Osimhen 2.0 mette tutti d’accordo: è tra i più forti al mondo

La crescita è lampante e l'evoluzione, forse, non è neanche completa. La versione 2.0 di Victor Osimhen fa impazzire il campionato italiano e mette tutti d'accordo.

Articolo di Luca Paesano23/01/2023

© “OSIMHEN” – FOTO MOSCA

Il Napoli sta facendo un campionato a parte. Gioca in una lega completamente diversa rispetto a quelle che dovrebbero essere le proprie principali avversarie. La Grande Bellezza questa volta ha la regia di Luciano Spalletti, colui che secondo un mito popolare crolla nella seconda parte di stagione. In realtà, però, non sta andando proprio così, anche perchè non è mai andata così.

Ha ragione Inzaghi quando dice che il percorso del Napoli sta sminuendo tutto ciò che di buono stan facendo le altre. “L’Inter nelle ultime 10 partite ha vinto 8 volte, perdendo solo con la Juventus e pareggiando con il Monza. Nonostante la Champions e le defezioni, la squadra ha trovato una buonissima continuità ma il percorso del Napoli fa sembrare normale tutto questo”, ha affermato il tecnico in difesa del proprio cammino. L’azzurro domina la classifica in maniera imbarazzante, scolorendo tutto ciò che c’è al di sotto. Eppure le inseguitrici viaggiano a medie consone con i sogni scudetto degli ultimi campionati: erano 39 i punti di Napoli e Milan lo scorso anno, appaiate dietro l’Inter; sono 38 e 37 i punti di Milan e Inter quest’anno. Il jolly che spariglia le carte e riscrive le regole del gioco è la formazione partenopea, e lo fa in maniera sostanziale ed irreversibile.

Il Napoli si è appropriato del campionato estraniandosi ed elevandosi dalla sufficienza del calcio italiano. Ha preso in mano il proprio destino con la forza delle idee e con la freschezza dei propri interpreti. Due su tutti: Khvicha Kvaratskhelia e Victor Osimhen, i veri frontman della band. Se del georgiano, autentica rivelazione, si è già ampiamente discusso in questi mesi, probabilmente non si è ancora parlato abbastanza della crescita del centravanti nigeriano.

In materia di attaccanti, i tifosi del Napoli hanno ormai il palato sopraffino. Prima Cavani, poi Higuain, e poi l’improvvisato Mertens: 343 gol in tre, distribuiti in 12 anni dal 2010 al 2022. Nel mezzo un’unica delusione, o almeno per personale parere: Arkadiusz Milik. Neanche per colpe esclusivamente sue, sciagurato nel rompersi due volte il crociato, ma rispetto ai suoi predecessori e al suo inventato successore è quello che ha meno convinto e, allo stesso tempo, lasciato meno il segno, sia sul campo che nel cuore.

Victor Osimhen è una cosa diversa da tutto ciò che il Napoli e i tifosi del Napoli sono stati abituati a vedere. Ed è anche il prototipo di un giocatore rivoluzionario, che si è già visto ma che raramente ha raggiunto tali livelli. Non ha nulla di calcisticamente ammaliante, e ancor meno di poetico. Scoordinato, sgraziato, antiestetico e goffo, è quanto di più distante esista dall’eleganza del movimento. Piedi indelicati, rudimentale, lacunoso nella tecnica di base, senza alcuna eccelsa dote balistica, né tantomeno funambolica. Non è niente di neanche lontanamente avvicinabile all’essenza del Fútbol, per dirla alla Lele Adani. È l’identikit perfetto di uno che con il calcio non dovrebbe averci nulla a che fare, ma benedetto da una genetica che quasi lo assimila più ad un automa che ad un umano.

Osimhen è niente e allo stesso tempo tutto. È il ritratto di un analfabeta calcistico condensato in un prodigio della natura. Quello che porta a spasso difese intere ed incrocia in volée contro la Roma, ma che a tu per tu con Szczesny spedisce il pallone in curva. È lo Yin e lo Yang, due forze completamente opposte che si bilanciano e si equilibrano. C’è poco, probabilmente nulla, che possa frapporsi fra Osimhen ed il suo destino quando allunga le falcate e fa salire i giri del motore. È una creatura al passo con i tempi dell’evoluzione calcistica, sempre più valorizzatrice del fisico a discapito della tecnica. E non smette mai di sbalordire. Dirompente e straripante in ogni singolo gesto, e nel pieno di un processo di maturazione che lo sta portando diritto nell’Olimpo dei grandi attaccanti della sua generazione. Perché più forti di Victor Osimhen, ad oggi, ce ne sono pochi a spasso per il mondo.

Il 9 del Napoli è così, divisivo a seconda dei gusti ma inattaccabile di fronte al verdetto dei numeri. I 14 gol segnati nelle prime 19 partite tra campionato e coppe (13 in Serie A, 1 in Champions League) lo proiettano verso la miglior stagione della sua carriera. Il record personale risale alla stagione 2018/19, quando con lo Charleroi in Belgio ne totalizzò 20 in 36 partite, con la media di una rete ogni 147 minuti. Attualmente viaggia invece ad un gol per ogni 96 minuti giocati in Serie A, che salgono a 103 considerando anche Coppa Italia e Champions. Meglio di lui, solamente Lewandowski e Haaland.

