Kobe Bryant, dopo due anni il vuoto lasciato è ancora immenso

A due anni dalla tragedia che strappò al mondo Kobe Bryant, la figlia Gianna e altre otto persone in quell'infausto incidente in elicottero, il dolore è ancora grande nel cuore degli sportivi di ogni angolo del mondo.

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Articolo di Francesco Gorlero26/01/2022

Sono trascorsi due anni da quella maledetta domenica 26 gennaio 2020. Kobe ci lasciò per sempre, insieme alla figlia tredicenne Gianna Maria e altre sette povere anime. Questo editoriale, tuttavia, non pretende di essere un approfondimento sul giocatore Kobe, sull’uomo, sul padre. Né ha pretese di illustrare la grandezza del personaggio. È nostra intenzione ricordarlo, come ricorderemmo un amico. Il sottoscritto, d’altronde, ha trascorso svariate ore in compagnia di Kobe.

Faccio parte della LakersNation dal passaggio di Shaq nel 1997 in gialloviola, lo stesso anno del draft in cui venne selezionato il nostro compianto. Ho avuto modo di vederlo affacciarsi al gioco, stupire tutti a 18 anni, fallire ripetutamente tiri e venir rincuorato da O’Neal dopo una sanguinosa eliminazione con i Jazz nei Playoff 1997. Essere il più giovane giocatore a venir selezionato per l’All Star Game 1998 al Madison Square Garden ed esplodere definitivamente in quella partita. Michael Jordan fu eletto MVP, ma il giorno dopo non si parlava che di quel ragazzino con l’afro che aveva fatto numeri da predestinato. E così fu. Insieme a Shaq, tra il 2000 e il 2002, ho letteralmente toccato il cielo con un dito vedendo la combo più devastante di sempre in azione demolire chiunque si fosse parato di fronte. Né Reggie Miller, né Allen Iverson, né tantomeno Jason Kidd hanno potuto contro quei Lakers, guidati, è giusto ricordarlo, dal maestro Zen Phil Jackson.

Finché l’armonia è durata tra Shaq e Kobe il sole splendeva caldo in California. Dopo quel Threepeat dal 2000 al 2002, l’ego di Bryant, e il bisogno di prendere in mano una squadra e ripercorrere finalmente le orme del suo modello con il numero 23, portarono alla scissione della combo. Personalmente, da quel momento, ho sempre visto Kobe come una sorta di “nemico” in casa, pur riconoscendo il valore indiscutibile del giocatore e la mentalità ossessiva per il gioco. Purtroppo sono un Lakers anomalo, e se avessi potuto, avrei voluto far parte anch’io del coro che si leva nello spot Nike per l’addio di Kobe dal basket professionistico.

Il mio “amore” e “odio” per Kobe è stato assoluto. Ed è per questo motivo che l’unico modo per omaggiarlo con sincerità e rispetto, rammentando che siamo entrambi Lakers, ritengo siano i miei ricordi più vivi. Quella parte del cuore purple and gold che condividiamo intimamente. E uso la forma verbale presente “siamo” entrambi Lakers, poiché sei vivo e vivrai per sempre come il portabandiera della LakersNation, nonché rappresentante più degno di quei colori.

20 ricordi, così il numero di stagioni giocate in maglia gialloviola.

  • 1997. Ricordo stavo leggendo la rivista American Superbasket e ti vidi evidenziato tra le scelte del draft perché saltando il College, direttamente dalla High School entravi nel mondo dei grandi. Non hai mai temuto il famigerato Rookie Wall, anzi, lo hai sfondato come solo tu sai fare. Vincendo una gara delle schiacciate passando la palla tra le gambe. Mostrando le tue qualità subentrando dalla panchina, aspettando il momento proficuo per dare il morso da giovane mamba e scavalcare le gerarchie. Sotto l’ala protettiva di Shaq, in tre anni sei cresciuto e maturato fino a diventare il secondo violino del Threepeat 2000-2002.

“Jack Burton: Sarà necessario un tempismo al decimo di secondo.

Wang Chi: E concentrazione assoluta. Sei pronto?

Jack Burton: Io sono nato pronto.”        Cit. “Grosso guaio a Chinatown”

  • 1998. All Star Game al Madison Square Garden di New York. 50esimo anniversario della fondazione della NBA. Kobe parti in quintetto per l’Ovest in virtù delle votazioni popolari. Tanti sono gli highlights di quella performance tra grandi campioni. Memorabili due one vs one tra te e MJ. Ma la giocata della partita la facesti tu, con quell’autopassaggio dietro la schiena e il gancio in successione a canestro. 2 punti e incredulità generale. Risate sulla panchina. Io in delirio alle 3.40 del mattino.

