Perchè la scaramanzia è una cosa seria
“Non faccio pronostici perché porta sfortuna”. Quando scaramanzia e calcio si incontrano nelle menti dei tifosi.

A Napoli, la scaramanzia è una cosa seria. È risaputo che da queste parti, spesso, si vive proprio in funzione di essa. La si ritrova ovunque, anche nei piccoli gesti che, in occasione di un successivo evento favorevole, diventano rituale abitudinario. Perché la correlazione – almeno nelle nostre menti – è d’obbligo: ad una tale azione, corrisponde un risvolto felice. Ma è davvero così? O meglio, cosa ci porta a credere che sia davvero così?
Non esiste alcuna spiegazione razionale per credere al fatto che i gatti neri portino sfortuna o che il numero 13 sia un numero sciagurato, o che tanto meno lo sia il numero 17. Soprattutto, diventa quasi illogico se poi si risale all’origine del tutto. Per quanto riguarda l’ultimo “indicatore di sfortuna”, fa sorridere pensare che derivi tutto da analfabetismo. Nell’antica Roma, si usava incidere sulle lapidi dei defunti la scritta “VIXI”, ovvero “ho vissuto” e, quindi, sono morto. Nel Medioevo però, considerato l’incalcolabile tasso di analfabetismo, la scritta veniva comunemente scambiata per il romano “XVII”, ovvero proprio il nostro 17. È da qui che deriva il sillogismo tra il numero, inconsapevolmente, sfortunato e accadimenti sciagurati. Dalle nostre parti, poi, ci ha pensato un certo Marek Hamsik a smentire. Con il 17 sulle spalle ci ha costruito una carriera eccezionale.
Ci sono stati anche molti studi scientifici che hanno provato ad indagare su una certa correlazione statistica tra un rito scaramantico e un evento fortunato. Per esempio, in uno studio condotto dalla psicologa Lysann Damisch, il suo team di lavoro ha consegnato ad una metà del campione delle semplici palline da golf, mentre all’altra metà dei volontari una pallina da golf identica alla prima, dicendo loro che si trattava di una pallina fortunata. L’obiettivo dell’esperimento era di andare in buca con un solo colpo e gli esiti sono stati, almeno in parte, sorprendenti. Si è osservato, infatti, che i volontari con le palline “fortunate” ci sono riusciti in misura maggiore (+35%, risultato statisticamente significativo) rispetto a quelli con palline “normali”, pur avendo in realtà le stesse identiche palline a disposizione.
E come si spiega dunque questo fenomeno? Non è che in quelle palline risiedeva realmente una sorta di benedizione che le faceva rotolare più facilmente in buca? Assolutamente no. Qui entra in gioco la psicologia. Essa sostiene che la fortuna, al di là degli eventi attribuibili al fato, è in buona parte frutto della nostra costruzione mentale. In poche parole, credere fermamente in sé stessi o in qualcosa aumenta le probabilità che un evento si realizzi. Sottolineo: non per motivi statistici, ma per motivi puramente mentali. Chi crede che riuscirà ad avere successo, agirà in maniera più libera, spensierata, spavalda e non teme gli imprevisti. Al contrario, chi non è convinto delle proprie azioni sentirà maggiori pressioni, sarà più instabile e, dunque, più incline a fallire.
La scaramanzia quindi ci viene spesso in soccorso come forma di rassicurazione, pur non avendo nessuna sorta di potere magico in grado di condizionare gli esiti degli eventi. I riti propiziatori, le tradizioni beneauguranti, o i vari amuleti, hanno la capacità di calmare le nostre ansie e predisporci in maniera più serena al confronto con gli eventi della vita. Ed è proprio quello che viviamo costantemente con le partite di calcio, ad esempio. Il calcio e la scaramanzia sono molto spesso una cosa sola.
Quante volte ci capita di dire “No, della partita non ne parlo perché sono scaramantico” o ancora “Non faccio pronostici perché porta sfortuna”. Perché poi, altrimenti, come si potrebbe mantenere sulla coscienza il peso di aver portato sfortuna alla propria squadra? Come se il nostro predire il risultato finale possa in qualche misura incidere realmente sui tiri dei nostri calciatori o sulle parate dei portieri avversari. Semplicemente, ci mette maggiormente a nostro agio in attesa della partita.
Non è forse questo il motivo per cui, che si vinca o che si perda, continuiamo imperterriti a guardare le partite della nostra squadra del cuore seduti sempre allo stesso posto, accanto alle stesse persone, indossando sempre la stessa maglia? Oppure, non è forse questo il motivo per cui vediamo centinaia di calciatori fare ogni sorta di scongiuro all’ingresso in campo? Per arrivare al più recente, non è forse il motivo per cui Gianluca Vialli osserva la tribuna, in piedi, con le braccia conserte e spalle al campo nel momento dell’esecuzione dei calci di rigore ad Euro2020?
E allora, lasciateci credere che sia così. Lasciateci credere nei nostri riti prepartita, nel nostro “il pronostico non si fa” e nel tanto caro “complimenti, hai vinto” al nostro avversario del Fantacalcio.
Perché la scaramanzia è una cosa seria.