Il suo miglioramento passa tanto da fattori individuali quanto collettivi. Ne avevamo già parlato un anno fa, disegnando Victor Osimhen come il bomber con più assenze che gol. Tale è stato per la prima stagione e mezza in maglia azzurra: una lussazione alla spalla, un trauma cranico, una frattura facciale e, nel mezzo, due volte positivo al Covid. In totale sono state 37 le partite saltate dal nigeriano dal settembre 2020 al gennaio 2022. E anche quest’anno, a dire il vero, la stagione non è cominciata con il piede giusto. Pronti via e subito ko contro il Liverpool, all’esordio in Champions: lesione al bicipite femorale e un mese di stop, che per fortuna coincide anche con la pausa nazionali.

Dal rientro in campo il 12 ottobre contro l’Ajax, il nigeriano non si ferma più, tanto dal punto di vista fisico quanto dal punto di vista realizzativo. E pensare che molti, sottoscritto incluso (mea culpa), credevano che il suo ritorno sarebbe stato un elemento di disturbo ad un’orchestra perfettamente armonizzata in sua assenza. Invece, il Napoli si è ridisegnato e perfezionato attorno al suo 9. Come una valanga travolge tutto ciò che si ritrova dinanzi e ha, finalmente, l’opportunità di prendersi il palcoscenico per sé. Non soffre più la presenza ingombrante di Dries Mertens, sostituito dai più discreti Raspadori e Simeone che pur meriterebbero il loro spazio. Osimhen ha trovato per la prima volta da quando veste la maglia del Napoli la continuità necessaria per esserne leader. Leader, tanto da riuscire a fare la differenza anche contro le big, cosa che in questi due anni non era praticamente mai capitata. Spesso e volentieri impalpabile contro squadre di alta classifica e in balia di difensori di livello, quest’anno lascia tutti alle sue spalle. Se ne frega, va oltre, li divora. Decisivo a Bergamo con l’Atalanta, all’Olimpico contro la Roma, al Maradona contro la Juve.

Il merito va dato senza dubbio anche ad alcuni accorgimenti tattici. Innanzitutto, e lo dimostrano i dati, Osimhen sta beneficiando in maniera determinante dell’asse costruito con Khvicha Kvaratskhelia. Il georgiano ha ridato gamba, freschezza ed imprevedibilità ad una fascia sinistra che ristagnava nella staticità e nella leggibilità dell’ultimo Insigne. Se il 24 staccava la spina, il 77 è elettricità pura, e ha il passo e la velocità per accompagnare le fiammate del nigeriano. La combinazione Kvara-Osimhen ha già portato 4 gol in campionato (un gol su tre di Osimhen porta l’assist di Kvaratskhelia), a fronte dei 5 prodotti in due stagioni dall’accoppiata Insigne-Osimhen.

Anche la riabilitazione offensiva degli esterni sta giocando un ruolo importante. Sono 6 gli assist di Mario Rui (5 nel 2021/22) e i 3 quelli di Di Lorenzo (4 nel 2021/22), che in metà stagione hanno già eguagliato i numeri dello scorso campionato. I terzini ritornano ad essere parte integrante ed attiva nella costruzione del gioco, creano spazi e soluzioni, spalleggiano le ali d’attacco e crossano verso l’area. Tre dei gol del nigeriano arrivano proprio su assistenza dei due laterali. A queste, e alle quattro fornite da Kvaratskhelia, vanno aggiunte anche quelle di Elmas (2) e Politano (1). Palloni nel mezzo, quelli che scarseggiavano lo scorso anno e che premiano la sua presenza al centro dell’area e, soprattutto, le sovrannaturali capacità di elevazione. Il colpo di testa si è riscoperto una delle sue doti migliori: siamo già a 4 reti in questa stagione.

E se per le prime due annate in azzurro Victor è stato il centro di gravità offensivo, spesso servito con un disperato Ave Maria piuttosto che con un reale criterio, Spalletti ha fatto bingo riducendone il coinvolgimento lontano dall’area. Per troppo tempo gli è stato richiesto un esercizio che non gli appartiene, ovvero quello di lavorare e rifinire palloni. Fondamentale in cui, per altro, ha comunque mostrato progressi evidenti. La crescita di Osimhen passa anche e soprattutto dell’espressione di un calcio che – finalmente – ne esalta le caratteristiche. Più verticale, elaborato ma pragmatico. Ed il nigeriano va a nozze.

Una nota a margine, che pare insignificante ma che invece è forse la più rilevante, ce la offre proprio Luciano Spalletti. “Ha fatto passi avanti importanti e non lo vedo più reagire a cose banali, come un fallo. Quando arrivai, fu espulso alla prima partita contro il Venezia. Ora è dentro la squadra come movimenti e comportamenti”. Occorreva uno step mentale ed è stato fatto, forse anche grazie alla sopraggiunta paternità, che si dice aiuti a responsabilizzare e maturare. Tutte le energie nervose sono convogliate nello svolgimento della gara, non più disperse in esagerati e plateali battibecchi con gli avversari. E questo è un gran bene, sia per la squadra che per sé stesso.

Siamo di fronte alla stagione della consacrazione. È la versione 2.0 di Victor Osimhen, quella migliorata e forse non ancora definitiva. Quella che nel bene e nel male, al netto dei pro e dei contro, mette tutti d’accordo. Anche gli scettici e i detrattori. Pur sempre ignorante, come lo aveva definito Mihajlovic, ma disciplinato e consapevole. E soprattutto, tremendamente forte.