“Il vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita.”        Cit. “Forrest Gump”

  • 2000, Lakers contro Trailblazers gara 7. Dopo una serie durissima, ricordo quando puntasti Scottie Pippen a 45”. Lo superasti con un cambio di direzione rapido e puntasti in penetrazione verso il canestro. Non appena la difesa collassò su di te, alzasti quell’arcobaleno, alla cui estremità opposta apparve Shaq per la schiacciata a una mano. Tornando indietro verso la panchina vi abbracciaste, ed io finalmente avrei potuto assistere ai miei Lakers in finale. Grazie anche e soprattutto a te Kobe.
  • 2000. Il primo anello. Indimenticabile il primo trionfo. Una squadra capitanata dal grande Phil Jackson, uno Shaq Mvp della stagione e delle finali e tu, alla soglia dei 21 anni, pronto per essere il leader di una squadra campione. Sembrava poteste coesistere, ma le vostre personalità e la diversa attitudine al lavoro hanno creato nel tempo, partita dopo partita, una voragine tra di voi. Colmatasi solamente un paio di anni fa in quel faccia a faccia su TNT. Ma adesso ricordo il tuo afro bagnato di Champagne, e il tuo fresco sorriso accanto al tuo partner in crime, uno con il trofeo di Mvp delle Finals, l’altro col trofeo di campioni NBA.

“Oh, it’s such a perfect day, I’m glad i spent with you. Oh, such a perfect day. You just keep me hanging on, You jusy Keep me hanging on. You’re going to reap just what you sow.”        Cit. Lou Reed “Perfect Day”

  • 2004. La rottura della Dinasty. I ricordi si sa non sono tutti piacevoli, e spesso quelli più dolorosi sono anche i più duraturi nel tempo. La squadra che avrebbe potuto dominare un decennio si è sciolta, e tu sai bene, come lo sappiamo tutti, che in parte la responsabilità è anche tua. Non potevi accettare di essere un secondo violino per troppo tempo, ed è giusto che la pensassi così date le tue capacità. Così, arrivati alle decisioni irrimandabili, Shaq ha preso la via di Miami vincendo il suo quarto anello nel 2006. Tu dovesti aspettare tre anni in più, ma insieme a Pau Gasol riuscisti nel Back to Back, il secondo dei quali contro i rivali di sempre: i Celtics.

“Essere un leader implica solitudine, non è cantare insieme Kumbaya o darsi una pacca sulla spalla.”       

Cit. Kobe Bryant intervistato da Ahamad Rashad durante la trasmissione “One on One”.

  • Black Mamba. Ricordo quando adottasti il soprannome con il quale oggi tutti ti riconoscono. Ti piacque talmente tanto il film di Quentin Tarantino, Kill Bill volume 2, che volesti documentarti su quel serpente letale che in Africa chiamano “Ombra di morte”. Riconoscesti delle similitudini tra il tuo stile di gioco e i comportamenti di quel rettile a sangue freddo così veloce, così aggressivo. Quindi decidesti di assumerlo come tuo simbolo ideologico di pericolosità su parquet. Poco dopo un marchio è nato grazie alla tua intuizione.

“La quantità di veleno che può essere iniettata da un solo morso a volte è gargantuesca. Mi è sempre piaciuto l’aggettivo gargantuesco, succede raramente di poterlo usare in una frase.”                                                   

Cit. Elle Driver, parlando del black mamba nel film Kill Bill Volume 2.

  • 22 gennaio 2006. Seconda migliore prestazione di sempre per punti segnati: 81. Partita casalinga allo Staples Center di Los Angeles, vittime sacrificali i Toronto Raptors. A distanza di anni ancora mi domando cosa ti sia saltato in mente quella sera. Se avevi un conto aperto con qualcuno, se una scommessa era stata lanciata, oppure se semplicemente fossi stato toccato dal divino in quella partita. Detto che i 100 punti di Wilt rimarranno molto probabilmente un limite invalicabile per chiunque, tu ti sei avvicinato come nessun altro. E lo hai fatto in un basket contemporaneo, composto da atleti senza dubbio più preparati rispetto quelli che Chamberlain doveva affrontare a ogni match. Semplicemente impressionante.

“Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannahauser.”                  

Cit. Roy Batty, dal film Balde Runner.

