudini sono quasi una cosa sola. Così venne licenziato senza troppi complimenti e i 22 del Camerun furono di fatto imposti a Michel.

Nella rosa figuravano due ragazzini di appena 17 anni Raymond Kalla e Rigobert Song. Mentre il primo ha poi vissuto una carriera di discreto cabotaggio, Rigobert Song fu una felice intuizione, diventando uno dei pilastri della storia recente degli africani. Lo dimostrano le 137 presenze in nazionale, ma anche la militanza in squadre importanti come Liverpool, West Ham e Galatasaray. Al termine del mondiale Song approdò in Francia nel Metz, tentando nel 1998, dopo aver giocato anche la kermesse iridata transalpina, le sorti della Serie A con la maglia della Salernitana, appena promossa nella massima divisione.

Era la squadra di Delio Rossi, che in campo poteva disporre di Fresi, Gattuso e Di Vaio tra gli altri. Song giocò in tutto quattro partite, tempo di segnare un gol alla Roma all’Olimpico all’esordio. Rimase in maglia amaranto fino a ottobre, per poi essere ceduto al Liverpool per 5 miliardi delle vecchie lire. In Italia non sfigurò, pagando piuttosto le 4 sconfitte consecutive nelle altrettante uscite con la maglia da titolare.

“Risultati alla mano, l’allenatore fece quello che ritenne giusto. Provò un assetto diverso, lasciandomi ai margini della squadra. Ero un professionista, non potevo fare altro che accettare le sue decisioni, ma chiesi di cambiare aria”. Di quella esperienza ricorda due cose: il mare e l’amicizia con Luca Fusco, altro gendarme della difesa.
“Mi sembrava davvero di vivere in una cartolina. L’impatto dal vivo con quella costa è stato molto intenso, così come la cucina e il calore dei tifosi”. Di Fusco invece racconta: mi ha fatto sentire uno di famiglia, e poi in campo aveva un temperamento invidiabile. Mi ha insegnato molto”.

L’ultima squadra della sua carriera agonistica è stata il Trazbonspor nel 2010. Poi si è dedicato al Camerun, come allenatore delle nazionali giovanili, ma anche nelle vesti di direttore generale dei Leoni Indomabili. Tutto questo fino al 2 ottobre del 2016, quando per un attacco ischemico ha rischiato la vita. “Se fossi rimasto in Camerun probabilmente non sarei qui adesso a parlare con lei. Ho avuto la fortuna di trovare il sostegno di alcuni miei compagni di squadra che mi hanno aiutato, pagandomi cure e operazione all’ospedale Salpetrière di Parigi”.

Sì, perché nel frattempo Song era sull’orlo della bancarotta, non per aver sperperato i soldi, ma per essersi fidato di alcuni investitori che si sono dileguati con i suoi risparmi. Ripresosi dall’infermità, oggi Song è nel comitato organizzatore della Coppa d’Africa che il Camerun ospiterà a gennaio. “Siamo attrezzati per trionfare, anche se non vedo all’orizzonte un erede di Eto’o, che a questo Camerun manca come l’aria”. 

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