Meglio permaloso che ingrato
Lorenzo Insigne, con le sue ultime due storie, evidenzia un lato del suo carattere che appartiene a diverse persone, non solo a lui: la permalosità.
© “INSIGNE” – FOTO MOSCA
Laconicamente, i napoletani continuano a dimostrarsi ingrati verso il loro, ultimo, capitano.
Lorenzo Insigne, con le sue ultime due storie, evidenzia un lato del suo carattere che appartiene a diverse persone, non solo a lui: la permalosità.
Ebbene, sfatiamo il mito che un campione debba essere un uomo perfetto, perché si tratta di persone in carne ed ossa. Perché chi non ha il dono dell’estro si arroga il diritto di sentenziare verso chiunque, mentre chi custodisce in sé un talento deve essere vittima di continue accuse? Lorenzo Insigne è permaloso, bene, allora?
Non è in una situazione semplice. Suonavano ricche sirene inglesi vari anni fa, ma nulla. Lorenzo Insigne, dal Napoli, non lo sradicavi.
Potevi fischiargli contro, potevi odiarlo perché, dopo fischiato, lanciava la maglia, (ovviamente a lui nulla è stato concesso, ai tifosi il perfetto opposto), ma lui restava sempre lì: Napoli, la sua terra, la sua origine, il suo sogno divenuto realtà.
La sua maglia, richiamando uno striscione esposto il giorno del suo ultimo match, pesava più delle altre, ma sono stati in pochi a capirlo.
Al napoletano medio basta poco per eccitarsi, due belle giocate riempiono i cuori di gioia, e tutto il passato è dimenticato. O forse no. Perché? Semplice: l’astio, totalmente ingiustificato, verso Lorenzo Insigne, ha subito prodotto uno sterile paragone, un neoacquisto paragonato ad uno storico capitano.
Non mi sembra che ciò si sia verificato in altre piazze, ma qui siamo a Napoli.
Tra le inconcludenti frasi: “Ha segnato più lui in due partite che Insigne in tutta la stagione”. Analisi, se così possiamo definirla, inconcludente e povera di onestà intellettuale.
Nessuno, però, ricorda che quando il termometro delle difficoltà era bollente, in campo si sentiva soprattutto quel numero 24.
“Insigne guadagna x milioni l’anno”, quindi? È per caso un peccato? È una colpa?
E, tra l’altro, dove sta scritto che chi va a percepire uno stipendio più fruttuoso non può piangere nel salutare la sua, ormai, vecchia squadra? Che mentalità gretta e primitiva è?
Forse, allora, non è Insigne a essere permaloso, è il tifoso che è un triste ingrato.
Se Insigne avesse dovuto pubblicare una storia d’amore verso il Napoli, esternando la sua felicità verso la squadra e magari Kvicha, perché il tifoso medio azzurro è partito subito sentenziando meri paragoni che non sussistono affatto? Non poteva godersi il suo nuovo gioiello senza disturbare chi è, oggi, dall’altra parte del mondo?
Allora Insigne non ha avuto tutti i torti a partire, perché prima di tutti ha capito che, verso di lui, difficilmente ci sarà riconoscenza. E sono bastate due partite per spodestarlo dal suo trono. Tra qualche anno i numeri saranno dalla parte del georgiano, ma la via dei numeri è quella intrapresa da chi, dal calcio, non ha appreso nessuna lezione.