  • Nel mio cuore tu porti e porterai sempre la canotta numero 8. So che la tua attitudine, la tua professionalità e la tua passione per il gioco ti hanno portato a cambiare numero e optare per la 24, indicando la totale dedizione 24 ore su 24, e accetto la scelta. Ma io non riesco a non immaginarti con l’afro e la 8 indosso. Lettori, e tu Kobe, permettetemi questo piccolo vezzo romantico.

“Nella cristianità, il numero otto indicava la rinascita e la rigenerazione.”        Cit. Dan Brown

  • 22 marzo 2007. Ricordo la fame che avevi in quegli anni senza Shaq, in cui dovevi dimostrare al mondo, e soprattutto a te stesso, che quei titoli non li avevi vinti solo per merito del tuo centro. Ogni anno miglior realizzatore della stagione. Fino a toccare un altro traguardo che solo Wilt Chamberlain poteva vantare. In quel marzo del 2007 mettesti a referto 50 o più punti per quattro partite consecutive, e non si giocava certo lo “smallball” di oggi.

“Un guerriero della luce studia con molta attenzione la posizione che intende conquistare. Per quanto il suo obbiettivo sia difficile, esiste sempre una maniera di superare gli ostacoli. … Se rimane ad aspettare il momento ideale, non uscirà mai da quel luogo; è necessario un pizzico di follia per compiere il passo successivo.”        Cit. Paulo Coelho da il libro “Manuale del guerriero della luce”.

  • Olimpiadi 2008 e Mondiali 2010. I due Team USA di cui hai fatto parte e dei quali sei stato capitano. Portavi il numero di maglia 10. Nessuno mi toglierà mai dalla mente il pensiero che tu l’abbia scelto come a voler comunicare di essere l’erede naturale di colui che nel Dream Team originale indossava il 9. E come un vate tra gli altri ti muovevi, consapevole ormai del tuo status. Ovviamente lavaste l’onta delle due ultime edizioni della selezione americana vincendo in entrambe le occasioni l’oro. Nel 2008 iniziò anche la tua relazione di amicizia con Lebron durante l’avventura olimpica. Nonostante si sia sempre discusso chi dei due fosse il reale erede di Jordan, voi avete continuato a rispettarvi e ad affrontarvi sempre al massimo delle vostre possibilità in sincera lealtà. Oggi siete amici. Ha promesso porterà avanti la tua Legacy. E fidati che lo farà.

“Caro Nessuno, morire non è poi la cosa peggiore che possa capitare a un uomo. Guarda me, sono morto da tre giorni e finalmente ho trovato la pace. […] Beh d’ora in poi dovrai camminare nelle mie scarpe e forse ti passerà un po’ di tutta quella voglia di ridere che hai. Ma una cosa la puoi ancora fare: conservare un po’ di quell’illusione che faceva muovere noi altri, quelli della vecchia generazione.”                                           

Cit. Jack Beauregard, lettera di addio a Nessuno dal film “Il mio nome è Nessuno”

  • Stagione 2007-2008 MVP. Incredibile che solo dopo 12 anni di carriera ti abbiano conferito questo riconoscimento personale. E qui ci si domanda quanto valore possano davvero avere certi premi. L’unica cosa che conta sono gli anelli. Questo è il mantra di Mike prima e Kobe poi. Purtroppo la stagione terminò infatti con la sconfitta più amara della tua carriera. Tornare alle Finals, e proprio contro i rivali di sempre dei Celtics per poi doversi arrendere 4-2, è stato senza dubbio la batosta sportiva più dura da digerire. Ma il tempo è galantuomo e presto ti avrebbe restituito la chance di vendicare quella sconfitta.

“I close my eyes, only for a moment and the moment’s gone. All my dreams pass before my eyes a curiosity, dust in the wind, all they are is dust in the wind.”        Cit. “Dust in the wind” brano degli Scorpions

  • Stagione 2009. Ritorno sulla vetta del mondo. Con il buon catalano dalla stagione precedente avete subito trovato intesa, tanto da confermarvi come una delle migliori squadre dell’intera lega. Una stagione ricca di soddisfazioni per te, prima del colpo grosso finale. Era proprio il 2 febbraio di quell’anno quando al Madison sfoderasti la tua miglior prestazione di sempre nell’arena più famosa del mondo. Broadway era tua quella sera, e tu incantasti il Garden con 61 punti. Pochi giorni più tardi all’All Star Game di Phoenix venisti nominato co-Mvp insieme al tuo “amico-nemico” Shaq. Io immaginavo imbarazzo tra voi due ragazzi, invece fu come se per un istante, aveste sepolto l’ascia di guerra e tutto fosse tornato al 2000. Ultimo, ma non ultimo, con i tuoi Lakers sei riuscito a ripresentarti alle Finals contro un avversario inaspettato: gli Orlando Magic. Ma questa volta non ci fu storia. Ti prendesti quella serie 4-1, venisti riconosciuto come Mvp delle finali e finalmente potesti risollevare quel benedetto trofeo.

