Esclusiva – Bagni: “Delusione Nazionale. In Italia poca fiducia ai giovani”
Salvatore Bagni, storica bandiera del Napoli, ha commentato in esclusiva ai microfoni di Sport del Sud la clamorosa esclusione dell'Italia dal Mondiale di Qatar2022. La sconfitta con la Macedonia è il riflesso di una nazione in crisi che non crede più nei giovani.
La Serie A si ferma sul più bello per lasciar spazio agli impegni delle Nazionali. L’Italia non è riuscita ad agguantare la qualificazione al Mondiale in Qatar, cadendo clamorosamente ai piedi della piccola ma battagliera Macedonia del Nord. Un fallimento storico, che si ripete a 4 anni di distanza dalla disfatta con la Svezia e che stride terribilmente con le notti magiche di Euro2020. Martedì ci sarà una passerella forzata contro la perdente dell’altro spareggio, la Turchia, e poi sarà tempo di gettarsi a capofitto sul campionato, con una volata finale che promette tante emozioni.
Solamente 3 punti dividono le prime tre della classe: il Milan, il Napoli e – virtualmente – l’Inter. Ad 8 giornate dal termine, ogni discorso è ancora aperto e ogni punto, perso o conquistato, può risultare decisivo. Di questo ed altro, Sport del Sud ha parlato con Salvatore Bagni, bandiera del Napoli, con cui ha vinto scudetto e Coppa Italia nella stagione 1986/87.
Salvatore, non posso non iniziare chiedendole un parere sul fallimento della Nazionale
“Chi se lo aspettava… Nessuno lo poteva prevedere dopo la vittoria degli Europei. Tutti pensavano già alla sfida di Oporto, ma le partite vanno giocate. Abbiamo avuto un girone facile, a dire la verità. L’unica più attrezzata era la Svizzera, ma comunque era uno o due gradini sotto di noi. Poi c’è stato quel rigore sbagliato da Jorginho (contro la Svizzera, ndr) e, in generale, siamo calati fisicamente. Anche ieri sera, molti giocatori non erano in condizione. Però quella è una partita da vincere a prescindere. Punto. E poi, ovviamente, loro hanno indovinato il tiro nell’angolino. Quando proprio ti deve andare male…”.
Resta una grandissima delusione
“È difficile stare a casa per due campionati mondiali di fila e pensare che l’ultimo lo abbiamo giocato addirittura nel 2014. Il prossimo forse lo giocheremo nel 2026, ma a questo punto non è neanche più certo eh (ride, ndr). Aspettare 12 anni per vedere l’Italia al Mondiale è veramente tanto. E mi dispiace anche per i giovani, che a parte il trionfo del 2006 non hanno altro da ricordare”.
È stato giusto puntare sullo stesso gruppo vincente o sarebbe stato opportuno aprire un nuovo ciclo?
“Beh, col senno di poi è più facile parlare. Abbiamo gente giovane come Barella o Verratti, Berardi davanti è stato bravissimo. Non si può escludere o non schierare titolari dei giocatori che pochi mesi fa ti hanno portato a vincere un Europeo. Lo avrei fatto anche io. Poi c’è stata anche qualche assenza seria, non ce ne dimentichiamo. Chiesa è stato sempre importantissimo, è un giocatore che ti spacca le partite. Chiellini e Bonucci magari avrebbero potuto segnare su uno dei tanti calci d’angolo, ma purtroppo gli anni avanzano e qualche acciacco è normale. Ma non possiamo comunque attaccarci agli assenti. Si doveva vincere”.
A far la differenza nelle Nazionali spesso è la presenza di blocchi ben consolidati, vincenti, di calciatori che già si conoscono. L’assenza di uno zoccolo duro può essere uno dei motivi del fallimento?
“Beh, è una analisi giusta. Innanzitutto, una volta era molto difficile entrare in quei blocchi lì. Non si cambiavano così spesso i giocatori come si fa ora. Se ne inserivano di tanto in tanto uno o due, ma in linea di massima si confermavano sempre gli stessi uomini. E poi, soprattutto, se giocavi nelle piccole squadre era molto complicato arrivare alla Nazionale. Adesso invece c’è un maggior frazionamento perché si cerca la qualità. Basti pensare al Sassuolo, rappresentato da Raspadori, Berardi e Scamacca. È cambiata la geografia del calcio e non si possono fare più questi blocchi se si pensa che qualcuno sia più forte di uno che gioca in una grande squadra”.
