Mondiali di calcio: l’oriente alla riscossa
Stiamo assistendo al riscatto delle Nazionali di calcio dell’oriente: Giappone, Arabia Saudita e Corea lasciano presagire qualcosa di nuovo e di buono.
Tora, tora, tora era il grido d’assalto dei kamikaze giapponesi in tempo di guerra. Oggi, in una forma evidentemente solo calcistica, stiamo assistendo ad un riscatto delle Nazionali di calcio dell’oriente.
Le prestazioni del Giappone, dell’Arabia Saudita, della Corea, lasciano presagire qualcosa di nuovo e di buono. Sicuramente sarà un Mondiale da guardare con più attenzione, ma soprattutto sarà da considerare quanta dedizione, quanta passione, viene profusa in campo da parte di questi “neofiti”.
Aggredire sportivamente l’avversario con estrema correttezza, con estrema sportività, senza simulazioni, ma con il solo obiettivo di fare calcio; velocità di palleggio, rapidità nella corsa: sembra siano dei suggerimenti da dare anche a qualche Nazionale troppo concentrata solo sull’aspetto tattico.
Lo sforzo nei 90 e (tanti) più minuti va oltre le normali gestioni del gioco dove si calcola troppo spesso aridamente il calcio. Diciamoci la verità, ultimamente siamo molto infastiditi da atteggiamenti fasulli che poco hanno a che fare con la lealtà e la correttezza sportiva; al contrario, ci stiamo entusiasmando a vedere quanta dedizione queste nuove realtà sportive ritenute falsamente minori propongono.
Tanta qualità è sparsa nel mondo e bisogna prenderne atto. I vari Kim Min-jae del Napoli, Heung-Min Son coreano del Tottenham, il cinese Lei Wu dell’Espanyol, Daichi Kamada, Akumi Minamino, giapponesi che giocano rispettivamente nell’Eintracht Francoforte e nel Liverpool, Takehiro Tomiyasu giapponese dell’Arsenal, Shoya Nakajima del Porto, Serdar Azmoun dell’Iran che gioca nello Zenit San Pietroburgo, sono solo alcuni nomi che devono far percepire che l’attività calcistica promossa circa 20 anni fa comincia a dare frutto.
Forse per la Corea possiamo andare anche un po’ più indietro nel tempo e la Nazionale Italiana ne sa qualcosa. La presenza di allenatori e di calciatori europei in questi campionati ha portato un movimento non solo economico; si è creato cioè un ponte importante per far conoscere nuovi ambiti sportivi e un modo diverso di concepire il calcio.
Forse in Europa si è parlato troppo degli aspetti extracalcistici e di questo ne hanno fatto le spese alcune Nazionali.
Hazard in occasione della sconfitta della Germania con il Giappone ha giustamente osservato che invece di pensare a fare politica in campo era meglio che i tedeschi si fossero concentrati un po’ in più sulla partita. L’Arabia Saudita, forte della vittoria della propria nazionale contro l’Argentina, ha proclamato addirittura un giorno di festività nazionale.
Ciò che impressiona positivamente è quanta genuinità c’è nel loro gioco, quanta sportività e riconoscenza per partecipare ad un evento mondiale. Colpisce ancora una volta come la Nazionale giapponese, ma anche i propri tifosi lascino puliti gli spazi che hanno occupato.
Dagli spogliatoi agli spalti, un movimento che fa sorridere e che, nella sua semplicità, ci riconcilia con un mondo fatto di aggressioni e violenza. L’oriente alla riscossa verrebbe da dire. E che sia di buon auspicio per rinnovare un contesto troppo soffocato da interessi economici.
Dalla rubrica “Le vostre voci”, Innocenzo Calzone.