“Devi sapere che puoi vincere. Devi pensare che puoi vincere. Devi sentire che puoi vincere.”

Cit. Sugar Ray Leonard

  • Back to Back 2010. Vendetta sui Celtics in gara 7. Voglio solamente ricordare la sensazione paradisiaca che provai in quella notte di giugno nel momento in cui terminò quella partita. È vero che la tua non fu una prestazione memorabile con 23 punti con un 6 su 24 al tiro, ma quell’ultima palla per Pau vale tutto. Perché hai scelto di fidarti. Perché da solo non avresti potuto prendere quello scalpo, ma insieme sì. E lo avete fatto. Per questo avrete sempre un posto speciale nel mio cuore. Una vittoria sui Celtics non accade sempre. Ovviamente ricevesti il premio di Mvp delle Finals. Così adesso hai un anello per dito su una mano e due trofei di miglior giocatore delle finali. Quanto devi aver goduto sapendo che staccavi il tuo “amico-nemico” Shaq e ti avvicinavi a meno uno dal tuo modello.

“Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l’intelligenza che si vincono i campionati.”       Cit. Michael Jordan

  • Stagione 2011. Top Ten realizzatori ogni epoca. Entrasti in modo quasi scontato in questo particolare club. Nessuno avrebbe mai potuto avere dubbi in proposito. E da campioni uscenti, io, come tutta la NBA si aspettava che avresti riportato i Lakers in finale, magari contro gli Heat di Lebron e Wade. Tuttavia un tornado proveniente da Wurzburg di nome Nowitzki, alimentato da uno straordinario Jason Kidd, vi spazzarono via 4-0. Tra lo stupore generale e la sensazione che qualcosa fosse esploso nella macchina gialloviola pilotata da Phil Jackson. Infatti al termine della stagione, il grande guru della panchina abbandonò la nave, essendosi reso conto che la sua avventura era ormai esaurita. Non fu facile per te dover accettare questo ridimensionamento mentre l’astro di Lebron avrebbe presto ottenuto la definitiva consacrazione. Non avervi potuto veder duellare nelle Finals rimarrà uno dei nostri più grandi rimpianti.

“This is the end, beautiful friend. This is the end, my only friend the end of our elaborate plans, the end of everything that stands, the end […].”        Cit. Jim Morrison dal brano “The End”

  • Stagione 2012. Solo traguardi personali. Ricordo la tua frustrazione in quegli anni di rivoluzione del roster gialloviola, le tirate d’orecchie ai compagni, la ferrea disciplina che pretendevi da giovani di un’altra generazione. Le sfuriate a Vujacic in italiano durante gli allenamenti e poi ripetersi in partita. Però in quell’anno ti sei tolto la soddisfazione di diventare il quinto miglior marcatore della storia passando proprio Shaq. Nonché superare Michael Jordan come miglior realizzatore di sempre all’All Star Game. E voglio scommettere che questo traguardo ha significato molto per te.

“La vita non è trovare sé stessi. La vita è creare sé stessi”.        Cit. George Bernard Shaw

  • Stagione 2013. Aspettative alte tradite da ingranaggi sottili. Quando quell’anno arrivarono Nash e Howard pensai che finalmente avresti potuto coronare il tuo sogno mai dichiarato, ma chiaro come la luna d’estate, e vincere il tuo sesto anello. Il rapporto non felice con D’Antoni chiamato a sostituire Mike Brown, e le personalità un po’ troppo superficiali di alcuni giocatori, tra cui Howard, ti hanno portato a usare le maniere forti. Non ottenendo alcun feedback positivo, decidesti di tornare ai vecchi metodi: faccio da solo. Hai tentato di portarci tutti ai Playoff, giocando oltre i tuoi limiti fisici, ma lo hai fatto con tutto te stesso. Con quella rabbia e dedizione al lavoro che tutto il mondo ti riconosce. Fino alla rottura del tendine d’Achille, che ti costrinse lontano dal campo ad osservare sofferente la nave affondare al primo turno dei Playoff.