Questa scottante eliminazione dovrebbe, come avrebbe dovuto fare quella del 2018, porre le basi per una ripartenza. Ci sarà la forza e la volontà necessaria per aprire concretamente un nuovo ciclo?
“Ovvio che bisogna passare a pensare al futuro, ma bisogna vedere con che faccia, con che carattere e in che modo lo si farà. Non so se toccherà ancora a Mancini, ma ripartire dopo una delusione così grande è dura. Do per scontato che ci saranno alcuni cambiamenti, alcuni inserimenti, visto che avremo comunque un po’ di tempo”.
Altro tema caldo riguarda i giovani. Il CT della Nazionale Under 21, Paolo Nicolato, ha dichiarato: “Se continuiamo così, dovrò iniziare a pescare ragazzi dalla Serie C o naturalizzarne qualcuno”. Perché qui in Italia si fa così tanta fatica ad investire sui giovani?
“Non è che si investe poco sui giovani, è che costa meno andarli a prendere all’estero. È sempre una questione economica. Quando io giocavo nell’Under 21, con me c’erano Galli, Cabrini, Collovati, Di Bartolomei, Giordano, Rossi, Patrizio Sala. Già eravamo titolari e tutti abbiamo giocato oltre 200/300 partite in Serie A. Adesso è cambiato tutto e ai giovani si dà meno fiducia. Non so se sia calata anche la qualità, però è ovvio che se si acquista un giocatore in quel ruolo, si crede meno nel ragazzo che si ha a disposizione. Serve fiducia e continuità. E, soprattutto, si danno poche possibilità di sbagliare. Invece un giovane deve necessariamente avere la possibilità di sbagliare, per poi capire l’errore e crescere”.
Un discorso che riguarda direttamente Alessandro Zanoli
“Per me Zanoli è un ragazzo promettente, però non gli è stata ancora data l’opportunità di essere valutato. Ha sicuramente un buonissimo futuro avanti a sé. Non so se nel Napoli o altrove. Non credo che gli converrebbe stare nelle retrovie e giocare poco per tre o quattro anni. E penso che neanche lui voglia una cosa del genere. È un giocatore che ha buonissime qualità, ma ha bisogno di mettersi alla prova e anche con continuità”.
Continuità che è mancata negli ultimi anni ad un altro giovane azzurro: Alex Meret
“Credo che il prossimo anno non esisterà più questa situazione. Rimarrà solo Meret come portiere e Ospina andrà via, visto che è in scadenza di contratto. È una situazione che si è prolungata per troppo tempo. Due anni di alternanza continua sono eccessivi”.
Per collegarci al campionato, il grande equilibrio ai vertici della classifica va interpretato come un segnale positivo o negativo per il calcio italiano?
“Positivo solo dal punto di vista dell’intrattenimento, perché ci si diverte di più. Negativo perché secondo me è ovvio che si sia abbassato il livello. Non che fosse bello veder vincere la Juve a cinque giornate dal termine (ride, ndr). Però se ci soffermiamo a guardare le tre squadre che sono lì, quattro se ci aggiungiamo la Juventus, anche se non penso che abbia possibilità di vincere lo scudetto, sono già tutte fuori dalle coppe. Questo è un problema serio, non possiamo guardare solo al nostro orticello. Certo è che se il Napoli dovesse portare a casa lo scudetto, allora mi interesserebbe poco del discorso europeo (ride, ndr)”.
E in campo internazionale non si riesce proprio a reggere il confronto
“Bisogna crescere nella mentalità e nell’intensità di gioco. E poi è chiaro che gli altri hanno anche più possibilità di noi. Pensa a tutte le inglesi: se vogliono un giocatore, lo prendono. E vale anche per le società più piccole. Duellare con loro è quasi una battaglia persa in partenza, sul mercato e, di riflesso, anche sul campo. Dodici anni senza che una squadra italiana vinca un trofeo sono un’infinità. L’ultima vittoria, Inter-Bayern a Madrid, c’ero io a commentarla. A questo punto, se serve a far vincere un’italiana, posso tornare a commentare (ride, ndr)”.
L’altro giorno ha risposto in maniera enigmatica su un possibile futuro nella società in veste di dirigente. Ci può dire qualcosa in più?
“Non mando messaggi, non mi piace. Noi abbiamo un lavoro enorme con la nostra agenzia. Mio figlio è procuratore e ci occupiamo di calciatori stranieri da 33 anni. Io ho un rapporto spettacolare con De Laurentiis, ci sentiamo e ci stimiamo. Quando ho qualcosa da dirgli lo chiamo e viceversa”.