Il caso di Firenze: il fantasma del «ritorno» ai gol fantasma
Di Fiorentina-Sporting Braga resta il ritorno - improvviso, pericoloso, ambiguo - del fantasma dei gol fantasma.

C’è un piccolo caso che non è diventato un bel casino solo ed esclusivamente perché non ha condizionato né il risultato né la qualificazione. Alludo a Fiorentina-Sporting Braga, partita di ritorno degli spareggi di Conference League, disputata giovedì 23 febbraio al Franchi. Il 4-0 dell’andata l’aveva resa – per fortuna, con il senno e il polverone di poi – una sorta di amichevole. E così è stata: da 0-2 a 3-2.
A noi, dunque. Quando ancora i portoghesi conducevano per 2-1, ad Arthur Cabral è stato annullato un gol. Fin qui, nulla di clamoroso o indicente: anche perché l’avversario non era la Juventus. Il clamoroso (o indecente) riguarda la procedura. «Caduto alla difesa ultima vana», il portiere aveva smanacciato la palla contro il palo, quasi nascondendola dietro a esso. Dentro o fuori? Il chip della Goal line technology faceva vibrare l’orologio dell’arbitro, il francese Benoit Bastien: rete. Palla al centro.
Ma ecco il colpo di scena o, meglio, la scena del «colpo». Bastien gironzola su sé stesso, l’auricolare sotto pressione. Indeciso, non fischia la ripresa del gioco. Mentre passano i minuti, sul video scorrono immagini che proprio chiare non sono e, per questo, confondono le pance del tifo nella scelta di «come» votare i millimetri.
Cinque, sei minuti. Finché l’altro francese addetto al Var, Benot Millot, non richiama il Bastien (contrario), cui spetterà il verdetto estremo. Perché sì, di fronte a episodi così scabrosi e morbosi che inducono in tentazione persino la Goal line, ci si confessa alla «moviola». Bastien va, sbircia, soppesa, si consulta con il collega, traccia ideali bisettrici e diagonali, medita sul gesso della riga e su eventuali nuvolette in transito. Dopodiché chiude l’assemblea di condominio ed emana l’ordinanza che, tra i muri sbrecciati e le caldaie singhiozzanti dell’improbabile metafora, timbrerà comizi e armistizi: non è gol.
Questione di sfumature, come affiora da un «frame» notturno, con la palla su filo del filo della linea. Nel tennis, l’avrebbero data «tutta dentro», probabilmente, ma il calcio, dicono, si ciba di altre tematiche, di altre dinamiche. La Viola pareggerà comunque, e proprio Cabral siglerà, in mezza acrobazia, il punto del sorpasso. Resta il ritorno – improvviso, pericoloso, ambiguo – del fantasma dei gol fantasma. Un problema che pensavamo di aver risolto, felici del cambio di marcia impresso dal tribunale televisivo per una giustizia – geografica, almeno – più sicura. Per la cronaca, e per la storia, il dietro-front di Firenze non è il primo in assoluto. Tra Ligue 1, Premier e Serie A qualcosa era già successo, fra lancette che non urlano o protocolli evasivi. «Oportet ut scandala eveniant», tanto per riallacciarci al vangelo di Matteo: a patto che, nel dubbio del dubbio, si accetti di «arrendersi» alle manette più logiche, quelle della Goal line.
Né va dimenticato che, sin dall’epifania della rivoluzione scientifica, ci fu detto che una discrepanza di «zero virgola», in materia di centimetri, sarebbe sopravvissuta «comunque». Da Fifa e Uefa attendiamo un netto pronunciamento sul pasticcio fiorentino: chi avrà diritto all’ultima parola qualora il fermo-immagine scalfisse le granitiche certezze di chi lavora al Var di un incontro a ore e porta su il replay a chi fa l’errore? A naso, dovrebbero fare testo le «Good vibrations» [della «cipolla» al polso], care al pop psichedelico dei Beach Boys (1966).
Non si finisce mai di imparare, come il romanziere statunitense di sangue pellerossa, William Least Heat-Moon, scrisse in «Strade blu», libro del 1988: «Il futuro non è un posto migliore, ma solo un posto diverso». Sono trascorsi trentacinque anni, non sei minuti.