“La felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo qualcuno si ricorda di accendere la luce.”

Cit. J.K. Rowling

  • Stagione 2014. Solamente 6 partite. Vedere da bordo campo per tutta la stagione i Lakers offrire quello spettacolo indecoroso deve averti fatto davvero male. Senza timore di venir smentito da alcuno dico che vorremmo poter avere più ricordi di te in quegli anni, ma la sfortuna ce lo ha impedito. Lentamente sembrava ti stessi avviando verso il viale del tramonto, come un vecchio leone che sta facendo posto al nuovo re.

“Il tempo è un’illusione.”        Cit. Albert Einstein

  • Stagione 2015. Sorpasso su Michael Jordan, diventi il terzo (oggi quarto dietro a Lebron) realizzatore ogni epoca. Colpo su colpo su colpo, pian piano ci sei arrivato caro Kobe. Pur giocando solamente 31 partite hai superato il tuo modello per punti realizzati in carriera, piazzandoti sul podio dietro a Kareem Abdul-Jabbar e Karl Malone. Sappiamo entrambi che non è il sesto anello, e che daresti tutti i tuoi premi individuali per un’ultima possibilità in finale. Ma il tempo è tiranno e la squadra non sarebbe stata pronta. Una piccola soddisfazione che ha comunque un gusto particolarmente dolce.

“Fai attenzione alle piccole cose, perché un giorno ti volterai e capirai che erano grandi”                           

Cit. Jim Morrison

  • Stagione 2016. Giocare 66 partite da infortunato e lasciare come solo lui ha saputo fare. Quello fu il tuo canto del cigno. Da quando comunicasti il 29 novembre al mondo intero, tramite una lettera che indirizzasti direttamente alla pallacanestro e rilasciata a The Player’s Tribune, che a fine stagione avresti appeso le scarpe al chiodo, ogni arena in cui sei andato a giocare ti ha tributato il giusto onore che meritavi. Persino il famigerato Boston Pride non ha potuto esimersi da un ultimo abbraccio. Per concludere una stagione senza aspettative di Playoff, divenuta una specie di Kobe farewell tour per i Lakers, e il ritrovato feeling tra te e il tuo vecchio “amico-nemico” Shaq, adesso commentatore per la TNT, hai voluto sfoderare un’ultima performance delle tue. Scherzando O’Neal ti aveva sfidato a fare 50 punti nella tua ultima partita. E tu cosa fai?! Ne metti 60 con il 44% dal campo e stabilendo un nuovo record per punti realizzati in un’ultima partita in carriera. Risate generali e armonia. Una vera festa di addio. Anche tu ti sei lasciato andare per una volta e hai parlato con il cuore a tutti noi della LakersNation. Ci siamo guardati negli occhi e ci siamo capiti. Avresti potuto anche non dire una parola e sarebbe stato tutto comunque chiaro per noi gialloviola, e probabilmente anche per tutti gli altri che ti hanno amato e, per così dire, “odiato”. Mamba Out. Le ultime parole rapide e dirette, come il tuo morso.

“And now the end is near and so i face the final curtain. My friend, i’ll say it clear i’ll state my case of wich i’m certain. I’ve lived a life that’s full, i traveled each and every highway. And more, much more than this i did it my way.”        Cit. Frank Sinatra dal brano “My Way”

  • Ed eccoci qui con il nostro ultimo ricordo. Un ricordo di cui avremmo voluto fare a meno molto volentieri, ma che l’imprevedibilità della vita ci ha imposto. Sono passati due anni ormai da quando ci hai lasciati insieme alla tua splendida Gianna Maria e quelle altre sette povere anime. Da nord a sud, da est a ovest, in ogni angolo del globo c’è qualcuno che ricorda la vostra scomparsa oggi. Kobe Bean Bryant, ti ho amato, ti ho “odiato”, ti ho sempre rispettato come professionista e come Lakers. Mi hai lasciato tanto dentro. Un oceano di ricordi tra i quali sono stato costretto a pescarne solamente venti. Non potrò mai ringraziarti abbastanza. Il resto del mondo spenderà ancora una lacrima per te oggi, e così il prossimo anno, e quello dopo ancora. Il nostro coro non smetterà mai di dire: grazie Kobe.

“My famous last words could never tell the story. Spinning unheard in the dark of the sky. But i love you and this is our glory. If this is goodbye, if this is goodbye, if this is goodbye…”        Cit. Mark Knopfler dal brano “If this is goodbye.”